mercoledì 6 novembre 2019

pc 6 novembre - Torniamo a parlare, dopo lo sciopero del 25 ottobre e la manifestazione del 26 ottobre

Lo sciopero del 25 ottobre è stato il primo sciopero contro il nuovo governo M5S/PD. Questo già ha dato il segno dell'importanza di questa mobilitazione dei lavoratori, in una situazione in cui nessuno portava e porta la denuncia complessiva di questo governo, ancora e sempre governo dei padroni – e i provvedimenti recenti del governo confermano che nulla viene fatto per difendere, migliorare la condizione salariale, normativa, dei diritti dei lavoratori.
Lo sciopero ha avuto contenuti e obiettivi sindacali che esprimono gli interessi attuali dei lavoratori, ma con un segno politico contro l'insieme della politica antioperaia e antipopolare del governo, in particolare contro i decreti sicurezza, contro la repressione delle lotte proletarie e sociali, contro ogni fascismo e razzismo, contro la cancellazione della democrazia e diritti sindacali dei lavoratori, contro la politica imperialista dell'Italia di attacco ai popoli: Libia, curdi, ecc. Nello stesso tempo è stata altrettanto chiara la denuncia e lo scontro verso l'opposizione reazionaria e fascio-razzista di Salvini.

Lo sciopero ha visto una buona partecipazione, in alcune realtà anche più vasta delle aspettative, soprattutto nei settori precari, più sfruttati e sottopagati.
Ma soprattutto lo sciopero ha contribuito a un avanzamento  dell'unità dei lavoratori. Settori diversi di lavoratori, lavoratori italiani e immigrati hanno rafforzato la loro unità di classe. Questa volta è stata ancor più evidente la volontà di lottare insieme, e, lì dove lo sciopero e le iniziative erano costruite da due sindacati di base, vedi Bergamo, i lavoratori hanno lottato insieme senza differenziarsi per appartenenze sindacali.
Per i proletari, come dice Marx, il risultato più prezioso della lotta è l'unità di classe.

Questo pone la questione dell'unità in un unico sindacato di classe del sindacalismo di base, di classe e combattivo, per avanzare nella battaglia necessaria di unità di tutti i lavoratori.

Ma su questo occorre essere chiari. Il 25 ottobre, nell'evidenziare gli aspetti positivi e avanzati, ha messo in luce anche dei limiti e problemi che permangono e fanno da ostacolo ad una giusta linea, pratica e unità di classe, all'obiettivo che deve essere comune di intensificare la guerra di classe.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe ha lavorato sia a livello nazionale sia in alcune realtà dove era
possibile ad un fronte unico del sindacalismo di base, col Si.Cobas, con chiarezza e anche dove era necessario non nascondendo problemi e differenze per lavorare per superarle. Non altrettanto, è stato fatto da altri sindacati firmatari della convocazione dello sciopero del 25. Un esempio sono stati la Cub, Sgb, che pur promotori dello sciopero del 25 o hanno fatto iniziative in proprio, o, come a Taranto, la Cub non ha speso neanche mezza parola, neanche a livello di informazione ai lavoratori, per lo sciopero, di fatto sabotandolo.
Chiaramente il 25 è stato un primo passo, per allargare l'area dello sciopero bisogna sviluppare di più e meglio un lavoro per unire le realtà di classe combattive presenti nel sindacalismo di base indipendentemente dalla posizione dei loro vertici, verso cui invece bisogna intensificare la critica e la lotta costruttiva;  così come occorre guardare e collegarsi alle realtà operaie al centro dello scontro con padroni, anche quando esse sono ancora nelle mani dei sindacati confederali, vedi Whirlpool, ArcelorMittal e altre realtà di operai già in lotta contro licenziamenti, chiusura di fabbriche, ecc - vedi la lotta per il contratto dei metalmeccanici. Questo lo Slai cobas per il sindacato di classe lo aveva già detto nell'assemblea di Napoli del 29 settembre.

L'unità sindacale di classe è base e realtà necessaria della proposta di fronte anticapitalista 
Noi siamo per il fronte unito dei proletari e masse popolari, che raccolga organizzazioni politiche e sociali impegnate nelle lotte dei lavoratori e sociali.e contro l'intera politica dei governi dei padroni, l'intera azione dello Stato borghese, con la necessaria contrapposizione oggi al fascismo e al razzismo e alle loro forze organizzate. Il problema è chi dirige questo fronte, quale classe. Il fronte o lo dirige il proletariato o lo dirige la piccola borghesia con i suoi movimenti. Perchè lo diriga il proletariato, esso si deve organizzare politicamente, essere autonomo dai movimenti della piccola borghesia, E il proletariato è autonomo se si organizza nel suo Partito. Senza partito della classe gli operai non possono avere egemonia e dirigere il fronte. E quando non c'è l'egemonia della classe operaia, c'è l'egemonia della piccola borghesia. 
Quindi il Si.cobas non può parlare di Fronte anticapitalista svicolando da questo problema. Altrimenti si parla di Fronte ma si pratica al massimo un coordinamento di realtà varie, in cui l'egemonia politica e di prospettiva ce l'ha il movimento che porta in piazza più numeri, indipendentemente dai contenuti e obiettivi di classe.

Quale quindi in sintesi la nostra posizione.

1 - Sì all'unità del sindacalismo di classe. In questo senso e per questo obiettivo noi pensiamo che lo Slai cobas per il sindacato di classe nel suo prossimo coordinamento nazionale aderirà al fronte anticapitalista e porterà nel suo seno le ulteriori proposte in merito

2 - proletari comunisti lavora per la costruzione innanzitutto del Partito e su questo occorre approfondire il lavoro, l'analisi, la critica con tutta l'area che si ritrova nel fronte anticapitalista ora, sviluppando l'unità d'azione su campagne, scadenze, iniziative.

proletari comunisti/PCmItalia
6 novembre 2019

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