Nelle motivazioni la Corte
suprema difende l'operato dei giudici d'appello che hanno prosciolto
Carlo De Benedetti, il fratello Franco e Corrado Passera
di
OTTAVIA GIUSTETTI
Non
si lega a una teoria scientifica sulle morti provocate
dall'esposizione all'amianto la Cassazione, nelle motivazioni della
sentenza
con cui ha assolto tutti gli imputati del processo Olivetti di
Ivrea l'8 ottobre scorso. Non è compito della Corte stabilire la
maggiore o minore attendibilità scientifica a supporto della
decisione dei giudici di merito, essa deve soltanto valutare che quei
giudici abbiano motivato correttamente. "Non deve stabilire se
la tesi accolta sia esatta ma solo se la spiegazione fornita sia
razionale e logica; essa (la Corte), infatti, non è giudice delle
acquisizioni tecnico-scientifiche, essendo solo chiamata a valutare
la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al
relativo sapere". I giudici della Quarta sezione hanno dunque
condiviso le motivazioni con cui la Corte d'Appello di Torino aveva
già motivato l'assoluzione dall'accusa di omicidio colposo
per gli undici imputati tra cui gli ex manager dell'Olivetti Carlo De Benedetti e il fratello Franco, e Corrado Passera. E non si sono fatti tirare nella disputa, che vorrebbe accreditata da giurisprudenza univoca, l'una o l'altra tesi scientifica sul punto. Non hanno neppure trasmesso il fascicolo alle Sezioni unite come aveva chiesto il pg, Ciro Angelillis.
Da anni, in Italia, nei
processi di amianto il braccio di ferro tra accusa e difese è sul
valore scientifico della teoria del cosiddetto "effetto
acceleratore" della malattia: secondo le procure, infatti, non è
solo importante la prima esposizione alla fibra killer, quella che è
causa dell'innesco della malattia, e che però non è individuabile;
ma tutte le successive esposizioni, avendo queste, appunto, un
effetto acceleratore e mettendo in relazione le morti con tutti i
datori di lavoro in carica nel corso dell'intera carriera di chi è
stato esposto alle fibre mortali. "Nell'indagine delle singole
responsabilità risulta insufficiente il dato, pur largamente
condiviso, della correlazione tra l'aumento dell'esposizione a dosi
di amianto (e l'intensità dell'esposizione) e l'incidenza delle
patologie asbesto-correlate", scrivono i giudici. E per le
singole morti "le incertezze che si registrano in ordine alla
durata delle diverse fasi" della malattia "postulerebbero,
invero, l'individuazione quanto più possibile precisa del momento
dell'iniziazione e soprattutto di quello in cui si completa la fase
dell'induzione". Per iniziazione si intende la fase che coincide
con il compimento della modifica cellulare suscettibile di
trasmettersi ad altre cellule, quella idonea a mettere le basi per
una potenziale patologia neoplastica. Per induzione si intende invece
il momento in cui avviene il completamento vero e proprio della
patologia tumorale, che nella fase dell'iniziazione era solo in
nuce. In tutti i
casi, secondo i giudici, è impossibile ricavare elementi che
consentano "di correlare, al di là di ogni ragionevole dubbio,
l'efficacia causale delle condotte di ciascuno dei garanti chiamati a
rispondere dei diversi eventi lesivi/letali ai fini dell'insorgenza
delle patologie nei singoli casi".per gli undici imputati tra cui gli ex manager dell'Olivetti Carlo De Benedetti e il fratello Franco, e Corrado Passera. E non si sono fatti tirare nella disputa, che vorrebbe accreditata da giurisprudenza univoca, l'una o l'altra tesi scientifica sul punto. Non hanno neppure trasmesso il fascicolo alle Sezioni unite come aveva chiesto il pg, Ciro Angelillis.
Su
questo punto la Corte constata "la sostanziale carenza di
argomenti nel testo del ricorso, che non si confronta con il pur
essenziale profilo della riconducibilità dei singoli reati
contestati alle posizioni di ciascuno degli indagati e alla
correlazione ai rispettivi periodi di assunzione della posizione di
garanzia delle imputazioni formulate a loro carico". Più
semplicemente: il ricorso della procura generale di Torino contro la
sentenza di assoluzione in appello, non entra neppure nell'esame
della relazione tra periodo di esposizione dei malati (poi deceduti)
e periodo di posizione di garante della sicurezza dei singoli
imputati. Al contrario: "La Corte d'Appello ha proceduto, anche
a tali fini, a una puntuale disamina dei casi di esposizione oggetto
dei singoli capi d'imputazione". Lapidaria la conclusione:
"Emerge in tutti i casi l'impossibilità di ricavare elementi
indicativi dello sviluppo e del termine della fase dell'induzione
(della malattia, ndr); di stabilire, quindi, fino a quale momento le
esposizioni dei lavoratori all'amianto abbiano avuto efficacia
causale sullo sviluppo della malattia; e, conseguentemente, di
correlare, al di là di ogn ragionevole dubbio, l'efficacia causale
delle condotte di ciascuno dei garanti chiamati a rispondere dei
diversi eventi lesivi/letali ai fini dell'insorgenza delle patologie
nei singoli casi".
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