giovedì 7 novembre 2019

pc 7 novembre - Amianto Olivetti - la Cassazione riconosce solo la scienza del padrone

 La Cassazione: "Giusto assolvere i vertici, non sta a noi confutare tesi scientifiche"

Nelle motivazioni la Corte suprema difende l'operato dei giudici d'appello che hanno prosciolto Carlo De Benedetti, il fratello Franco e Corrado Passera
di OTTAVIA GIUSTETTI


Non si lega a una teoria scientifica sulle morti provocate dall'esposizione all'amianto la Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui ha assolto tutti gli imputati del processo Olivetti di Ivrea l'8 ottobre scorso. Non è compito della Corte stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica a supporto della decisione dei giudici di merito, essa deve soltanto valutare che quei giudici abbiano motivato correttamente. "Non deve stabilire se la tesi accolta sia esatta ma solo se la spiegazione fornita sia razionale e logica; essa (la Corte), infatti, non è giudice delle acquisizioni tecnico-scientifiche, essendo solo chiamata a valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al relativo sapere". I giudici della Quarta sezione hanno dunque condiviso le motivazioni con cui la Corte d'Appello di Torino aveva già motivato l'assoluzione dall'accusa di omicidio colposo
per gli undici imputati tra cui gli ex manager dell'Olivetti Carlo De Benedetti e il fratello Franco, e Corrado Passera. E non si sono fatti tirare nella disputa, che vorrebbe accreditata da giurisprudenza univoca, l'una o l'altra tesi scientifica sul punto. Non hanno neppure trasmesso il fascicolo alle Sezioni unite come aveva chiesto il pg, Ciro Angelillis. 
Da anni, in Italia, nei processi di amianto il braccio di ferro tra accusa e difese è sul valore scientifico della teoria del cosiddetto "effetto acceleratore" della malattia: secondo le procure, infatti, non è solo importante la prima esposizione alla fibra killer, quella che è causa dell'innesco della malattia, e che però non è individuabile; ma tutte le successive esposizioni, avendo queste, appunto, un effetto acceleratore e mettendo in relazione le morti con tutti i datori di lavoro in carica nel corso dell'intera carriera di chi è stato esposto alle fibre mortali. "Nell'indagine delle singole responsabilità risulta insufficiente il dato, pur largamente condiviso, della correlazione tra l'aumento dell'esposizione a dosi di amianto (e l'intensità dell'esposizione) e l'incidenza delle patologie asbesto-correlate", scrivono i giudici. E per le singole morti "le incertezze che si registrano in ordine alla durata delle diverse fasi" della malattia "postulerebbero, invero, l'individuazione quanto più possibile precisa del momento dell'iniziazione e soprattutto di quello in cui si completa la fase dell'induzione". Per iniziazione si intende la fase che coincide con il compimento della modifica cellulare suscettibile di trasmettersi ad altre cellule, quella idonea a mettere le basi per una potenziale patologia neoplastica. Per induzione si intende invece il momento in cui avviene il completamento vero e proprio della patologia tumorale, che nella fase dell'iniziazione era solo in nuce. In tutti i casi, secondo i giudici, è impossibile ricavare elementi che consentano "di correlare, al di là di ogni ragionevole dubbio, l'efficacia causale delle condotte di ciascuno dei garanti chiamati a rispondere dei diversi eventi lesivi/letali ai fini dell'insorgenza delle patologie nei singoli casi".
Su questo punto la Corte constata "la sostanziale carenza di argomenti nel testo del ricorso, che non si confronta con il pur essenziale profilo della riconducibilità dei singoli reati contestati alle posizioni di ciascuno degli indagati e alla correlazione ai rispettivi periodi di assunzione della posizione di garanzia delle imputazioni formulate a loro carico". Più semplicemente: il ricorso della procura generale di Torino contro la sentenza di assoluzione in appello, non entra neppure nell'esame della relazione tra periodo di esposizione dei malati (poi deceduti) e periodo di posizione di garante della sicurezza dei singoli imputati. Al contrario: "La Corte d'Appello ha proceduto, anche a tali fini, a una puntuale disamina dei casi di esposizione oggetto dei singoli capi d'imputazione". Lapidaria la conclusione: "Emerge in tutti i casi l'impossibilità di ricavare elementi indicativi dello sviluppo e del termine della fase dell'induzione (della malattia, ndr); di stabilire, quindi, fino a quale momento le esposizioni dei lavoratori all'amianto abbiano avuto efficacia causale sullo sviluppo della malattia; e, conseguentemente, di correlare, al di là di ogn ragionevole dubbio, l'efficacia causale delle condotte di ciascuno dei garanti chiamati a rispondere dei diversi eventi lesivi/letali ai fini dell'insorgenza delle patologie nei singoli casi".

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