Lenin stesso scrive nel Proscritto alla prima edizione:
"Il presente opuscolo fu scritto nell'agosto-settembre 1917. Avevo già preparato il piano di un VII capitolo: "L'esperienza delle rivoluzioni russe del 1905 e del 1917", ma all'infuori del titolo non ho avuto tempo di scriverne una sola riga; ne fui "impedito" dalla crisi politica, vigilia della Rivoluzione d'Ottobre 1917. Non c'è che da rallegrarsi di un tale "impedimento". Ma la seconda parte di questo opuscolo ("L'esperienza delle rivoluzioni russe del 1905 e del 1917") dovrà certamente essere rinviata a molto più tardi; è più piacevole e più utile fare "l'esperienza di una rivoluzione" che non scrivere su di essa.
Pietrogrado, 30 novembre 1917
Dall’analisi dello Stato borghese,
della sua genesi, così come tracciata da Marx, Engels e ripresa da
Lenin, scaturisce l’inevitabilità e indispensabilità della
rivoluzione del proletariato.
Lo Stato nasce dal momento in cui la società è divisa in classi e si
estingue allorchè la società, dopo il socialismo e con il
comunismo, non sarà più divisa in classi antagoniste. Lo Stato - dice Engels - è :
“un prodotto della società giunta a un determinato stadio di sviluppo,è la confessione che questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con sè stessa, che si è scissa in antagonismo inconciliabili che è impotente ad eliminare. Ma perchè questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto, non distruggano sè stesso e la società in una sterile lotta, sorge la necessità di una potenza che sia in apparenza al di sopra della società,
che attenui il conflitto, lo mantenga nei limiti dell’"ordine"; e
questa potenza che emana dalla società, ma che si pone al di sopra di
essa, e che si estrania sempre più da essa, è lo Stato".
Anche Marx dice che lo Stato è l’organo di dominio di classe, un organo di
oppressione di una classe da parte
di un’altra; è la creazione di
un ”ordine” che legalizza e consolida questa oppressione,
moderando il conflitto tra le classi”.Questo Stato borghese ha la sua essenza nell’esercizio della “forza pubblica”. Engels dice: “…in che consiste principalmente questa forza? Essa consiste innanzitutto in distaccamenti speciali di uomini armati che dispongono di prigioni, ecc.…”. Certo, lo Stato non è solo ‘distaccamenti armati’, quindi polizia, eserciti, prigioni, ma questa è la forza principale di uno Stato come strumento di dominio della classe dominante.
Da qui il carattere necessariamente violento della rivoluzione proletaria, che invece i piccolo borghesi, pur denunciando la natura e l'azione dello Stato borghese respingono. Essa scaturisce proprio fatto che la forza dello Stato
consiste principalmente nel suo esercizio della violenza per imporre gli interessi della classe dominante, contro gli interessi della maggioranza della popolazione, dei lavoratori, contro le loro lotte, rivolte, contro le quali lo Stato mostra senza
orpelli la sua natura oppressione/repressiva di fondo.
Questo
elemento dello Stato - scrive Lenin - si rafforza nell’imperialismo così come si
rafforza nella misura in cui si sviluppano gli antagonismi di classe
e i contrasti tra Stati.
Questa funzione c’è sia quando lo Stato è democratico che quando è fascista. La borghesia preferisce il metodo democratico “La repubblica democratica è il miglior involucro politico possibile per l capitalismo”, anche se in determinate fasi è costretta ad assumere la forma della dittatura aperta, ma non per negare i conflitti ma sempre allo scopo di attenuarli. Quando l’attenuazione non riesce, occorre soffocarli, non per negarli ma per ricondurli nell’ambito della funzione dello Stato. Per questo la democrazia e il fascismo non sono due forme opposte ma l’una serve l’altra. Al di là di ciò che può apparire, la borghesia è più forte con lo Stato democratico che con lo Stato fascista dove deve dichiarare in maniera nuda e cruda la sua vera natura di oppressione e repressione. La necessità per il proletariato della rivoluzione non nasce quindi dalla forma fascista dello Stato ma dalla sua permanente natura di classe.
Dall’analisi dello Stato emerge, inoltre, chiara la natura interna, indispensabile del riformismo per la borghesia.
Lo Stato non può fare a meno del riformismo, che, pertanto, non è una realtà “esterna”perchè con la sua azione di conciliazione fa pienamente parte della funzione di dominio dello Stato borghese.
Quindi, come bisogna vedere nella funzione dello Stato il doppio aspetto di repressore e attenuatore dei conflitti, così bisogna vedere nel riformismo e in tutte le forme dell’opportunismo la doppia funzione, quella di mistificare il ruolo dello Stato e quella di contribuire attivamente affinché esso funzioni come la borghesia vuole, secondo il suo interesse generale e la sua funzione generale come classe dominante, non necessariamente secondo l’interesse di una o l’altra delle sue frazioni.
Per questo il riformismo costituisce il principale ostacolo all’abbattimento dello Stato. Scrive Lenin. “per gli uomini politici piccolo borghesi l’ordine è precisamente la conciliazione delle classi e non l’oppressione di una classe da parte di un’altra. Attenuare il conflitto vuol dire per essi conciliare, privare le classi oppresse di strumenti e mezzi di lotta per rovesciare gli oppressori”. Quindi, non è sufficiente che le classi oppresse abbiano determinati strumenti e mezzi di lotta per rovesciare gli oppressori, la sostanza della via della rivoluzione consiste nel rompere la conciliazione sul piano teorico, politico, organizzativo, e quindi utilizzare gli strumenti e i mezzi di lotta per combattere in ogni conflitto la conciliazione.
Stato e riformismo puntano all’attenuazione del conflitto, il comunista punta all’accentuazione del conflitto perchè fuoriesca dai limiti dell’ordine.
(CONTINUA)
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