lunedì 4 novembre 2019

pc 4 novembre - Razzismo nei paesi imperialisti - un contributo

Chi c'è dietro il crescente razzismo contro i migranti africani?


Vijay Prashad * | peoplesdispatch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
24/10/2019

L'avido prestito dell'Europa all'Africa guida l'ondata migratoria che sta alimentando la politica xenofoba dell'Unione Europea
Se chiedi a un immigrato africano in Europa che ha attraversato il Mar Mediterraneo su una barca, se farebbe di nuovo il viaggio, la maggior parte di loro direbbe "sì". In molti hanno attraversato il pericoloso deserto del Sahara su furgoni e camion e in molti hanno attraversato marosi che galleggiavano a stento. Potrebbero aver visto i loro compagni migranti morire di sete o per annegamento, ma nulla di tutto ciò ferma la loro convinzione che ancora attraverserebbero le sabbie e i mari.
Il duro trattamento da parte delle guardie di frontiera europee e l'esperienza opprimente del razzismo all'interno della società europea, non portano rimpianti né suggeriscono la rinuncia a ripetere il gesto all'occorrenza.
"Tutto per guadagnare soldi", dice Drissa dal Mali. "Penso a mia mamma e a mio padre. Alla mia sorella maggiore. A quella più piccola. Per aiutarli. Questa era la mia pressione. Ecco perché l'Europa."

Miti sui migranti africani
Un'inchiesta del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), pubblicato il 17 ottobre, mostra che il 97% dei quasi 2.000 migranti africani intervistati in Europa correrebbe gli stessi rischi per venire di nuovo in Europa conoscendo ora il pericolo del viaggio o sulla vita che li aspetta in

Europa. Ciò che è eclatante in questa inchiesta delle Nazioni Unite è che dissipa i molti miti sulla migrazione africana.
E' diffusa una terribile visione secondo cui gli africani stanno in qualche modo "invadendo" l'Europa, e ancora peggio "sciamano" in Europa. La retorica anti-immigrazione parla di costruire recinti e creare una fortezza in Europa. È come se ci fosse una guerra e gli europei dovessero armarsi contro gli invasori.
Un anno fa, il consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, Adama Dieng, ha avvertito che i politici europei alimentano l'incendio con una odiosa retorica che "legittima l'odio, il razzismo e la violenza. Mentre gli estremisti diffondono un linguaggio infuocato nel discorso politico tradizionale sotto le spoglie del "populismo", i crimini e i discorsi d'odio continuano a crescere. I crimini di odio costituiscono uno dei segnali più specifici di allerta precoce per i crimini di atrocità". Alle Nazioni Unite a Ginevra questo maggio, un avvocato senegalese ha dichiarato: "I grandi massacri iniziano sempre dalle parole e da piccole azioni".
Il rapporto delle Nazioni Unite mostra che l'odio nei confronti del migranti africani è fuori luogo. Le ragioni dei principali flussi migratori verso l'Europa nascono effettivamente nell'Europa stessa. Coloro che escono dalle zone di guerra - Siria e Afghanistan nell'Asia occidentale, ma anche Eritrea e Libia - arrivano in un numero prevedibile per sfuggire alle bombe che sono spesso prodotte all'interno dell'Europa. Questi numeri sono molto più alti rispetto a quelli degli africani che vengono in Europa per lavoro.
In effetti, oltre l'80% dei migranti africani rimane nel proprio continente. La percentuale di emigrazione africana fuori dal continente rispetto alla popolazione africana "è una delle più basse al mondo", affermano le Nazioni Unite.
La maggior parte dei migranti che si recano in Europa, secondo i dati europei, provengono da canali regolari: iniziano con una visita all'ambasciata, una domanda di visto, la concessione del visto e quindi un volo nel paese; gli arrivi irregolari, molti dei quali in barca, sono molto meno numerosi di quelli in possesso di un visto valido. È il razzismo che non riconosce questa realtà.

Le rimesse
Se si analizzano i numeri del rapporto UNDP, si scopre che il 58% dei migranti africani in Europa era impiegato nel suo paese o studiava quando ha deciso di andarsene; la maggior parte dei migranti aveva un lavoro e guadagnava salari competitivi. Ciò che li ha spinti è l'insicurezza nei loro paesi e il fatto che sentivano di poter guadagnare di più altrove. Più della metà dei migranti è sostenuta finanziariamente dalle famiglie di origine per compiere il viaggio e il 78% ha restituito denaro alle proprie famiglie.
Le statistiche della Banca mondiale mostrano che le rimesse verso i paesi africani stanno crescendo. In linea con la tendenza globale, l'Africa sub-sahariana ha ricevuto più valuta estera dalle rimesse che dagli investimenti esteri diretti (IDE).
nel 2018, secondo la Banca mondiale, le rimesse nell'Africa sub-sahariana sono ammontate a $ 46 miliardi, quasi il 10% in più rispetto al 2017. I paesi che hanno ricevuto rimesse elevate sono Comore, Gambia, Lesotho, Cabo Verde, Liberia, Zimbabwe, Senegal, Togo, Ghana e Nigeria.
Il flusso totale di IDE nell'Africa sub-sahariana, secondo la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD), è stato di $ 32 miliardi, in aumento del 13% rispetto al 2017, ma in misura significativamente inferiore rispetto ai flussi di rimesse.
I migranti che inviano denaro a casa sono più importanti delle società e delle banche che portano dollari di investimento in questi paesi. Peccato che i banchieri siano trattati meglio dei migranti.

Crisi del debito africano 2.0
L'Africa è alle soglie di una grave crisi del debito.
L'ultima crisi del debito risale agli anni '80, come parte della più ampia crisi del debito del Terzo mondo. Nel periodo della decolonizzazione, l'Africa, depredata della sua ricchezza dal colonialismo, dovette prendere in prestito denaro per lo sviluppo; questi fondi erano ingenti, ma peggio ancora furono la manipolazione del debito in dollari da parte del London Interbank Borrowing Rate (LIBOR) e i tassi di interesse del Tesoro USA.
Il debito alle stelle negli anni '80 ha prodotto un lungo periodo di austerità e sofferenza. Quel debito semplicemente non poteva essere pagato fintanto che le multinazionali hanno effettivamente rubato le risorse dell'Africa e si sono rifiutate di pagare le tasse su quel flusso di ricchezza. Questo è stato il motivo per cui la Banca mondiale e il FMI rispettivamente nel 1996 e nel 2005 hanno creato iniziative come Heavily Indebted Poor Countries (Paesi poveri fortemente indebitati) e Multilateral Debt Relief Initiative (l'Iniziativa multilaterale di riduzione del debito). Entro il 2017, queste iniziative hanno fornito $ 99 miliardi per ridurre i debiti dell'Africa tagliando il rapporto debito/RNL (reddito nazionale lordo) dal 119% al 45%.
Non è stato apportato alcun cambiamento nella struttura: nessuna aggressione ai prezzi errati di trasferimento e all'erosione della base e allo spostamento degli utili (BEPS), meccanismi utilizzati dalle multinazionali occidentali per continuare il loro saccheggio del continente africano. Quando è arrivato lo shock dei prezzi delle materie prime del 2014, molti paesi africani sono scivolati gradualmente verso una nuova crisi del debito. I nuovi debiti non sono tutti debiti pubblici, ma includono percentuali molto elevate di debito del settore privato, che è triplicato da $ 35 miliardi (2006) a $ 110 miliardi (2017) secondo i dati della Banca mondiale. I rimborsi del debito sono aumentati notevolmente, il che significa che gli investimenti in sanità e istruzione sono diminuiti, così come l'accesso al capitale per le piccole imprese del settore privato.
Attualmente, secondo le cifre della Banca mondiale, la metà dei 54 stati in Africa lotta con il rapporto elevato debito/PIL (prodotto interno lordo), con molti stati oltre la soglia del 60% che segna una crisi. Il tasso di aumento di questo debito ha innescato allarmi in tutto il continente.

Cosa significa questo?
Ciò significa che se c'è una crisi finanziaria in Occidente, verranno ritirati finanziamenti dall'Africa, precipitando la regione in un'altra grave crisi del debito e mettendo milioni di persone in moto alla ricerca di migliori opportunità di guadagno. Le famiglie e i paesi dell'Africa hanno fatto affidamento su queste rimesse. Fanno parte del tessuto strutturale delle finanze.
Il razzismo nei confronti del migrante è un problema enorme e deve essere affrontato in sé.
Ma più profondo di questo è un altro problema che è cresciuto a causa di una inefficace politica post-coloniale: il problema strutturale del furto in corso delle risorse dell'Africa e la mancanza di finanziamenti per il continente per sviluppare il proprio potenziale. Consentire alle imprese multinazionali di rubare risorse africane e consentire alle banche straniere di prestare in Africa a condizioni praticamente di usura, crea semplicemente un ciclo di crisi che si traduce in migrazioni e rimesse come palliativi.
L'Europa non ha rifugiati o crisi migratorie. La vera crisi è in Africa, dove il ladro - spesso un'azienda europea - continua a minare la capacità di respirare del continente.

*) Vijay Prashad è uno storico e giornalista indiano. È corrispondente per Globetrotter, un progetto dell'Independent Media Institute. È caporedattore di LeftWord Books e direttore di Tricontinental: Institute for Social Research.
Questo articolo è stato prodotto da Globetrotter, un progetto dell'Independent Media Institute.

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