GIU’ LE MANI DAI NOSTRI FIGLI
(Solidarieta’ agli antimilitaristi indagati)
Ci
risiamo: era da prevedere che le lotte contro le basi, contro
l’occupazione del suolo a scopi militari, avrebbero dovuto portare a
conseguenze. Era da prevedere che lo stato (ed i suoi organi) non
sarebbero rimasti inerti; le prime avvisaglie della reazione si potevano
evincere da un’intervista dell’allora Prefetta di Cagliari qualche
mese addietro, dove candidamente affermava che i problemi della
Sardegna, per quanto riguardava l’ordine pubblico erano
“l’anarco-insurrezionalismo e le lotte contro la fabbrica di bombe di
Domusnovas”. Queste affermazioni, sembra, abbiano dato la stura per formulare accuse che sembrano essere un accrocchio di presunti fatti e intenzioni volti a togliere qualunque
forma di libero pensiero, di lotta e di protesta, l’intenzione di ridurli e ridurci al silenzio di servi, schiavi e mendicanti. La Sardegna deve essere una terra di disperati mendicanti che si china prona a qualsiasi feroce padrone. Un teorema, insomma che, vorremmo esserne certi, verrà smontato nelle sedi deputate ma che si ripercuote pesantemente sulla pelle dei quarantacinque imputati ed in special modo sui più giovani. Un accrocchio che ha portato al rinvio a giudizio per quarantacinque persone accusate di reati vari e 5 di loro addirittura di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico fino alla resistenza aggravata.
A questo teorema rispondiamo:
Siamo persone, siamo o siamo stati lavoratrici, lavoratori. Siamo madri, siamo padri o tali ci sentiamo.
Siamo antimilitaristi.
Ci unisce il ripudio alla guerra, alle basi militari, alla fabbrica di bombe, alla distruzione dell’ambiente, alle diseguaglianze sociali e allo sfruttamento.
Abbiamo trasmesso questi valori ai nostri figli e alle nuove generazioni. Essi li hanno recepiti e affinati con la loro cultura, intelligenza ed esperienze personali.
Con loro portiamo avanti il nostro impegno politico e sociale utilizzando come strumento di lotta l’esercizio del diritto a manifestare il nostro dissenso.
Questo fondamentale diritto è continuamente eroso dal potere politico-economico che per vanificarlo utilizza tutti gli strumenti; dal divieto a manifestare nei luoghi contestati e comunicati dai dimostranti, alle prescrizioni assurde, sino ALLE DIFFAMAZIONI ed accuse infondate. Ci chiamano facinorosi, delinquenti, persone pericolose per la collettività. Contro di noi vengono emessi o minacciati provvedimenti limitativi della libertà applicando a loro discrezione “pene preventive” basate sui loro assurdi sospetti o piani di repressione. Le nostre manifestazioni contro la guerra, le basi e la fabbrica di bombe sono blindate con polizia schierata in tenuta antisommossa, con fastidiosi elicotteri che ronzano sopra le nostre teste; siamo fastidiosamente fotografati in lungo e largo, siamo provocati e alcune volte manganellati, siamo stati testimoni di tante scene di violenza, ed abbiamo constatato che essa proveniva DALL’ALTRA PARTE.
Negli ultimi anni hanno inasprito il loro operato, I LORO METODI REPRESSIVI, accanendosi in particolare verso le nuove generazioni nel tentativo di eliminare qualsiasi opposizione alle loro scelte scellerate.
In questo contesto si deve inquadrare la così nominata “Operazione Lince”. Quella che ha portato ad indagare 45 persone.
Siamo turbati, indignati e fortemente preoccupati per la pericolosa deriva verso uno stato di polizia.
Ancora una volta esprimiamo solidarietà agli antimilitaristi indagati convinti che colpendo loro si voglia in realtà colpire tutto il movimento antimilitarista. Si è sicuri di essere nel giusto, e, quindi, il nostro impegno continuerà con più vigore.
Per dire che rifiutiamo questo teorema, per dimostrare la nostra solidarietà alle compagne e compagni indagati terremo un presidio di protesta martedì 19 novembre dalle ore 16.00 alle ore 17.30 in piazza M. Serra davanti alla Questura di Cagliari.
Nessun commento:
Posta un commento