Ancora manifestazioni in Iran per il caro-benzina imposto dall'FMI. Le rivolte sono dirette contro il regime e contro l'embargo dell'imperialismo USA. E, come sempre, la repressione genera l'estensione della ribellione.
Non è chiaro il numero dei morti, Amnesty International ha sostenuto che il bilancio delle vittime potrebbe essere tra 100 e 200 morti, denunciando l'uso della "forza letale" contro incontri "in gran parte pacifici" e ci sono molti feriti. Il governo costretto a ordinare il razionamento e l’aumento del prezzo (50%) per far fronte alla stretta economica delle sanzioni Usa. Il presidente Rauani a Trump: ‘giocare con la coda del leone è molto pericoloso’.
da il manifesto: Con l’embargo petrolifero, Washington vuole aizzare gli iraniani contro ayatollah e pasdaran: è vero che i dimostranti urlano slogan contro il presidente moderato Rohani, ma sono anche consapevoli che la crisi è causata dall’uscita degli Stati uniti dall’accordo nucleare.
Dal Sole24ore
L’Iran in recessione scende in piazza contro il regime
Il drastico aumento dei carburanti è stato il motivo che ha scatenato le proteste, ma la popolazione deve anche fare i conti con una difficile crisi economica accompagnata da un’elevata inflazione
di Roberto Bongiorni
La benzina a prezzi bassi, anzi bassissimi? Per gli iraniani è come se si trattasse di un diritto, acquisito dalla nascita. Su cui nessuno, proprio nessuno, è autorizzato a dire una parola di più. D’altronde l’Iran vanta le quarte riserve di greggio al mondo per volume. E con le ultime grandi scoperte, annunciate la scorsa settimana, potrebbe ambire anche a di più.
La benzina più economica del mondo
In un Paese sviluppato ma molto esteso, dove i mezzi pubblici sono insufficienti, e comunque raggiungono poche località, la decisione peggiore che il Governo poteva assumere in questi tempi difficili era deliberare un drastico aumento dei prezzi del carburante. Non solo. Accompagnare i rincari con una razionalizzazione. Quasi una beffa per chi ha sempre vissuto con il carburante che costava molto meno di una bottiglietta d'acqua. La benzina costerà 15mila rials al litro, 11,5 centesimi
di euro. Ma chi vorrà consumarne più di 60 litri al mese, allora dovrà pagare i litri extra ben 23 centesimi al litro.
Il Governo ha dalla sua i numeri: in questo periodo di vacche magre, soffocati dalle sanzioni, con i budget costantemente in deficit, i sussidi all’energia, in particolare al carburante sono una zavorra insostenibile sui conti pubblici. Ecco la decisione dell’aumento. Che ha il sapore di un prova generale per tempi ancora più bui.
Un'economia messa in ginocchio dalle sanzioni
Dopo un anno di difficoltà, gli iraniani hanno dunque perso la pazienza, e sono scesi in strada a protestare. In diverse città sono state dati alle fiamme cassonetti , pneumatici, in alcuni casi circoscritti sono state attaccate dalle banche.
Ma, attenzione. Quella della benzina è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le sanzioni americane, le più severe di sempre, stanno strangolando l’economia. Da quando, lo scorso maggio, Washington ha annullato le moratorie per i Paesi autorizzati a importare greggio dall’Iran, Teheran riesce a malapena ad esportare il 20% dei volumi che vendeva prima. Quando va bene. Il riaal, la valuta locale, è precipitato (solo nel 2018 ha ceduto il 60% sul dollaro) , l’inflazione galoppa (+35%), la disoccupazione sta creando grandi malumori, soprattutto tra i giovani. Quest’anno la recessione rischia di sfiorare il 10 per cento. Mai, neanche durante la lunga e sanguinosa guerra con l’Iraq di Saddam Hussein (1980-1989) l’Iran si era trovato in una situazione economica così grave, ha denunciato il Fondo monetario internazionale. E la sensazione è che il peggio debba ancora venire.
Lunedì 18 il segretario di stato Mike Pompeo ha annunciato che dal 15 dicembre saranno cancellate le esenzioni che finora hanno consentito alle società straniere di lavorare con il sito nucleare iraniano di Fordow senza sanzioni Usa.
Esplode la piazza
Certo, guarda caso, ironizza il regime, le proteste sono scoppiate venerdì proprio a Sirjan, una città già nota per proteste anti-governative. I manifestanti hanno attaccato una pompa di be
nzina, la polizia è intervenuta, un dimostrante ha perso la vita. Le fiamme della protesta non hanno impiegato molto a divampare in molte altre cittàdella Repubblica islamica, dal nord al sud. Sono scoppiate a Doroud, Garmsar, Gorgan, Ilam, Karaj, Khoramabad, Mehdishahr, Qazvin, Qom, Sanandaj, Shahroud fino a Shiraz.
La polizia ha reagito con il pugno di ferro. Internet praticamente bloccata per 24 ore, oltre mille arresti, gas lacrimogeni e cannoni d'acqua. Non si conosce finora l’esatto numero delle vittime (se ve ne sono state altre) e dei feriti.
Il regime risponde con la forza
La massima autorità del Paese, l’Ayatollah Ali Kamenei, ha manifestato il suo appoggio ai rincari decisi dal governo. E paradossalmente, ha sposato la linea della Banca Mondiale, che già nel 2018 aveva caldeggiato il taglio dei sussidi energetici.
In un discorso alla Tv stato, la guida spirituale dell’Iran, succeduta a Khomeini, si è spinta più i là definendo «Hooligans e contro-rivoluzionari» (accusa perfino peggiore) i manifestanti violenti. Che tuttavia sono finora una minoranza. In diversi casi la protesta viene condotta in modo pacifico con atti di ostruzionismo. Come nella capitale Teheran, dove gli automobilisti hanno parcheggiato le loro vetture sulle maggiori arterie stradali di Teheran, paralizzando il traffico. Corre voce che abbiano utilizzato anche Waze, una app di ideazione israeliana che indica dove si trovano gli ingorghi.
Il regime non ha esitato a puntare il dito contro Israele e Stati Uniti. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, d’altronde, ha espresso il sostegno della Casa Bianca: «Non staremo zitti neanche noi. Voglio dire al popolo iraniano che gli Stati Uniti vi ascoltano, vi sostengono, sono con voi».
La lunga frontiera con l’Iraq è stata chiusa. Nell’ex regno di Saddam Hussein è in corso una specie di primavera araba. La dura repressione contro i manifestanti, gli scontri, le 300 vittime civile ora rischiano di far precipitare il Paese verso il caos totale.
L’ex regno di Khomeini non vuole che accada lo stesso in casa sua. La repressione sarà probabilmente molto dura e organizzata.
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