Vincenzo è comparso davanti al giudice, nel capoluogo della Bretagna.
Fuori il concentramento di solidarietà di circa 150 persone. Me Caroline
Glon, avvocata della difesa: «Il dossier giunto dall’Italia è
incompleto. Servono integrazioni perché il caso è delicato»
Vincenzo Vecchi, l’ultimo manifestante in fuga
dalla sentenza per il G8 di Genova arrestato sabato scorso in Francia, è
comparso davanti al giudice che deciderà della sua
estradizione. L’udienza si è tenuta a Rennes, capoluogo della Bretagna,
nella Francia nord-occidentale. Il 46enne italiano è al momento detenuto
nel carcere della città. La corte si è aggiornata al 23 agosto alle ore
10: in
quell’occasione il giudice potrebbe prendere una decisione oppure accogliere l’istanza della difesa di integrare il mandato d’arresto europeo giudicato «incompleto». Il pubblico ministero, pur riconoscendo che su alcuni punti l’Italia non ha inviato tutta la documentazione necessaria, ha chiesto di consegnare l’uomo alle autorità di Roma.
«Crediamo sia necessario un supplemento di informazioni, perché il dossier giunto dall’Italia è pieno di lacune», ha dichiarato davanti ai microfoni della stampa l’avvocata Me Caroline Glon, che difende Vecchi. «La nostra intenzione è far capire alla corte la complessità della situazione – ha continuato la legale – Penso che il numero di persone che si trovano là fuori dimostri come il caso sia delicato».
Davanti alla sede del tribunale si sono concentrati circa 150 manifestanti, rispondendo all’appello del comitato di difesa “Soutien Vincenzo”. Tanti i cartelli e gli striscioni presenti, che si aggiungono a quelli che stanno comparendo a Rochefort en terre, dove viveva l’uomo, e nei comuni limitrofi. I due più grandi recitavano: «Né prigione, né estradizione» e «Liberate Vincenzo». Quest’ultimo è stato trasportato a Rennes direttamente dal Café de la Pente, un “caffè associativo” in cui Vincenzo è stato attivo fino al giorno dell’arresto che è diventato il centro di coordinamento delle attività di solidarietà e sostegno.
«Siamo contenti di questa mobilitazione – ha detto uno dei membri del
comitato dopo la fine dell’udienza – Serve a rompere il silenzio
intorno a quest’arresto. Abbiamo visto Vincenzo: sta bene, resiste.. è
come fosse con noi». Tra le persone intorno, qualcuna è scoppiata a
piangere. Vecchi era un membro attivo e ben inserito nella comunità
locale in cui ha vissuto per otto anni, costretto alla fuga dalla
condanna in terzo grado a 11 anni e 6 mesi emessa nel 2012. A questa si
sommano i quattro anni ricevuti in un altro processo, per una
manifestazione antifascista di marzo 2006 a Milano. In entrambi i casi
Vecchi era accusato di devastazione e saccheggio, residuo
dell’ordinamento giuridico fascista mai espunto dal codice penale.
«Non vogliamo che il nostro amico diventi un nuovo trofeo di caccia
di Salvini», ha detto una signora che partecipa al comitato di
solidarietà. «Quella contro Vincenzo è chiaramente una sentenza
politica. Per questo chiediamo che l’estradizione non venga concessa»,
ha aggiunto un altro.
quell’occasione il giudice potrebbe prendere una decisione oppure accogliere l’istanza della difesa di integrare il mandato d’arresto europeo giudicato «incompleto». Il pubblico ministero, pur riconoscendo che su alcuni punti l’Italia non ha inviato tutta la documentazione necessaria, ha chiesto di consegnare l’uomo alle autorità di Roma.
«Crediamo sia necessario un supplemento di informazioni, perché il dossier giunto dall’Italia è pieno di lacune», ha dichiarato davanti ai microfoni della stampa l’avvocata Me Caroline Glon, che difende Vecchi. «La nostra intenzione è far capire alla corte la complessità della situazione – ha continuato la legale – Penso che il numero di persone che si trovano là fuori dimostri come il caso sia delicato».
Davanti alla sede del tribunale si sono concentrati circa 150 manifestanti, rispondendo all’appello del comitato di difesa “Soutien Vincenzo”. Tanti i cartelli e gli striscioni presenti, che si aggiungono a quelli che stanno comparendo a Rochefort en terre, dove viveva l’uomo, e nei comuni limitrofi. I due più grandi recitavano: «Né prigione, né estradizione» e «Liberate Vincenzo». Quest’ultimo è stato trasportato a Rennes direttamente dal Café de la Pente, un “caffè associativo” in cui Vincenzo è stato attivo fino al giorno dell’arresto che è diventato il centro di coordinamento delle attività di solidarietà e sostegno.
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