di
Bassam
Saleh
Le
autorità di occupazione sionista hanno fatto recapitare, il 30
luglio, un ordine di comparizione, a un bambino palestinese di cinque
anni, Mohamed Aliyan, di Al Isawiya, un sobborgo di Gerusalemme
occupata. Uno Stato potente, che occupa un altro popolo se la prende
con un bambino che ancora non ha compiuto cinque anni, perché ha
lanciato una pietra contro la polizia di occupazione.
Il
mondo ha potuto vedere Mohammed, accerchiato da fotografi,
giornalisti, mentre il padre lo teneva per mano, assicurandogli
quell’amore paterno mentre lo accompagnava alla stazione di polizia
per essere interrogato, da solo e senza garanzie, da soldati o
poliziotti. Ma forse Mohammed non capirà mai il perché di tutto
questo, e forse quando sarà più grande, sarà fiero e orgoglioso
del fatto che è stato lui a portare lo stato più potente nel
ridicolo universale. Si pensava ad un errore, ma era tutto vero. Non
solo, anche mercoledi mattina, un altro bambino di soli sei anni è
stato convocato, dalla polizia israeliana per essere interrogato, si
tratta di Qaies Obiedat. Questi fatti avvengono nella stessa data in
cui quattro anni fa i coloni bruciavano a Duma una intera famiglia
palestinese, compreso un bambino di 18 mesi, e si erano messi a
ballare attorno alla casa festeggiando. Arresti, uccisione e
maltrattamento di minori (in Israele, a 14 anni, i palestinesi
vengono considerati adulti) sono all’ordine del giorno nella
Palestina occupata. Ci sono tuttora più di 250 bambini/ragazzi
palestinesi nelle carceri israeliane, la cosiddetta detenzione
amministrativa meglio definita come detenzione preventiva.
Si
aggiungono ai sette mila prigionieri di cui 14 parlamentari
palestinesi. Non si era mai visto, neanche nei paesi governati da
feroci dittatori, che i bambini vengano interrogati, e portati a
rispondere davanti a tribunale militare. Invece questo avviene in un
paese riconosciuto in occidente come l’unica democrazia in Medio
Oriente. Accade in Israele che, nel mondo occidentale viene
considerato l’erede delle sofferenze e dell’olocausto! Ai
palestinesi, non sorprende più nulla da un governo di estrema destra
colonialista, che insegna tutti i giorni che al peggio non c’è
fine. Ma dopo tante uccisioni di bambini e altri massacri compiuti
contro il popolo palestinese, stiamo assistendo a una guerra
psicologica nei confronti di bambini inermi, con il chiaro intento di
demoralizzare sia i piccoli che i loro famigliari, per spingerli ad
abbandonare la resistenza contro l’occupazione coloniale e il
regime di apartheid israeliano. L’arresto di bambini palestinesi
avviene anche in contemporanea alla distruzione di decina di case
palestinese a Sur Baher, un quartiere palestinese di Gerusalemme,
lasciando centinaia di famiglie senza un tetto, e con il rischio di
espulsione dalla loro città. Anche questo fatto gravissimo viola gli
accordi di Oslo firmati tra l’Olp e lo Stato di Israele, ha messo
l’ultimo chiodo alla bara degli stessi accordi. Cosi che la
leadership palestinese ha deciso di fermare tutti gli accordi con
Israele. La risposta di questa ultima è stata un numero massiccio di
ordini di demolizione di case anche nella zona A, che doveva essere
sotto il totale controllo dell’Autorità nazionale palestinese.
Questo accade nell’assordante silenzio delle organizzazioni
umanitarie, dell’Onu e di tanti democratici.
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