Nel video due uomini, che in un primo momento si qualificano come poliziotti, chiedono al videomaker di spegnere la telecamera. «O l’abbassi o te la leviamo», si sente chiaramente nel video. Le ragioni? Prima la privacy, ma siamo in un luogo pubblico. Poi perché «si tratta di un mezzo della polizia». «Ci mette in difficoltà», continua la discussione. Il “dettaglio” che però i due omettono nelle loro spiegazioni riguarda l’identità del passeggero che si rivelerà essere il figlio del ministro dell’Interno. Alla fine uno dei due nega di essersi qualificato come poliziotto: «Non abbiamo mai detto di essere poliziotti, se vieni con me ti faccio spiegare chi sono».
La questura di Ravenna, sentita dal quotidiano, ha avviato accertamenti su un eventuale uso improprio del mezzo.
E il ministro M5S Bonafede lo copre. Il giornalista Parenzo a In Onda gli ricorda che il MoVimento 5 Stelle era nato per combattere casta e privilegi e chiede un’opinione sui fatti.
“Guardi… sinceramente: so che la questura sta facendo le verifiche che deve fare ehhhhhh… ho sentito la dichiarazione del ministro dell’Interno… Mi dispiace perché secondo me i poliziotti sono stati messi in difficoltà da quella situazione… per quanto riguarda… i giornalisti hanno fatto il lavoro… dopodiché non credo che gli italiani perdano il sonno per sapere se il figlio del ministro Salvini si è fatto un giro sulla moto ad acqua o no. Per me come ministro della Giustizia penso che ci siano italiani che perdano il sonno perché si trovano alla decima udienza di un processo che non finisce mai…”.
Ma se queste cose non sono importanti, perché il M5S ci ha campato per anni?
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