Un articolo giornalistico che spiega ancora in termini decorosi quello che è avvenuto a piazza Corvetto
Lacrimogeni e arresti in piazza non si vedevano dal 2001. La scelta di caricare su via Serra ha creato il caos
di Katia Bonchi
Genova. 26 denunce per i manifestanti antifascisti che si sono resi protagonisti degli scontri con la polizia nel corso della manifestazione indetta da Genova antifascista contro il comizio di Casapound in piazza Marsala. Resistenza e violenza a pubblico ufficiale, lancio di oggetti pericolosi, travisamento e lesioni: questi i probabili reati che in questa prima tranche verranno addebitati a persone appartenenti a diverse aree, perché giovedì in piazza non c’erano solo gli antifascisti dell’ala più radicale (l’antifascismo ‘istituzionale’ della Cgil e dell’Anpi è rimasto in buona parte in largo Eros Lanfranco), ma anche portuali, partiti di sinistra, storici pacifisti e gente comune.Appena dietro a chi ha scelto di fronteggiare la polizia con lanci di oggetti, bastoni, biglie e petardi, tantissimi genovesi hanno tenuto la piazza nonostante il fitto lancio di lacrimogeni che a più riprese impedivano di vedere e respirare. E sono rimasti lì anche quando da via Assarotti, con Corvetto chiusa praticamente su tutti i lati, sono partite le cariche verso via Santi Giacomo e Filippo e poi nella stessa piazza Corvetto dove è stato fra l’altro ferito il giornalista Stefano Origone che stava seguendo da vicino l’arresto di un manifestante.
Ma cosa è successo quel giovedì pomeriggio? Quello che nessuno si aspettava, non almeno in questi termini. Se la Questura era pronta a una dura contestazione a Casapound e il fortino di uomini e alari era stato costruito proprio per proteggere il comizio di 20 neofascisti, l’attacco diretto e compatto delle prime file del corteo contro la polizia non era stato previsto. Per la prima volta a Genova, dopo anni “scaramucce” tra manifestanti e polizia, ha prevalso la linea dura. Per alcuni quello era un comizio del tutto legittimo per molti altri è stato considerato un affronto alla città. Per questo per la prima volta il tentativo di mediazione della Digos, con la frapposizione fisica del dirigente Francesco Borré e dei suoi funzionari tra i manifestanti e il reparto
mobile, non ha funzionato. La Digos dopo aver ricevuto spintoni e schiaffi è dovuta arretrare. A quel punto il comando della piazza è passato agli uomini in divisa con scelte prese dai vertici stessi di via Diaz, vale a dire dal nuovo questore Vincenzo Ciarambino.
Scontro a Corvetto e presidio questura comizio casapount antifascisti
E anche in questo caso la piazza di Genova ha presentato due elementi di novità, che non si vedevano dai tempi del G8: l’utilizzo di lacrimogeni e la scelta degli arresti in piazza. Il primo fitto lancio di lacrimogeni su via Palestro ha costretto i manifestanti che stavano “attaccando” il fortino e lanciando oggetti all’interno ad allontanarsi. Ma i manifestanti sono tornati e hanno scelto di proseguire l’assedio con lo slogan “Genova è solo antifascista” che risuonava nella stretta via. Incomprensibile fra l’altro il fatto che il protocollo del reparto mobile preveda che gli alari non siano mai completamente chiusi, consentendo ai manifestanti di arrivare a contatto diretto con gli scudi degli agenti in tenuta antisommossa.
In molti che avevano cercato riparo dal fumo dei lacrimogeni hanno cominciato a chiedere “Ma li hanno fatti andare via i fascisti vero?” No, non è stato così e per molti questo è stato motivo di ulteriore rabbia: è sufficiente guardare i moltissimi video pubblicati in rete per rendersi conto che a restare in piazza sono tante persone delle età più disparate, ragazzini probabilmente alla loro prima manifestazione, mamme con bambini, anziani pure, donne e uomini che almeno dall’aspetto tutto sembrano meno che facinorosi “casseur” (che poi i termini andrebbero usati in maniera appropriata visto che l’unico danno alla città è stato fatto da un lacrimogeno ce ha colpito un’insegna del bar Mangini) ma semplici genovesi antifascisti.Non se lo aspettava la polizia che la gente restasse in piazza e continuasse a urlare la sua rabbia perché di fatto è la prima volta da anni: una piazza compatta, rafforzata dalla ‘battaglia politica’ di un settimana prima contro la cosiddetta nave delle armi ed anche dallo sciopero del porto della mattina che ha di fatto riversato a Corvetto molti camalli che già avevano manifestato la mattina fino a palazzo San Giorgio.
Il secondo errore della polizia è stato quello di scatenare la confusione da un lato chiudendo la piazza dall’altro caricando un folto gruppo di manifestanti fino in via Serra e scatenando la reazione di questi ultimi. Alcune squadre si sono trovate di fatto in mezzo ai manifestanti divisi in due e in parte saliti sulle scale dell’Acquasola. L’obiettivo della polizia, che aveva “puntato” alcuni manifestanti che in via Palestro si erano resi responsabili di episodi violenti, era arrestarne qualcuno. Anche questo non accadeva dal 2001 visto che in altri cortei passati pur carichi di tensione come l’inaugurazione della sede di Forza Nuova del 2017, il comizio del leader di Casapound in un locale alla Foce lo scorso anno e pure l’inaugurazione della stessa sede del partito di estrema destra in via Montevideo, alle forze dell’ordine non era mai venuto in mente di arrestare la gente in piazza, sapendo che gli stessi sarebbero poi stati identificati e denunciati dopo la visione delle immaginiScontro a Corvetto e presidio questura.Invece la scelta degli arresti ha creato il caos con bottiglie e pietre lanciate dai manifestanti e lacrimogeni lanciati dalla polizia, da quelli sparati in alto con l’apposita arma a quelli a “mano” lanciati ad altezza uomo. Una vera e propria battaglia in piazza che per fortuna, a eccezione del giornalista genovese, ha avuto come conseguenza solo pochi contusi. Per il questore Vincenzo Ciarambino, intervistato a caldo quella sera dopo che il corteo degli antifascisti era arrivato sotto la Questura per chiedere la liberazione dei compagni – che grazie alla faticosa mediazione della Digos sono stati accompagnati quella sera stessa ai domiciliari e scarcerati la mattina dopo, al termine dell’udienza per direttissima – ha detto che non è la gestione dell’ordine pubblico che è cambiata a Genova bensì le piazze antifasciste.
Quello che è certo è che in una città che ha avuto in questi anni un livello di conflittualità in piazza medio bassa, le cose potrebbero essere cambiate e tutti, da una parte e dall’altra, dovranno tenerne conto per il futuro. Intanto gli antifascisti, che hanno preparato una cassa di solidarietà per le spese legali di quanti saranno denunciati, sono pronti a chiamare a raccolta i genovesi per il corteo del 30 giugno, tradizionale e partecipato appuntamento antifascista in ricordo dei fatti del 1960
Genova. 26 denunce per i manifestanti antifascisti che si sono resi protagonisti degli scontri con la polizia nel corso della manifestazione indetta da Genova antifascista contro il comizio di Casapound in piazza Marsala. Resistenza e violenza a pubblico ufficiale, lancio di oggetti pericolosi, travisamento e lesioni: questi i probabili reati che in questa prima tranche verranno addebitati a persone appartenenti a diverse aree, perché giovedì in piazza non c’erano solo gli antifascisti dell’ala più radicale (l’antifascismo ‘istituzionale’ della Cgil e dell’Anpi è rimasto in buona parte in largo Eros Lanfranco), ma anche portuali, partiti di sinistra, storici pacifisti e gente comune.Appena dietro a chi ha scelto di fronteggiare la polizia con lanci di oggetti, bastoni, biglie e petardi, tantissimi genovesi hanno tenuto la piazza nonostante il fitto lancio di lacrimogeni che a più riprese impedivano di vedere e respirare. E sono rimasti lì anche quando da via Assarotti, con Corvetto chiusa praticamente su tutti i lati, sono partite le cariche verso via Santi Giacomo e Filippo e poi nella stessa piazza Corvetto dove è stato fra l’altro ferito il giornalista Stefano Origone che stava seguendo da vicino l’arresto di un manifestante.
Ma cosa è successo quel giovedì pomeriggio? Quello che nessuno si aspettava, non almeno in questi termini. Se la Questura era pronta a una dura contestazione a Casapound e il fortino di uomini e alari era stato costruito proprio per proteggere il comizio di 20 neofascisti, l’attacco diretto e compatto delle prime file del corteo contro la polizia non era stato previsto. Per la prima volta a Genova, dopo anni “scaramucce” tra manifestanti e polizia, ha prevalso la linea dura. Per alcuni quello era un comizio del tutto legittimo per molti altri è stato considerato un affronto alla città. Per questo per la prima volta il tentativo di mediazione della Digos, con la frapposizione fisica del dirigente Francesco Borré e dei suoi funzionari tra i manifestanti e il reparto
mobile, non ha funzionato. La Digos dopo aver ricevuto spintoni e schiaffi è dovuta arretrare. A quel punto il comando della piazza è passato agli uomini in divisa con scelte prese dai vertici stessi di via Diaz, vale a dire dal nuovo questore Vincenzo Ciarambino.
Scontro a Corvetto e presidio questura comizio casapount antifascisti
E anche in questo caso la piazza di Genova ha presentato due elementi di novità, che non si vedevano dai tempi del G8: l’utilizzo di lacrimogeni e la scelta degli arresti in piazza. Il primo fitto lancio di lacrimogeni su via Palestro ha costretto i manifestanti che stavano “attaccando” il fortino e lanciando oggetti all’interno ad allontanarsi. Ma i manifestanti sono tornati e hanno scelto di proseguire l’assedio con lo slogan “Genova è solo antifascista” che risuonava nella stretta via. Incomprensibile fra l’altro il fatto che il protocollo del reparto mobile preveda che gli alari non siano mai completamente chiusi, consentendo ai manifestanti di arrivare a contatto diretto con gli scudi degli agenti in tenuta antisommossa.
In molti che avevano cercato riparo dal fumo dei lacrimogeni hanno cominciato a chiedere “Ma li hanno fatti andare via i fascisti vero?” No, non è stato così e per molti questo è stato motivo di ulteriore rabbia: è sufficiente guardare i moltissimi video pubblicati in rete per rendersi conto che a restare in piazza sono tante persone delle età più disparate, ragazzini probabilmente alla loro prima manifestazione, mamme con bambini, anziani pure, donne e uomini che almeno dall’aspetto tutto sembrano meno che facinorosi “casseur” (che poi i termini andrebbero usati in maniera appropriata visto che l’unico danno alla città è stato fatto da un lacrimogeno ce ha colpito un’insegna del bar Mangini) ma semplici genovesi antifascisti.Non se lo aspettava la polizia che la gente restasse in piazza e continuasse a urlare la sua rabbia perché di fatto è la prima volta da anni: una piazza compatta, rafforzata dalla ‘battaglia politica’ di un settimana prima contro la cosiddetta nave delle armi ed anche dallo sciopero del porto della mattina che ha di fatto riversato a Corvetto molti camalli che già avevano manifestato la mattina fino a palazzo San Giorgio.
Il secondo errore della polizia è stato quello di scatenare la confusione da un lato chiudendo la piazza dall’altro caricando un folto gruppo di manifestanti fino in via Serra e scatenando la reazione di questi ultimi. Alcune squadre si sono trovate di fatto in mezzo ai manifestanti divisi in due e in parte saliti sulle scale dell’Acquasola. L’obiettivo della polizia, che aveva “puntato” alcuni manifestanti che in via Palestro si erano resi responsabili di episodi violenti, era arrestarne qualcuno. Anche questo non accadeva dal 2001 visto che in altri cortei passati pur carichi di tensione come l’inaugurazione della sede di Forza Nuova del 2017, il comizio del leader di Casapound in un locale alla Foce lo scorso anno e pure l’inaugurazione della stessa sede del partito di estrema destra in via Montevideo, alle forze dell’ordine non era mai venuto in mente di arrestare la gente in piazza, sapendo che gli stessi sarebbero poi stati identificati e denunciati dopo la visione delle immaginiScontro a Corvetto e presidio questura.Invece la scelta degli arresti ha creato il caos con bottiglie e pietre lanciate dai manifestanti e lacrimogeni lanciati dalla polizia, da quelli sparati in alto con l’apposita arma a quelli a “mano” lanciati ad altezza uomo. Una vera e propria battaglia in piazza che per fortuna, a eccezione del giornalista genovese, ha avuto come conseguenza solo pochi contusi. Per il questore Vincenzo Ciarambino, intervistato a caldo quella sera dopo che il corteo degli antifascisti era arrivato sotto la Questura per chiedere la liberazione dei compagni – che grazie alla faticosa mediazione della Digos sono stati accompagnati quella sera stessa ai domiciliari e scarcerati la mattina dopo, al termine dell’udienza per direttissima – ha detto che non è la gestione dell’ordine pubblico che è cambiata a Genova bensì le piazze antifasciste.
Quello che è certo è che in una città che ha avuto in questi anni un livello di conflittualità in piazza medio bassa, le cose potrebbero essere cambiate e tutti, da una parte e dall’altra, dovranno tenerne conto per il futuro. Intanto gli antifascisti, che hanno preparato una cassa di solidarietà per le spese legali di quanti saranno denunciati, sono pronti a chiamare a raccolta i genovesi per il corteo del 30 giugno, tradizionale e partecipato appuntamento antifascista in ricordo dei fatti del 1960
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