Renault-Fca, le nozze saltano. La Francia blocca tutto e Torino ritira la proposta
Non si è fatta attendere la risposta di Torino, che ha ritirato l’offerta presentata al gruppo francese. Questo il comunicato diffuso al termine di una riunione dei vertici del sodalizio italo-americano: “Il Consiglio di Amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles riunitosi questa sera sotto la presidenza di John Elkann ha deciso di ritirare con effetto immediato la proposta di fusione avanzata a GroupeRenault. FCA continua ad essere fermamente convinta della stringente logica evolutiva di una proposta che ha ricevuto ampio apprezzamento sin dal momento in cui è stata formulata e la cui struttura e condizioni erano attentamente bilanciati al fine di assicurare sostanziali benefici a tutte le parti. E’ tuttavia divenuto chiaro che non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo. FCA esprime la propria sincera gratitudine a Groupe Renault, in particolare alsuo Presidente, al suo Amministratore Delegato ed agli Alliance Partners, Nissan Motor Company e Mitsubishi Motors Corporation, per il loro costruttivo impegno in merito a tutti gli aspetti della proposta di FCA. FCA continuerà a perseguire i propri obiettivi implementando la propria strategia indipendente”.Il WSJ riporta i retroscena che avrebbero portato al nulla di fatto, ovvero quelle “condizioni politiche” a cui si fa riferimento nella nota: Nissan sarebbe finalmente uscita allo scoperto, intimando ai suoi due rappresentanti nel cda di ritirare l’appoggio alla proposta di fusione. A quel punto sarebbero nate le perplessità del rappresentante dello stato francese, per il quale era imperativo salvaguardare l’alleanza con i giapponesi. Di qui l’impasse che ha fatto saltare il banco, annullando in sostanza l’effetto positivo dell’intesa trovata in precedenza tra Parigi e Torino, a cui doveva far seguito l’opera di persuasione di Renault nei confronti dell’alleato giapponese, che evidentemente non è andata a buon fine.
Del resto l’aria che tirava si era capita dalle dichiarazioni di ieri dello stesso ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, che frenava forse proprio perché conscio delle difficoltà: “Prendiamo il tempo di fare le cose per bene: è un’operazione di grande portata, che punta a creare un campione mondiale dell’auto: nessuna precipitazione”. Anche se era chiaro che la proposta di FCA rappresentasse un crocevia storico per Renault: “Questo progetto di fusione è, l’ho sempre detto, un’opportunità, perché permette di consolidare il paesaggio automobilistico mondiale e creare un campione europeo globale, guadagnando i necessari margini di manovra per finanziare le auto elettriche e i veicoli autonomi”, aveva ribadito Le Maire.Oltre al nodo della sede operativa a Parigi, restava sul tavolo quello occupazionale, come ricordato sempre dal ministro transalpino: “Servono garanzie sui siti industriali. Io mi metto al posto dei dipendenti che ci ascoltano, magari dagli stabilimenti industriali di Renault a Sandouville o dai centri di ricerca a Cléon o altrove, si chiederanno, ‘qual è il nostro avvenire?’. Il mio ruolo, come azionista di riferimento, è garantire a questi dipendenti e ai francesi che i siti industriali verranno tutelati”.
Alla domanda su un ipotetico rischio di tagli ai posti di lavoro in Francia, il ministro aveva assicurato su come l’argomento fosse in discussione: “Se potessi mantenere questo impegno, la fusione sarebbe già stata registrata. Lo stato sta osservando con fermezza gli interessi industriali di Renault e gli interessi industriali della Francia. Vogliamo fare questa fusione, ma non lo faremo a ogni condizione”. Inoltre, tra le (tante) richieste a FCA elencate da Le Maire, c’era pure che la fusione rientrasse nel quadro della storica alleanza Renault-Nissan e che la futura entità industriale partecipasse alla filiera di batterie elettriche promossa di recente dai governi di Parigi e Berlino.Le operazioni erano state seguite anche da Roma che, tuttavia, aveva mantenuto una posizione attendista sulla vicenda: “Il nostro governo è aperto agli investimenti, a patto che portino impatti positivi in termini di crescita economica e dell’occupazione nel nostro paese e per i nostri cittadini”, aveva detto il sottosegretario dello Sviluppo economico, Michele Geraci, spiegando però che l’esecutivo non ha in programma di comprare quote di Fca nel breve periodo.
“L’azienda è naturalmente libera di agire nell’interesse dei suoi azionisti e come governo ci assicuriamo che ci sia un impatto positivo sull’incremento della produzione e sulla creazione di lavoro”, aveva spiegato Geraci, ribadendo che “FCA fa l’interesse degli azionisti e il governo si occupa dell’impatto a livello macro”. Pertanto, in merito al matrimonio con Renault “la decisione spetta agli azionisti dell’azienda”, cioè a FCA. Insomma, non era chiaro se il governo volesse far parte della partita o meno: ma, col passare delle ore, le possibilità di intervento dell’Esecutivo sul tavolo delle trattative fra i due colossi dell’auto si era ridotto esponenzialmente.Problema peraltro evidenziato anche dai sindacati: “Il governo italiano non può non avere una discussione con un altro governo, quello francese: mi sembra che sia in atto un isolamento di questo Paese nel ridisegno dei poteri dell’Europa, e nei poteri economici delle grandi filiere industriali, quindi non ci siamo”, aveva affermato il vicesegretario nazionale della Cgil, Vincenzo Colla, parlando della fusione Fca-Renault. “Quell’operazione modifica l’assetto industriale del nostro Paese in positivo o in negativo, non è che critichiamo ‘a prescindere’: ma il come si uscirà dalla filiera dell’automotive incide sulla storia futura manifatturiera di questo paese, perché lì ci sono le grandi filiere di cambiamento. Renault ha la filiera elettrica, la Fiat è molto in ritardo: capire le economie di scala positive nel nostro Paese vuol dire che lì dietro ci sono migliaia e migliaia di posti di lavoro”.
In serata, però, era arrivata anche la replica d’ufficio del Movimento 5 Stelle alle posizioni francesi: “Grave l’affermazione attribuita al ministero francese che pretenderebbe la sede a Parigi e dividendi straordinari. Questi toni non sono adeguati”, avevano detto Jessica Costanzo, deputata M5S e i gruppi consiliari M5S del Piemonte e di Torino: “Il governo francese sembra sul piede di guerra per quella che è un’operazione che deve tener conto degli interessi dei lavoratori italiani e del nostro Paese. Ricordiamo che la proprietà Fca dovrebbe ascoltare il governo prima di procedere in operazioni così grandi, anche in considerazione che Fca (originata dalla fusione di Fiat e Chrysler) ha beneficiato per decenni di cospicui aiuti statali. Il governo sta osservando con attenzione il susseguirsi degli eventi e noi siamo pronti a far valere i diritti e gli interessi del nostro Paese e di questo territorio proponendo l’istituzione di un tavolo di coordinamento con i governi italiano e francese insieme alle due aziende per analizzare ogni aspetto dell’operazione, con particolare attenzione alle esigenze dei lavoratori”. Parole tardive che, ad accordo saltato, sono ormai anche inutili.
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