Riportiamo qua la prima parte del lavoro sull'immigrazione del
nostro collettivo. Il capitolo tratta dei numeri legati all'immigrazione,
aggiornati sugli ultimi dati ufficiali disponibili. I dati sono poi inseriti in
un discorso più generale sulla popolazione italiana, l'età media e le previsioni
demografiche basate su stime ufficiali. Affrontiamo poi il tema relativo alla
condizione lavorativa con una analisi del tipo di mansioni svolto dagli
immigrati confrontandole con quelle svolte dalla popolazione italiana. Si tratta
fondamentalmente di cercare risposte ai vari quesiti che affollano il dibattito
pubblico. Gli immigrati ci stanno invadendo? Ci rubano il posto di lavoro?
Dall'altra parte occorre smontare la retorica fintamente antirazzista e liberale
secondo cui gli immigrati servono perchè farebbero i lavori che gli italiani non
vogliono più fare o servirebbero per pagare le nostre pensioni. Buona lettura.
Nei prossimi giorni pubblicheremo le altre parti del lavoro
Residenti
Secondo i dati delle
anagrafi comunali, al 31 dicembre 2017, risultano residenti in Italia circa
60 milioni di cittadini, pari a
circa 26 milioni di famiglie con una media di 2,31 componenti per
nucleo. La serie storica ottenuta dai dati dei Comuni (con leggerissime
discrepanze rispetto ai dati del censimento effettuato nel 2011) ci parla di un
incremento dei residenti nel periodo tra il 2004 e il 2011 fino alla situazione
odierna in cui i dati, pur oscillando, si mantengono più o meno costanti
rispetto alla media.
Dal 2013, comunque,
la popolazione residente in Italia è in calo. Ciò è il risultato di due fattori
combinati: il saldo migratorio (trasferimento di cittadini da altri stati) e il
saldo naturale dovuto alle nascite e ai decessi. Nel 2017 mentre il
saldo migratorio risultava in attivo (circa 86 mila stranieri residenti in più)
il saldo naturale segnava un dato negativo con circa 191 mila cittadini in meno
dovuto alla scarsa natalità.
Qui può essere utile
una serie storica. Dal 2002 al 2017 il saldo migratorio è positivo con una media
di circa 300 mila residenti nuovi ogni anno (fanno eccezione gli anni intorno al
2011 con un saldo negativo e il 2013 con un saldo positivo di circa 1 milione di
residenze in più). Per quanto riguarda invece la differenza tra nascite e
decessi, il saldo è costantemente negativo dal 2006 a oggi.
Sostanzialmente in Italia abita la stessa
quantità di persone dal 2002 a oggi con una maggiore percentuale di stranieri e
un minore numero di italiani giovani.
Stranieri
A questo punto
proviamo ad analizzare la provenienza dei cittadini stranieri, le mansioni
svolte, etc. Cominciamo quindi a differenziarne lo status giuridico.
Escludendo coloro che
hanno ricevuto la cittadinanza italiana, pur in assenza di ius-soli (che
consente di godere in pieno dei diritti politici e civili), gli
stranieri regolari in Italia sono circa 5 milioni. Costoro possono
lavorare e spostarsi senza visto. Il documento che lo consente è il permesso di
soggiorno che, per essere rilasciato, richiede alloggio, contratto di lavoro,
presentazione di casellario giudiziario.
Il permesso di
soggiorno può essere revocato a seguito di un decreto di espulsione, per assenza
prolungata dal territorio nazionale o per la richiesta del medesimo permesso ad
altri paesi della UE.
Il numero
degli stranieri regolari è aumentato negli anni dal 2004 al 2014, per poi calare
leggermente ed essere oggi stabile, rappresentando circa l'8% della popolazione
totale. Sono sostanzialmente “migranti economici” che si trovano in
Italia per motivi di lavoro. Si nota comunque come tale percentuale è di molto
inferiore a quella presente in Spagna e Francia (rispettivamente tra il 10 e il
15%) e decisamente inferiore a quella dei paesi del Nord Europa.
Più della metà dei
cittadini stranieri regolari proviene dai paesi europei, in particolare
dell'est. La comunità più consistente proviene dalla Romania. Forte
anche la presenza di cittadini albanesi e ucraini. In totale si tratta di circa
2,5 milioni di persone.
I restanti provengono
da Asia e Africa (circa il 20%) mentre solo il 7%
proviene dal continente americano.
Gli asiatici
provengono specialmente da Cina, Filippine e India. Gli africani dal nord del
continente, in particolare Marocco, Tunisia ed Egitto ma anche dall'Africa
centrale (Nigeria e Senegal).
Gli americani
provengono dal Sud America dividendosi soprattutto tra provenienti dall'Ecuador
e dal Perù.
Dove abitano?
Essendo migranti
economici (in cerca di lavoro e reddito), la percentuale di popolazione
straniera in Italia è distribuita in modo diseguale rispecchiando lo squilibrio
economico del nostro Paese. Alte percentuali di cittadini stranieri si ritrovano
soprattutto al Nord, in particolare nelle periferie delle città come Milano e
Firenze o nelle aree produttive di Emilia e Veneto. Nel centro Italia sono
localizzati principalmente a Roma. Nel resto, in particolare nel Sud o nelle
isole, le percentuali di stranieri oscillano tra il 2 e il 5%, ben al di sotto
della media nazionale.
Un popolo giovane
Se tra gli africani e
gli asiatici predominano leggermente i maschi, per i provenienti dall'Europa e
dall'America vi è una predominanza di donne. Gli uomini hanno età leggermente
inferiori mentre l'età media è più alta per le donne. Inoltre, pur rimanendo
ovviamente numeri molto più bassi dal punto di vista assoluto, si nota una
percentuale di giovani e giovanissimi molto più alta tra i cittadini stranieri a
causa di una maggiore tendenza a fare figli. Si tratta, ovviamente, di un trend
in gran parte dovuto alla minore età media assoluta tra cittadini italiani e
stranieri. Il maggior numero di nascite comunque, allo stato attuale, non è in
grado di compensare il calo complessivo della popolazione italiana.
Irregolari
Sul numero degli
stranieri privi di permesso di soggiorno i dati sono molto aleatori e vengono
spesso strumentalizzati per operazioni propagandistiche. I dati parlano
di un numero di irregolari sparsi per il territorio italiano compreso tra 200
mila e 500 mila unità.
In realtà, spesso si
fa confusione tra irregolari tout court e richiedenti asilo. Secondo le norme
internazionali non è possibile rimpatriare nessuno se la domanda di asilo non è
stata evasa. La destra parla di circa 600 mila clandestini ma in realtà spara
numeri a caso per fare sensazionalismo xenofobo.
In sostanza,
una stima precisa non è fattibile, l’unica possibilità è calcolare la differenza
tra il numero di identificati da parte della polizia e il numero di rimpatri. In
base a questo calcolo, i numeri si riducono a circa 50-60 mila unità. Facciamo
notare che, secondo i dati statistici, l'immigrazione irregolare riguardava il
50% degli ingressi nel paese negli anni '90, mentre oggi è soltanto il 6% circa.
E la maggior parte sono sostanzialmente richiedenti asilo.
Profughi
I profughi in Italia
provengono, sostanzialmente, dalla Libia. Sulla loro presenza i dati sono certi
e si possono ricavare dall'incrocio tra i numeri delle partenze, degli sbarchi e
delle presenze nei centri di accoglienza. Al 30 giugno 2018 sono
presenti nei centri di accoglienza circa 160 mila profughi. Sono il
risultato degli sbarchi che, negli ultimi anni, sono molto diminuiti.
Alla fine di giugno
2018, il numero di sbarchi è diminuito del 80% rispetto al 2017 e del 76%
rispetto al 2016. Eppure su di loro si concentra il massimo dell'attenzione,
anche in relazione alle falle del sistema di accoglienza, alle contraddizioni
del sistema UE conosciuto come sistema di Dublino, fino alla polemica sulla
chiusura dei porti.
Ma a questi dati
vanno anche aggiunti quelli relativi alle partenze e ai morti in mare.
Ricaviamo allora quanto segue: nel 2014 sono morte durante le traversate
nel Mediterraneo circa 3 mila persone, salite a circa 4 mila l'anno seguente, 5
mila nel 2016 per poi scendere nuovamente a 3 mila nel 2017. Nel 2016 è morto in
media un migrante sulle navi ogni 88 mentre l'anno precedente era uno su
250.
Migranti e lavoro
Più di 2 milioni di
cittadini stranieri sono al lavoro in Italia con un tasso di occupazione
pari al 58,5% (leggermente superiore al tasso di occupazione medio
complessivo, dati del 2016). Sono soprattutto lavoratori dipendenti (circa 86%
degli occupati) con mansioni operaie (77% contro un analogo 31% degli italiani).
Non mancano i lavoratori autonomi (circa il 13,4%) e vi sono circa 571 mila
imprese gestite direttamente da stranieri.
Pur rimanendo
elevato il tasso di disoccupazione, vi è una leggera disparità tra italiani e
stranieri con una disoccupazione percentuale che rimane più alta tra i cittadini
italiani. In compenso gli italiani, in percentuale maggiore, svolgono lavori
meglio retribuiti.
A parità di
mansioni gli immigrati guadagnano infatti, in media, il 30% in meno nonostante
abbiano lavori considerati stabili o a tempo indeterminato. Inoltre vi
sono settori in cui la disparità tra il tasso di disoccupazione tra stranieri e
italiani è elevatissima: sono i servizi collettivi e personali dove gli
immigrati forniscono il 40% del lavoro complessivo. Numeri superiori alla
percentuale di presenza complessiva di migranti (tra 8 e 9%) si registrano nei
settori dell'agricoltura, nelle costruzioni, in alberghi e ristoranti. Sono
questi i settori dove si crea quel fenomeno che, nella vulgata comune, viene
definito come “furto di lavoro”. Si tratta di settori che in Italia, dato lo
spostamento dell'economia verso il terziario sono fondamentali, ma in cui gli
immigrati svolgono mansioni non qualificate.
Previsioni demografiche
Fino ad ora abbiamo
tentato di fornire una fotografia del fenomeno migratorio attraverso i numeri.
Ma occorre anche considerare che questa situazione è in evoluzione costante. Gli
istituti di ricerca, in particolare l'ISTAT, si occupano anche di prevedere in
base a simulazioni scientifico-probabilistiche cosa potrebbe accadere nei
prossimi anni.
Abbiamo già visto il
trend: una diminuzione del saldo naturale tra nascite e decessi. Una
compensazione del calo della popolazione solo parzialmente frenato dall'aumento
della quota di immigrati. Nei prossimi anni la tendenza diventerà ancora
più marcata con una previsione media di residenti intorno al 2045 che si
dovrebbe aggirare sui 54 milioni e che potrebbe arrivare a 46 milioni nel
2065. Sono ovviamente stime che hanno numerose variabili ma si tratta
comunque di previsioni ufficiali. L'immigrazione non sarà quindi più in
grado di colmare la perdita demografica e ci sarà un netto aumento dell'età
media complessiva che passerà dagli attuali 45 anni a oltre 50 anni nel
2065. Inoltre, pur essendo previsto un aumento della fertilità media,
il saldo naturale tra decessi e nascite pare destinato ad essere sempre più in
negativo.
Nel periodo compreso
tra il 2015 e il 2065 ci potrebbero essere circa 2,5 milioni di stranieri in
più. Siamo ovviamente ben lontani da ogni forma scientificamente definibile come
invasione (o peggio, “sostituzione etnica”). La differenza sarà ovviamente avere
7,5 milioni di stranieri in una popolazione di molto inferiore con una età media
molto più alta.
Sta a noi decidere
se, in un paese del genere, il colore della pelle o la provenienza geografica è,
e sarà sempre di più, il problema principale degli sfruttati.
Pur in una situazione
complessa cerchiamo di giungere a una prima sintesi. Non esiste nessuna
invasione di stranieri in Italia. Sono un numero assolutamente inferiore alla
media europea.
Il fenomeno
dell'immigrazione va poi analizzato tenendo distinta la categoria dei migranti
economici (in gran parte provenienti da aree interne alla UE) da quella dei
profughi. Per questo vale davvero poco la pena inseguire i Salvini o i Minniti
di turno.
La pretesa che il
blocco degli sbarchi dei profughi o gli accordi con la Libia per impedire o
rallentare le partenze abbiano un’attinenza con le condizioni sociali legate
alla crisi o alla mancanza di lavoro in Italia è palesemente falsa. Al limite
attiene alla questione dell'accoglienza immediata e delle risorse impiegate ma
non c'entra nulla con “l'esercito industriale di riserva” o con l'abbassamento
generalizzato delle condizioni di lavoro in Italia.
Contestualmente
occorre però riflettere sui dati dell'occupazione e degli stipendi legati
direttamente alla presenza di manodopera straniera. La leggera disparità tra il
tasso di occupazione relativa alla popolazione straniera e italiana, così come
la disparità salariale a sfavore degli immigrati è un dato che ci racconta
qualcosa che deve essere attentamente analizzato. Così come è urgente
considerare il dato demografico.
Nella seconda parte
del testo analizzeremo quindi altre questioni. In particolare il sistema
dell'accoglienza italiano che presenta parecchie falle all'interno di un quadro
di normative europee totalmente discutibili, la questione del mercato del lavoro
in Italia e la questione generale delle cause delle migrazioni.
Per concludere non
bisogna però dimenticare un dato: la popolazione carceraria in Italia. Qui il
quadro è chiaro: il numero di detenuti nelle carceri italiane presenta una
percentuale di stranieri che è di molto superiore alla percentuale tra i
residenti.
Su questo
occorrerebbe fare una riflessione che, da un lato, richiede l'analisi dei reati
che vengono contestati (sono in gran parte piccoli reati mentre per i reati
maggiori la situazione si inverte), dall'altro, l'analisi culturale e del
contesto.
Su questo va fatta
chiarezza perché non se ne esce semplicemente negando il problema. Per un
cittadino sfruttato in Italia la tendenza a subire furti o la piccola
criminalità è un problema importante. La presenza in Italia di cittadini
sradicati dal proprio contesto culturale, in condizioni difficili nel presente e
nel futuro, ha una ricaduta sui comportamenti reale e non negabile.
È un fenomeno che non
c'entra nulla con una presunta tendenza a delinquere di questa o quella etnia ma
è un dato su cui occorre avere le idee ben chiare in quanto sarà la realtà dei
prossimi anni.
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