Quale più chiara dimostrazione che la polizia e la Procura sono complici dei fascisti, e che questo è un fatto, non "una totale mistificazione del ruolo di garanzia e di protezione che lo Stato riveste", come dice il Gip Vitelli?
Scontri a Torino, perizia sulle bombe carta con i chiodi.
I pm puntano al tentato omicidio
(Dalla Stampa)
Manifestazione contro CasaPound. Per la maestra che inveì contro i poliziotti c’è la richiesta di divieto di dimora
TORINO
- Valutare la potenza distruttiva degli ordigni. Verificare se le bombe
carta lanciate addosso ai poliziotti avessero al loro interno chiodi e
schegge. E stabilire se fossero in grado di cagionare danni fisici e di
quale gravità. È questo il nodo centrale della consulenza tecnica
disposta dal procuratore aggiunto Emilio Gatti e dal sostituto Antonio
Rinaudo pochi giorni dopo la guerriglia urbana scoppiata tra le strade
del centro di Torino, durante il corteo antifascista organizzato contro
Casapound lo scorso 22 febbraio. I risultati sono attesi nelle prossime
settimane. Gli esperti stanno
lavorando sui reperti recuperati sul campo di battaglia di via Colli, dove si è verificato uno degli scontri più duri tra manifestanti e forze dell’ordine. In quella stradina stretta, proprio di fronte all’albergo dove si stava svolgendo il comizio di Casapound, gli antifascisti hanno cercato di forzare il blocco della polizia. Sono stati accesi dei fumogeni, così da creare un effetto nebbia e rendere più difficile l’identificazione di coloro che subito dopo hanno lanciato oggetti contro le forze dell’ordine: bottiglie, sassi e bombe carta.
lavorando sui reperti recuperati sul campo di battaglia di via Colli, dove si è verificato uno degli scontri più duri tra manifestanti e forze dell’ordine. In quella stradina stretta, proprio di fronte all’albergo dove si stava svolgendo il comizio di Casapound, gli antifascisti hanno cercato di forzare il blocco della polizia. Sono stati accesi dei fumogeni, così da creare un effetto nebbia e rendere più difficile l’identificazione di coloro che subito dopo hanno lanciato oggetti contro le forze dell’ordine: bottiglie, sassi e bombe carta.
Durante
l’assalto, tre agenti sono rimasti feriti: uno di loro è stato colpito a
una coscia da una scheggia. La tesi degli investigatori è che quel
frammento di metallo lungo tre centimetri, così come gli altri
sequestrati sul selciato, si trovasse all’interno di una delle bomba
carta. Il risultato della consulenza potrebbe modificare anche le
contestazioni rivolte ai manifestanti. Al momento si procede per
resistenza a pubblico ufficiale, lancio di oggetti pericolosi e lesioni
aggravate. Ma se l’esame dovesse confermare la portata «micidiaria»
degli ordigni, per gli indagati potrebbe profilarsi l’accusa di tentato
omicidio. Lo scorso 20 marzo tre antagonisti sono stati arrestati e
altri sette hanno subito una perquisizione. Sono tutti indagati, ma tra
loro non vi è chi ha materialmente scagliato le bombe carta.
L’identificazione dei «lanciatori» è ancora in corso: la Digos sta
cercando di dare loro un nome e un volto attraverso i tanti filmati
registrati nel corso della manifestazione.
Per il gip Stefano Vitelli, che ha
firmato le prime misure cautelari, quelle azioni avevano «l’obiettivo di
impedire in ogni modo la libera manifestazione del pensiero avverso»:
un comportamento che costituisce «una forma di violenza politica che si
pone alla stessa stregua del “fascismo storico” da cui i manifestanti si
professano, pure, così distanti». Non solo. Si legge ancora
nell’ordinanza: «Agire con violenza contro la polizia considerandola
“complice dei fascisti” è una totale mistificazione del ruolo di
garanzia e di protezione che lo Stato riveste»
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