Continua imperiosa, e apparentemente inarrestabile, la marcia verso il moderno fascismo, anche in un periodo in cui le forze politiche non riescono a mettersi d’accordo per dare vita ad un nuovo comitato di affari della borghesia; è notizia di lunedì sedici aprile che la Commissione di garanzia dell’attuazione della Legge sullo sciopero (Cgsse) ha limitato ulteriormente la possibilità per i lavoratori del comparto del trasporto pubblico locale ad astenersi dal servizio.
In pratica, le nuove norme varate nei giorni scorsi da questi assai poco “signori” – nove esperti di
diritto costituzionale, di diritto del lavoro, e di relazioni industriali, designati dai presidenti di Camera e Senato, la cui carica dura sei anni ed è rinnovabile una sola volta – sono talmente restrittive che, a conti fatti, restano soltanto tredici giorni in un anno in cui si può protestare in maniera visibile: questo soprattutto a causa del fatto che, tra una astensione dal lavoro e l’altra nella stessa zona, dovranno passare almeno venti giorni, contro i dieci previsti sinora.
Si tratta indubbiamente di una vergognosa limitazione di un diritto costituzionalmente garantito, resa ancora più indegna dal fatto che gli autori di questa indecenza hanno approfittato della crisi siriana, e della concentrazione dell’opinione pubblica sui problemi relativi a questa, per far passare alla chetichella una norma non consona ad un Paese civile; così come non lo è la giustificazione che viene data per questa ennesima porcheria: cercare di mettere un freno al proliferare di sigle del sindacato non concertativo, in vista delle sicure agitazioni del 2019, quando l’assegnazione dei servizi sarà effettuata obbligatoriamente tramite gara.
Bosio (Al), 17 aprile 2018
In pratica, le nuove norme varate nei giorni scorsi da questi assai poco “signori” – nove esperti di
diritto costituzionale, di diritto del lavoro, e di relazioni industriali, designati dai presidenti di Camera e Senato, la cui carica dura sei anni ed è rinnovabile una sola volta – sono talmente restrittive che, a conti fatti, restano soltanto tredici giorni in un anno in cui si può protestare in maniera visibile: questo soprattutto a causa del fatto che, tra una astensione dal lavoro e l’altra nella stessa zona, dovranno passare almeno venti giorni, contro i dieci previsti sinora.
Si tratta indubbiamente di una vergognosa limitazione di un diritto costituzionalmente garantito, resa ancora più indegna dal fatto che gli autori di questa indecenza hanno approfittato della crisi siriana, e della concentrazione dell’opinione pubblica sui problemi relativi a questa, per far passare alla chetichella una norma non consona ad un Paese civile; così come non lo è la giustificazione che viene data per questa ennesima porcheria: cercare di mettere un freno al proliferare di sigle del sindacato non concertativo, in vista delle sicure agitazioni del 2019, quando l’assegnazione dei servizi sarà effettuata obbligatoriamente tramite gara.
Bosio (Al), 17 aprile 2018
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