Amianto all'Olivetti di Ivrea, assolti tutti i manager
Franco e Carlo De Benedetti e Corrado Passera,
con altri dieci imputati, non sono responsabili delle morti per mesotelioma
pleurico
La corte d'appello di Torino ha ribaltato la
sentenza di condanna per le morti provocate dall'esposizione all'amianto negli
stabilimenti Olivetti tra gli anni Settanta e i primi anni Duemila ed ha
"assolto perché il fatto non sussiste" i dirigenti - tra i quali Carlo De
Benedetti, il fratello Franco e Corrado Passera - che erano a processo per
lesioni colpose e omicidio colposo.
La corte, presieduta da Flavia Nasi, ha infatti stabilito che tutti gli imputati non sono responsabili del
decesso tra il 2008 e il 2013 di una ventina di lavoratori che avevano lavorato in reparti contaminati da fibre di amianto e che si sono ammalati di mesotelioma pleurico, patologia correlata all'esposizione all'amianto. Il verdetto odierno ribalta quello di primo grado.
Nel 2016, infatti, il Tribunale di Ivrea aveva pronunciato 13 condanne. Tra le più pesanti c'erano quelle a Franco e Carlo De Benedetti, 5 anni e 2 mesi, e a Corrado Passera, 1 anno e 11 mesi.
Il sostituto procuratore generale Carlo Maria Pellicano, affiancato dalle colleghe Laura Longo e Francesca Traverso, aveva chiesto sostanzialmente la conferma della sentenza di primo grado, solo in parte attenuata per effetto della prescrizione che nel frattempo ha cancellato alcune contestazioni.
Nella sentenza odierna, i giudici hanno disposto l'invio alla procura degli atti relativi al decesso a una delle parti offese, che nel frattempo è deceduta, per la quale andrà riconfigurato il reato da lesioni a omicidio colposo. Al centro del dibattito processuale è stato il talco contenente tremolite di amianto che, secondo la procura generale, è stato usato in Olivetti fino al 1986 per il montaggio di parti meccaniche ed elettroniche. Gli avvocati difensori hanno sempre sostenuto che quel tipo di materiale nocivo fosse stato impiegato solamente fino al 1981.
È stata la controversia scientifica sul tema del cosiddetto "effetto acceleratore" nelle malattie provocate dall'amianto a far cadere le accuse al processo Olivetti. Questa l'analisi che, nell'attesa del deposito delle motivazioni della sentenza, viene fatta sia dall'accusa che dalla difesa. "In pratica - spiega uno degli avvocati - il dirigente è considerato responsabile solo per i primi due anni di esposizione del lavoratore all'amianto. In questo caso De Benedetti è stato in carica a partire dal 1978 e i dipendenti erano stati colpiti dalla patologia in un periodo precedente. Se fosse accertata l'esistenza di un "effetto acceleratore" sarebbe diverso. Ma nella comunità scientifica non c'è un consenso unanime. E quindi la giurisprudenza non può tenerne conto".
"il messaggio è comunque devastante, perché decine di lavoratori sono morti per l'esposizione all'amianto in Olivetti e non hanno avuto giustizia.
La corte, presieduta da Flavia Nasi, ha infatti stabilito che tutti gli imputati non sono responsabili del
decesso tra il 2008 e il 2013 di una ventina di lavoratori che avevano lavorato in reparti contaminati da fibre di amianto e che si sono ammalati di mesotelioma pleurico, patologia correlata all'esposizione all'amianto. Il verdetto odierno ribalta quello di primo grado.
Nel 2016, infatti, il Tribunale di Ivrea aveva pronunciato 13 condanne. Tra le più pesanti c'erano quelle a Franco e Carlo De Benedetti, 5 anni e 2 mesi, e a Corrado Passera, 1 anno e 11 mesi.
Il sostituto procuratore generale Carlo Maria Pellicano, affiancato dalle colleghe Laura Longo e Francesca Traverso, aveva chiesto sostanzialmente la conferma della sentenza di primo grado, solo in parte attenuata per effetto della prescrizione che nel frattempo ha cancellato alcune contestazioni.
Nella sentenza odierna, i giudici hanno disposto l'invio alla procura degli atti relativi al decesso a una delle parti offese, che nel frattempo è deceduta, per la quale andrà riconfigurato il reato da lesioni a omicidio colposo. Al centro del dibattito processuale è stato il talco contenente tremolite di amianto che, secondo la procura generale, è stato usato in Olivetti fino al 1986 per il montaggio di parti meccaniche ed elettroniche. Gli avvocati difensori hanno sempre sostenuto che quel tipo di materiale nocivo fosse stato impiegato solamente fino al 1981.
È stata la controversia scientifica sul tema del cosiddetto "effetto acceleratore" nelle malattie provocate dall'amianto a far cadere le accuse al processo Olivetti. Questa l'analisi che, nell'attesa del deposito delle motivazioni della sentenza, viene fatta sia dall'accusa che dalla difesa. "In pratica - spiega uno degli avvocati - il dirigente è considerato responsabile solo per i primi due anni di esposizione del lavoratore all'amianto. In questo caso De Benedetti è stato in carica a partire dal 1978 e i dipendenti erano stati colpiti dalla patologia in un periodo precedente. Se fosse accertata l'esistenza di un "effetto acceleratore" sarebbe diverso. Ma nella comunità scientifica non c'è un consenso unanime. E quindi la giurisprudenza non può tenerne conto".
"il messaggio è comunque devastante, perché decine di lavoratori sono morti per l'esposizione all'amianto in Olivetti e non hanno avuto giustizia.
«Finché non saranno depositate le
motivazioni non sapremo il perché di questa sentenza. Ma se emergeranno dei
profili per l’impugnazione, la impugneremo. E daremo battaglia. Per ora noi e la
difesa siamo sull’1-1», è il commento a caldo del Procuratore generale
Carlo Maria Pellicano, che, insieme alle colleghe Laura
Longo e Francesca Traverso, ha sostenuto la pubblica
accusa e aveva chiesto la conferma delle condanne.
Un processo d’appello seguito da uno scarsissimo pubblico e
senza la presenza di persona di nessuna delle parti civili, ad eccezione di
quella della FIOM.
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