Assemblea nazionale
E’ notizia di queste settimane quella dell’ennesimo caso di repressione nei confronti di uno studente di Carpi, in provincia di Modena, che ha “osato” scrivere un post su Facebook per denunciare quello che realmente accade durante le ore di Alternanza Scuola-Lavoro.
Lo studente, impegnato in un progetto di alternanza presso una ditta metalmeccanica del territorio, denuncia che la vera e unica faccia dell’alternanza è quella che vede milioni di studenti sfruttati dalle imprese, obbligati a svolgere mansioni generiche e dequalificanti.
Ma non tutti chinano la testa a questo substrato ideologico creato tramite la Buona Scuola che ci vuole sfruttati e precari sin da giovanissimi, e a modo suo decide di esprimere la sua rabbia. In risposta, la scuola lo punisce con il 6 in condotta con l’accusa di aver fatto affermazioni inappropriate sia verso l’azienda sia verso gli insegnanti che portano avanti le attività di alternanza.
L’aggravante di questo atto repressivo è il voler punire il pensiero dello studente a causa di una pregiudiziale ideologica. Il 6 in condotta è conseguenza di una presa di posizione “dovuta a convinzioni ideologiche sull’alternanza scuola lavoro, probabilmente antecedenti rispetto all’inizio del periodo in azienda”. La scuola pubblica deve quindi, secondo queste politiche, imporci l’ubbidienza, l’indifferenza nei confronti delle ingiustizie e il pensiero a-critico.
Di casi come questi se ne sono visti tanti in questi mesi: a Napoli, i ragazzi del Vittorio Emanuele II si sono visti minacciati attraverso dei provvedimenti disciplinari per aver protestato durante le ore di alternanza svolte per il FAI durante la domenica delle Palme; a Roma per un semplice volantinaggio informativo davanti alle scuole gli studenti sono stati circondati dalla polizia, che oltre a intimidirli ha identificato tutti i presenti aggiungendo che uno studente in quanto tale non può dissentire dei progetti che la scuola offre e che la politica non deve “osare entrare nelle scuole”; a Senigallia in vista del corteo studentesco a sostegno dello sciopero del 23 febbraio convocato dalle realtà sindacali di base, il preside di una scuola ha minacciato gli studenti di abbassare il voto in condotta a chiunque vi avesse partecipato.
Repressione che colpisce non solo gli studenti, ma anche i docenti, e che è pronta ad attivare un tribunale dell’inquisizione nei confronti di chi esprime il proprio dissenso: si guardi al caso di Lavinia, maestra precaria di Torino, contro la quale oltre alla repressione e alle sanzioni disciplinari è stata fatta una vera e propria gogna mediatica.
La scuola è ormai snaturata del suo ruolo educativo, di garante di emancipazione ed istruzione di qualità, e ci obbliga invece ad entrare immediatamente in un’ottica aziendalistica dove è vietato alzare la testa, pena minaccia e sanzioni da parte dei presidi-manager.
Non possiamo che opporci a queste politiche che ci vogliono schiavi, precari e sfuttati, e rifiutare a gran voce il modello ideologico imposto dalla Buona Scuola tramite l’alternanza scuola-lavoro.
Arrivati a questo punto è ovvio che il dissenso non è consentito e che gli studenti nel nostro paese o rinunciano a un’idea di scuola diversa e libera dalle regole del mercato oppure si troveranno di fronte una repressione pronta a rimetterli in riga e a ricordargli che democrazia è solo un termine svuotato del suo significato.
Da tempo siamo vedendo un’efficace stretta repressiva contro il dissenso politico e sociale, e all’interno di questo clima voluto dall’ultimo governo attraverso le Leggi Minniti si inseriscono le intimidazioni agli studenti che non accettano l’alternanza scuola lavoro. Tutto questo ci presenta il piano di una strategia precisa: reprimere il dissenso, prevenirlo invece di ascoltare le esigenze. Nelle scuole, così come nelle piazze e nei luoghi di lavoro.
In questo clima di fortissima repressione nei confronti delle lotte sociali, nei confronti degli attivisti e dei sindacalisti, che vede tanti spazi sociali a rischio di sgombero, che vede il “decoro” come pretesto per marginalizzare e allontanare (ma non risolvere) il disagio sociale da cui non è esente neanche più il mondo della scuola pubblica riteniamo necessaria la convocazione di un’assemblea nazionale per ribadire che la repressione ha raggiunto un livello insostenibile, e che c’è bisogno di trovare una risposta collettiva a questi modelli politici che ci vogliono schiavi, precari, sfruttati, e che non perdono tempo a reprimerci al minimo segno di dissenso.
Ci vediamo Venerdì 27 Aprile presso CPA Firenze Sud, ore 17.
IN OGNI SCUOLA, PIAZZA O LUOGO DI LAVORO: FIGHT REPRESSION!
BASTA REPRESSIONE, BASTA SFRUTTAMENTO!
Per aderire scrivere a campagna.bastalternanza@gmail.
Lo studente, impegnato in un progetto di alternanza presso una ditta metalmeccanica del territorio, denuncia che la vera e unica faccia dell’alternanza è quella che vede milioni di studenti sfruttati dalle imprese, obbligati a svolgere mansioni generiche e dequalificanti.
Ma non tutti chinano la testa a questo substrato ideologico creato tramite la Buona Scuola che ci vuole sfruttati e precari sin da giovanissimi, e a modo suo decide di esprimere la sua rabbia. In risposta, la scuola lo punisce con il 6 in condotta con l’accusa di aver fatto affermazioni inappropriate sia verso l’azienda sia verso gli insegnanti che portano avanti le attività di alternanza.
L’aggravante di questo atto repressivo è il voler punire il pensiero dello studente a causa di una pregiudiziale ideologica. Il 6 in condotta è conseguenza di una presa di posizione “dovuta a convinzioni ideologiche sull’alternanza scuola lavoro, probabilmente antecedenti rispetto all’inizio del periodo in azienda”. La scuola pubblica deve quindi, secondo queste politiche, imporci l’ubbidienza, l’indifferenza nei confronti delle ingiustizie e il pensiero a-critico.
Di casi come questi se ne sono visti tanti in questi mesi: a Napoli, i ragazzi del Vittorio Emanuele II si sono visti minacciati attraverso dei provvedimenti disciplinari per aver protestato durante le ore di alternanza svolte per il FAI durante la domenica delle Palme; a Roma per un semplice volantinaggio informativo davanti alle scuole gli studenti sono stati circondati dalla polizia, che oltre a intimidirli ha identificato tutti i presenti aggiungendo che uno studente in quanto tale non può dissentire dei progetti che la scuola offre e che la politica non deve “osare entrare nelle scuole”; a Senigallia in vista del corteo studentesco a sostegno dello sciopero del 23 febbraio convocato dalle realtà sindacali di base, il preside di una scuola ha minacciato gli studenti di abbassare il voto in condotta a chiunque vi avesse partecipato.
Repressione che colpisce non solo gli studenti, ma anche i docenti, e che è pronta ad attivare un tribunale dell’inquisizione nei confronti di chi esprime il proprio dissenso: si guardi al caso di Lavinia, maestra precaria di Torino, contro la quale oltre alla repressione e alle sanzioni disciplinari è stata fatta una vera e propria gogna mediatica.
La scuola è ormai snaturata del suo ruolo educativo, di garante di emancipazione ed istruzione di qualità, e ci obbliga invece ad entrare immediatamente in un’ottica aziendalistica dove è vietato alzare la testa, pena minaccia e sanzioni da parte dei presidi-manager.
Non possiamo che opporci a queste politiche che ci vogliono schiavi, precari e sfuttati, e rifiutare a gran voce il modello ideologico imposto dalla Buona Scuola tramite l’alternanza scuola-lavoro.
Arrivati a questo punto è ovvio che il dissenso non è consentito e che gli studenti nel nostro paese o rinunciano a un’idea di scuola diversa e libera dalle regole del mercato oppure si troveranno di fronte una repressione pronta a rimetterli in riga e a ricordargli che democrazia è solo un termine svuotato del suo significato.
Da tempo siamo vedendo un’efficace stretta repressiva contro il dissenso politico e sociale, e all’interno di questo clima voluto dall’ultimo governo attraverso le Leggi Minniti si inseriscono le intimidazioni agli studenti che non accettano l’alternanza scuola lavoro. Tutto questo ci presenta il piano di una strategia precisa: reprimere il dissenso, prevenirlo invece di ascoltare le esigenze. Nelle scuole, così come nelle piazze e nei luoghi di lavoro.
In questo clima di fortissima repressione nei confronti delle lotte sociali, nei confronti degli attivisti e dei sindacalisti, che vede tanti spazi sociali a rischio di sgombero, che vede il “decoro” come pretesto per marginalizzare e allontanare (ma non risolvere) il disagio sociale da cui non è esente neanche più il mondo della scuola pubblica riteniamo necessaria la convocazione di un’assemblea nazionale per ribadire che la repressione ha raggiunto un livello insostenibile, e che c’è bisogno di trovare una risposta collettiva a questi modelli politici che ci vogliono schiavi, precari, sfruttati, e che non perdono tempo a reprimerci al minimo segno di dissenso.
Ci vediamo Venerdì 27 Aprile presso CPA Firenze Sud, ore 17.
IN OGNI SCUOLA, PIAZZA O LUOGO DI LAVORO: FIGHT REPRESSION!
BASTA REPRESSIONE, BASTA SFRUTTAMENTO!
Per aderire scrivere a campagna.bastalternanza@gmail.
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