I lanci di agenzia
sono sempre un po’ prudenti. E i giornali che li ricopiano si guardano
bene dal cogliere aspetti sgraditi all’editore, per quanto evidenti.
Prendiamo dunque questa notizia di ieri:
Un operaio di 69 anni, Emanuele Di Paola, è morto in via Fortuna a Palermo cadendo da un’altezza di 8 metri. L’uomo, insieme al figlio, stava lavorando sul tetto in una palazzina quando ha perso l’equilibrio ed è caduto sull’asfalto. E’ morto sul colpo. Le indagini sono condotte dai carabinieri.
Notate
niente di strano? Nessun particolare che dovrebbe far scattare nella
testa di un
giornalista l’allarme tipico del mestiere (“cazzo, questa è grossa!”).
giornalista l’allarme tipico del mestiere (“cazzo, questa è grossa!”).
Beh,
a noi sembra proprio che “un operaio di 69 anni” sia una frase che
contiene un problema gigantesco, visto che persino con la “riforma
Fornero” si va in questo momento in pensione a 66 anni e 7 mesi.
Che
ci faceva un operaio di quell’età in cima ad un tetto? Non stava
lavorando per se stesso, a quanto pare. Non è insomma il classico
incidente di un padrone di casa anziano che si mette a riparare da solo
qualcosa nella o sulla sua abitazione.
E’
certo, a legislazione vigente, che il povero Di Paola stessa lavorando
in nero, come accade in larga parte dell’edilizia e non solo nel Sud.
Chi lo ha “assunto” (parola grossa, senza contratto e con salarioa
giornata) ha commesso svariati reati. E’ presumibile quindi che
l’operaio stesse cercando di arrotondare il reddito rappresentato da una
pensione particolarmente magra, perché a quell’età non si va in giro
per tetti se non costretto dal bisogno più stringente. Ma per
l’informazione mainstream è tutto “normale”; una notizia così la si
relega in taglio basso nelle pagine di cronaca locale, a fianco degli
incidenti stradali occasionali.
Quando
scriviamo che il progetto delle classi dominanti è “dovete morire
prima, possibilmente sul lavoro” non scherziamo affatto. Non è una
battuta esagerata scritta o detta per fare un po’ di scena.
E’
proprio così. Noi ci limitiamo a registrarlo. E a lavorare – con
l’informazione e l’intervento sociale/politico – per mettere fine a
questo progetto.
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