Riportiamo le parti più significative delle testimonianze - purtroppo ancora poche e rare - di operai al processo Ilva.
Da esse vengono fuori alcune questioni chiare:
-
I lavoratori in Ilva non hanno mai cessato di ribellarsi, di
denunciare, di lottare quando è stato possibile, sulle condizioni di
sicurezza e sulla salute; ansi sono stati i primi a protestare, pagando
pesantemente di persona - Questo smentisce le false vulgate diffuse da
certi ambientalisti, ma anche cittadini ottusi;
-
In Ilva mancava e manca il sindacato, anche una minima attività che si
possa chiamare sindacale. I lavoratori che protestano, che rivendicano
il diritto alla sicurezza, alla salute, a non essere attaccati, offesi
dai capi, dai dirigenti, sono soli. I lavoratori ci mettono la faccia,
il sindacato nasconde la sua faccia ed è parte della situazione di
costante illegalità che si vive all'Ilva;
-
Il sindacato, quindi, è pienamente corresponsabile degli infortuni,
della condizione costante di rischio con cui gli operai devono lavorare
all'Ilva, delle morti in fabbrica, delle azioni di mobbing che
colpiscono i lavoratori.
*****
DAL PROCESSO ILVA
TESTE
GIUSEPPE MEO – Tecnico, IMA1 nel porto al secondo sporgente.
PUBBLICO MINISTERO
- A proposito dell’evento della tromba d’aria, lei sa o ricorda
quando le gru ripresero l’attività di discarica?
G. MEO
- No, perché venni mandato via da quel reparto, dall’oggi al
domani, senza nessuna spiegazione da parte dell’Ilva. Al quarto
sporgente dopo la morte del ragazzo era tutto sequestrato, non si
potevano utilizzare gli scaricatori. Hanno scaricato con lo
scaricatore DM7. Ma questo DM7 non si poteva utilizzare per motivi di
sicurezza, non si sapeva dove installare la cabina operatore, era
troppo grande, era pericolosa, infatti a dicembre del 2014 cadde in
mare e ci furono anche due infortuni.
P.M.
– Lei ha detto che i suoi capi non la volevano più giù a IMA.
Perché dava fastidio e a fine novembre aveva detto ai gruisti che
non dovevano recarsi sopra le gru.
MEO
- Dopo il tornado si dovevano spostare degli scaricatori al secondo
sporgente, io mi rifiutai
perché dissi: “No, dopo il tornado
sarebbe bene valutare adesso questa situazione”. Ma l’ingegnere
Colucci disse: “Se i gruisti adesso cominciano con questa paura di
andare sugli scaricatori, sarò costretto a mettere delle ditte
esterne e mandarli tutti a casa”. Il lunedì 3 dicembre il dottor
Dinoi mi manda un sms dicendomi questo: “Statti a casa perché tu
mi crei solo problemi, anziché aiutarmi sei per me una specie di
intoppo”. Il 31 dicembre 2012 rientro sul posto di lavoro, trovo
tutta la mia roba buttata dietro ad un armadio ed il dottor Dinoi mi
dice: “Non toccare nulla, non toccare nessun documento e aspetta
che viene l’ingegner Colucci che ti deve parlare”. Viene
l’ingegner Colucci, mi porta nel suo ufficio, e mi dice: “L’azienda
ti considera un libero e pensante (per libero e pensante si intendeva
un appartenente al comitato di Taranto), ha paura ancora tu esci
documentazione fuori di qua (danni nave, formulario rifiuti, perché
io conoscevo tutta la documentazione, tutto l’archivio, tante cose
dell’Ilva). E quindi sarai spostato in un nuovo reparto. Inoltre
hai fomentato i gruisti a non salire sulle gru (perché dissi ai
gruisti di non salire dopo il tornado) e per produzione non avrai
nemmeno il premio di fine anno. Te ne vai a casa e ci sentiamo dopo
le feste, così ti dirò il tuo nuovo reparto qual è”. Al rientro
sul posto di lavoro dopo le feste non mi fanno accedere nell’ufficio,
mi facevano stare giù in mensa ad aspettare nuove disposizioni.
Vengo poi collocato all'Ufficio programmazione, dietro ad una
scrivania priva di strumenti. Non potevo accedere sulle procedure,
non potevo accedere a nulla, non sono passato per una visita medica
di idoneità, non ho avuto una nuova formazione. Io stavo male, avevo
cominciato anche la cura presso il CIM, psicofarmaci, perché ero
stato svuotato dalle mie mansioni
Quando
la Guardia di Finanza mi chiese: “Ma noi quando siamo venuti giù a
IMA, tu non c’eri”. Dissi: “Certo che non c’ero. Hanno fatto
in modo che io non dovevo parlare con la Guardia di Finanza, non
dovevo essere interrogato”.
P.M.
- qui stiamo parlando di una produzione dell’Ilva S.p.a. portata ai
massimi regimi, a discapito dell’aspetto ambientale. Il teste
dimostra chiaramente che tutti quanti gli operai o funzionari che
erano contrari a questo tipo di attività a favore di aspetti
sanitari e ambientali venivano messi da parte.
MEO
- Il reparto IMA1, con la venuta del signor Rebaioli e dell’ingegner
Andelmi, era diventato un reparto veramente che non si poteva più
lavorare, non c’era più serenità. Il caporeparto Manzulli era
anche scomodo per il signor Rebaioli, perché Manzulli cercava di far
rispettare la discarica nelle norme con l’impatto ambientale, era
un problema, tanto è vero che Manzulli, verso settembre del 2010,
venne fatto fuori. Io poi ho avuto un caporeparto, Dinoi, in
formazione lavoro, quindi senza esperienza. L’intento del signor
Rebaioli e dell’ingegner Andelmi non era mettere una figura di un
responsabile che conosceva gli impianti, che doveva far rispettare
delle leggi. No, era soltanto una figura che doveva sottostare alle
loro regole, che si davano loro.
(CONTINUA DOMANI CON LA DEPOSIZIONE DELL'OPERAIO CATALDO RANIERI)
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