lunedì 19 febbraio 2018

pc 19 febbraio - Una intervista a Marco SPEZIA che si occupa da anni di sicurezza e salute sui posti di lavoro - prima parte

MARCO, LA TUA ESPERIENZA E’ PIÙ ATTENDIBILE DI OGNI STATISTICA UFFICIALE: ESISTE NEL NOSTRO PAESE UN PROBLEMA DI SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO? DI CHE DIMENSIONI? E’ VERO CHE “LE COSE VANNO MEGLIO” O PENSI CHE IL LIVELLI DI DISOCCUPAZIONE INCIDA SULLE STATISTICHE UFFICIALI? INFINE, C’E’ UNA CORRELAZIONE FRA DISOCCUPAZIONE, PRECARIETA’ E DIMINUZIONE DELLA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO?
Innanzitutto nel nostro paese più che un problema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dobbiamo parlare di emergenza quotidiana. Non c’è infatti giorno che in Italia non vi siano (in media) almeno quattro infortuni mortali: 1.350 morti all’anno per il 2017, considerando sia i morti sul posto di lavoro, sia i morti in itinere o su mezzi di trasporto..
Tale valore è ripreso dall’Osservatorio Indipendente Morti sul Lavoro di Carlo Soricelli (http://cadutisullavoro.blogspot.it) ed è un dato decisamente più attendibile di quelli diffusi dall’INAIL (per i motivi che vedremo dopo).
Oltre a queste morti, ogni giorno ve ne sono altrettante a causa di malattie professionali, quindi contratte per la insalubrità dei luoghi e delle condizioni di lavoro, per un totale di 1.350 morti (fonti Osservatorio Vega Engineering https://www.vegaengineering.com per il 2016).
E ancora, si contano ogni anno 420.000 infortuni, molti dei quali invalidanti (1.400 al giorno, 3 al minuto!) e 60.000 denuncie di malattie professionale (dati per il 2016, sempre da Vega Engineering).
E’ evidente che stiamo parlando di una vera e propria guerra contro i lavoratori!
In merito all’attendibilità delle fonti ufficiali (dati INAIL), è evidente che esse non possono essere veritiere, per il semplice fatto che si riferiscono esclusivamente a lavoratori assicurati INAIL e quindi non considerano minimamente l’esercito di Partite IVA individuali, lavoratori in nero, pensionati che continuano a lavorare perché non riescono a tirare avanti. Non considerano quindi tutti quei lavoratori atipici che per evidenti regioni di flessibilità sono invece in aumento.
L’Osservatorio Indipendente Morti sul Lavoro considera invece, mediante un capillare e certosina raccolta dati in tutta Italia, tutti i lavoratori, compresi quelli atipici.
Ed è per questo che l’Osservatorio è decisamente più veritiero è fotografa una realtà che non vede nessun miglioramento nel numero dei morti sul lavoro, ma sostanzialmente un andamento costante negli anni.
Se si considerano infatti il solo andamento dei morti sul posto di lavoro (che meglio fotografa le condizioni legate al rapporto di lavoro e ai luoghi e alle condizioni in cui si svolge), i numeri sono i seguenti:
2008: 640
2009: 550
2010: 560
2011: 665
2012: 620
2013: 590
2014: 665
2015: 655
2016: 640
2017: 630

E’ evidente che i “miglioramenti” sbandierati dall’INAIL (e che tengono appunto conto dei soli assicurati INAIL) e fatti propri per scopi di comodo da politici e sindacalisti di regime, nella realtà lavorativa non vi sono.
Guardando i dati INAIL, si può infatti vedere un trend di miglioramento, con una diminuzione dei morti per infortuni sul lavoro. Questo apparente miglioramento è dovuto proprio ai motivi sopra detti: si considerano infatti solo gli assicurati INAIL che sono in costante diminuzione, mentre si tralasciano i lavoratori atipici (Partite IVA, lavoratori in nero), che sono in aumento e che tra l’altro svolgono le lavorazioni più a rischio.
In merito alla precarietà, non c’è dubbio che essa non fa altro che peggiorare la situazioni in merito alla sicurezza. Al di là di considerazioni in merito alla minore professionalità (anche in termini di sicurezza) che il lavoro precario comporta, i lavoratori precari sono spaventosamente ricattabili e lo sono molto di più dei lavoratori a tempo indeterminato. Di fronte a situazioni di pericolo preferiscono tacere, per timore di finire nel mirino del datore di lavoro, rischiando il posto di lavoro.
PIU’ CHE UNA IMPRESSIONE, E’ UNA REALTA’: SI PARLA MOLTO DI SICUREZZA E DI PREVENZIONE, MA AUTORITA’ E ISTITUZIONI FANNO POCO, PER NON DIRE NIENTE. POI CI SONO GLI INCIDENTI ECLATANTI, COME QUELLO ALLA LAMINA DI MILANO, ALLORA SI LEVA UN’ONDA DI DICHIARAZIONI ACCORATE, APPELLI, RICHIESTE... COSA C’È CHE NON VA?
Effettivamente i numeri che abbiamo sopra visto sono spaventosi. Come detto si tratta di una vera e propria guerra quotidiana che dovrebbe chiamare tutte le istituzioni a intervenire in maniera decisa. Ma al di là di qualche ipocrita dichiarazione nei casi più eclatanti e mediaticamente rilavanti, non si fa niente.
Eppure, da un punto di vista legislativo, l’Italia è sempre stata all’avanguardia nella tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Già la Costituzione stabiliva il diritto alla tutela del lavoratore e dopo di essa le prime leggi degli anni ‘50 hanno fissato regole stringenti per i datori di lavoro per tutelare i propri dipendenti.
Da dieci anni siamo poi arrivati al Testo Unico sulla sicurezza (il D.Lgs. 81/08) che assieme appunto alle fonti del diritto (Codice Civile, Codice Penale e Costituzione) costituisce una importante forma di tutela per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Oltre alle fonti legislative, la tecnica della sicurezza ha raggiunto elevatissimi livelli di tutela su tutti i campi (macchine, impianti elettrici, sicurezza antincendio, ecc.) con norme tecniche di altissimo livello.
Qual è dunque il motivo, se le leggi e le norme tecniche ci sono, perché si continui a morire e ad ammalarsi sul lavoro?
La risposta è semplice ed è la stessa che si ripete ogni qual volta si cerchi di proteggere gli sfruttati: la legge c’è ed è buona, ma volutamente non si applica e volutamente non si fa niente per farla applicare.
I motivi della mancata applicazione della normativa sono molteplici, ma riconducibili tutti a una causa principale: la concezione capitalista del lavoro che mette in primo piano la logica del profitto, al di là ogni altra considerazione etica o morale....

è una intervista resa al giornale dei Carc

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