Nella foto: il presidente Trump incontra il presidente israeliano Benjamin
Netanyahu (EPA)
di Ben White
Un funzionario israeliano ha ammesso nel 2010 che il muro di separazione è
stato "costruito per ragioni politiche e demografiche", mentre l'uomo
che lo ha progettato ha rivelato che 'l'indicazione principale ricevuta dal
governo nell'affidarmi il lavoro è stata quello di includere il maggior numero
di israeliani all'interno della recinzione e lasciare il massimo numero di
palestinesi al di fuori'.
The Independent, 30.01.2017
Nella prima settimana di Donald Trump in carica come Presidente degli Stati Uniti, tre questioni politiche hanno dominato i titoli dei giornali: i suoi piani per costruire un muro al confine con il Messico, il sostegno del presidente per la tortura, e il suo ordine esecutivo che prende di mira rifugiati, residenti e visitatori provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana.
Tutti e tre hanno provocato una diffusa indignazione, in particolare il divieto ai rifugiati e le
altre restrizioni all'immigrazione sulla base dell'origine nazionale e della religione.... Ed è una cosa di cui non molti si rendono conto, ovvero che le politiche - e la loro ideologia sottostante - che Trump sta scatenando sugli Stati Uniti sono state perseguite dallo Stato di Israele per decenni. Per prima cosa, consideriamo il muro. Israele ha iniziato la costruzione del suo muro di separazione nel territorio palestinese occupato quasi quindici anni fa. Giustificato in nome della "sicurezza", circa l'85 per cento del percorso del muro è costruito all'interno dei territori, per includere gli insediamenti illegali in Cisgiordania. È per questo motivo che, nel 2004, i giudici della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja ritennero che il muro fosse illegale, e ne chiesero l'immediato smantellamento. .. il nesso con le idee di Trump risiede nella giustificazione del muro israeliano per motivi "demografici". In altre parole, si tengono i palestinesi fuori perché sono palestinesi - e si noti che l'idea di un muro finalizzato alla "separazione" precede la Seconda Intifada. Un funzionario israeliano ha ammesso nel 2010 che il muro di separazione è stato "costruito per ragioni politiche e demografiche", mentre l'uomo che lo ha progettato ha rivelato che 'l'indicazione principale ricevuta dal governo nell'affidarmi il lavoro è stata quello di includere il maggior numero di israeliani all'interno della recinzione e lasciare il massimo numero di palestinesi al di fuori'. Poi c'è la tortura. L'aperto sostegno di Trump alla tortura ha inorridito allo stesso modo politici, attivisti per i diritti umani ed ex detenuti. In Israele tuttavia, la tortura dei prigionieri è routine - ed è giustificata nero su bianco non solo dal governo, ma anche dalla Corte Suprema di Israele. Proprio la scorsa settimana, alcuni addetti agli interrogatori israeliani hanno confermato ad Haaretz alcuni dei metodi utilizzati sui detenuti - tra cui abusi fisici e psicologici. Le rivelazioni non sono certo state una sorpresa per i palestinesi, né per quegli israeliani che hanno documentato pratiche come la tortura sessuale.
Questa triste realtà è anche ben nota ai gruppi internazionali per i
diritti umani: nella sua relazione annuale più recente Amnesty International ha
descritto come "le forze militari e di polizia israeliane, così come il
personale delle forze israeliane di sicurezza, torturano e maltrattano i
detenuti palestinesi, compresi i bambini". "I metodi includono il
battere con bastoni, schiaffeggiamento, strangolamento, incatenamento
prolungato, posizioni di stress, privazione del sonno e minacce", aggiunge
Amnesty, notando inoltre come, nonostante quasi 1.000 denunce dal 2001, le
autorità non abbiano mai aperto una sola indagine penale. E, infine, vogliamo
parlare dell'immigrazione? Per quanto orrendi appaiano gli ordini dati da
Trump, impallidiscono in confronto alla scala e alla durata di ciò che Israele
sta attuando da circa settant'anni. Dal 1948 Israele ha imposto un
"Divieto palestinese" (a musulmani e cristiani), progettato per
garantire che i rifugiati non possano tornare nelle terre e nelle case da cui
sono stati espulsi. Nel frattempo, i confini dello Stato sono stati aperti a
qualsiasi persona ebrea, da qualsiasi parte del mondo. Non solo, ma in tempi
più recenti, Israele ha anche approvato una legge - approvata anche in questo
caso dalla Corte Suprema - che impedisce ai palestinesi con cittadinanza
israeliana il ricongiungimento familiare - puramente "sulla base della
etnia o appartenenza nazionale del coniuge". L'ex primo ministro Ariel
Sharon disse della legge: "Non c'è bisogno di nascondersi dietro argomenti
di sicurezza. Questa è una necessità per l'esistenza di uno Stato
ebraico". Trump, e quelli del calibro di Steve Bannon, avrebbero
approvato. Proprio come approverebbero, senza dubbio, il fatto che Israele
abbia accettato solo otto domande di asilo da eritrei, sulle 7.218 richieste
presentate nel periodo 2009-2016. Scrivendo sulla
rivista +972, Edo Konrad fa notare la doppia morale di coloro che condannano Trump, ma
che sostengono il razzismo istituzionalizzato in Israele. Anche qui in Gran
Bretagna, fra i critici di Trump ci sono persone che giustificano, o ignorano,
il peculiare mix tossico di muri, regole discriminatorie sull'immigrazione e
pratiche di tortura che vige in Israele. Questa dissonanza è solo
destinata a diventare più pubblicamente scomoda per gli amici di Israele in
Occidente. L'abbraccio di Netanyahu alla Casa Bianca di Trump non è solo una
manovra politica, ma riflette una realtà inquietante che ai palestinesi è fin
troppo familiare.
Traduzione di Giacomo Graziani per l'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus, Firenze
Traduzione di Giacomo Graziani per l'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus, Firenze
Nessun commento:
Posta un commento