Ancora non è chiaro chi si prenderà l'Ilva, ma si schierano i fronti -
almeno fino a questo momento: da un lato vi sarebbero ArcelorMittal con
Marcegaglia, che chiede però un apporto (cioè soldi) dalla Cassa
Depositi e Prestiti; dall'altro il gruppo turco Erdemir con Arvedi e
soldi di Del Vecchio della Luxottica, ma sempre la Cassa Depositi e
Prestiti.
Renzi parteggia più per la seconda cordata
perché, dice: "se fosse il colosso franco-indiano (il più grande
produttore al mondo di acciaio) a prendersi l'Ilva moribonda,
l'italianità si diluirebbe troppo, fino a scomparire. Con effetti
negativi - molti temono - sull'intero apparato produttivo nazionale".
Per gli operai è come scegliere (ma d'altra parte neanche lo possono fare) tra la "padella" e la "brace".
L'ArcelorMittal ha, come abbiamo più volte documentato, sempre più problemi finanziari e di mercato, ha un forte indebitamento, il primo trimestre si è chiuso con un margine operativo lordo in calo di 927 milioni di
dollari, dopo che nell'esercizio 2015 aveva registrato una perdita di
quasi 8 miliardi di dollari; nelle sue aziende in Europa o licenzia o
chiude, mette sotto i piedi i diritti sindacali e le stesse
organizzazioni sindacali, e non ci dimentichiamo che la prima condizione
che ha posto per prendersi l'Ilva (successivamente solo ammorbidita) è
stata: "nessun impegno finanziario per il risanamento ambientale di
Taranto e tutela assoluta da eventuali rischi di coinvolgimento nelle
cause giudiziarie; all'interno della fabbrica, risanamento solo in
funzione di ciò che serve per la produzione).
Del gruppo Erdemir
non si sa molto, è presente sostanzialmente solo in Turchia dove opera
in condizioni
favorevolissime: basso costo del denaro, basso costo dell'energia,
mercato protetto, basso costo del lavoro, condizioni che vorrà
riprodurre in Italia. Ma una cosa si sa, e questa basta e avanza: è un
gruppo controllato dalle forze armate di Ankara - quelle, per capirci,
che, col fascista sanguinario Erdogan, fanno strage del popolo curdo,
uccidono e arrestano chi osa manifestare, o parlare, che sicuramente non
hanno tra i loro problemi e compiti il rispetto delle condizioni dei
lavoratori, delle masse popolari, il rispetto dei diritti sindacali.
Ma come e quanti operai passerebbero ai nuovi padroni?
Entro
il 30 giugno dovrà essere firmato il contratto di cessione o di affitto
della durata di 2 anni. Dopo vi sarebbe da parte della cordata
Mittal- Marcegaglia un generico impegno ad acquistare dopo i due anni.
Quindi
dei padroni che oggi stanno e domani se ne andranno senza problemi, e
che, come in generale gli affittuari, in due anni non si spenderebbero
certo a risanare la fabbrica, ad eliminare le fonti di inquinamento.
Insieme,
vi è la possibilità, ma sempre più certezza, a ridimensionare
nettamente lo stabilimento. Questo è nell'interesse del gruppo Erdemir
che non ha mai gestito un processo di ristrutturazione industriale di
una realtà così grande come l'Ilva. Questo è nell'interesse
dell'ArcelorMittal che sta ipotizzando di separare: produzione
dell'acciaio, in Francia, e lavorazione, in Italia.
Quindi o
l'una o l'altra cordata per gli operai significherebbero taglio di
migliaia di posti di lavoro e oer chi resta, peggioramento delle
condizioni contrattuali e salariali, dei diritti e nessun vero
risanamento.
COSA DEVONO FARE GLI OPERAI?
Ne parliamo lunedì 16 maggio ore 20 alla presentazione del libro "Ilva la tempesta perfetta" presso la libreria Mondadori
di Taranto (via De Cesare) - dove saranno presenti il giornalista
Gianmario Leone, l'Avv. Bonetto e un exlavoratore Italsider/Ilva.
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