Ma questo, oltre che impossibile per il capitalismo, il suo governo, le sue leggi, il suo Stato, è, soprattutto nella fase odierna di aperto attacco padronale e governativo verso i lavoratori, un misero quanto inutile tentativo di deviare il movimento dei lavoratori sulla strada perdente della conciliazione tra due interessi, di classe: proletari e padroni, totalmente opposti e che devono nei fatti essere opposti.
NEI PROSSIMI GIORNI FAREMO UN COMMENTO CRITICO DI QUESTO "NUOVO STATUTO".
Oggi riportiamo la sintetica valutazione de "Il sindacato è un'altra cosa".
"Purtroppo la proposta della Cgil su un nuovo statuto dei diritti del
lavoro rappresenta l’adeguamento del sindacato alla situazione
esistente. Si accetta e si legittima l’esistenza di tipologie
contrattuali precarie nate per consentire ai padroni di non applicare i
contratti nazionali di lavoro e si accetta il mare di flessibilità che
in questi decenni si è rovesciato sulla condizione dei lavoratori e
delle lavoratrici. Si certifica così la fine della lotta alla precarietà
per l’applicazione dei contratti collettivi.
Persino sulle tutele dal licenziamento la Cgil non si propone più il
ritorno alla formula originaria dell’art.18 della legge 300 (statuto dei
diritti dei lavoratori) la più tutelante in assoluto, prima delle
manomissioni della Fornero e del Jobs Act di Renzi. In sostanza siamo
davanti ad una proposta che si pone il tema di estendere alcuni diritti
generali al mondo del lavoro subordinato e autonomo ma dentro il nuovo
regime di ricattabilita’ e precarietà.
Infine la proposta di legge e’
fondata sul Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 cioè
sulla negazione della democrazia e delle libertà sindacali e sul modello
della contrattazione di restituzione.
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