I venti di guerra spirano sempre più forti sulla Libia con probabili ricadute sui paesi confinanti in particolare Egitto e Tunisia essendo ben collegati dall'autostrada che percorre il paese lungo la costa. Mentre l'Egitto sembra voler partecipare attivamente all'impresa bellica accodandosi al carrozzone imperialista, la Tunisia si trova nella contraddizione di fare ufficialmente parte della "coalizione internazionale anti-terrorista" e di essere una semi-colonia con a capo una borghesia compradora legata a doppio filo con Francia, Italia e USA, ma a differenza dell'Egitto non può "contribuire" materialmente allo sforzo bellico, sia per l'inconsistenza del proprio esercito, sia a causa di altre priorità che in questo momento attanagliano il governo: una rivolta sociale sempre dietro l'angolo, le operazioni militari interne contro i covi dei militanti islamisti (si è appena conclusa una campagna militare durata 4 giorni a Matmata nel governatorato di Gabes contro una cellula di un gruppo affiliato ufficialmente al Daech).
Il presidente della repubblica Essebsi e il governo Essid (per voce del ministro della difesa) insistono nel dire che in caso di "eventuale" guerra
della coalizione internazionale, la Tunisia in quanto "parte interessata" dovrà essere consultata, inoltre il paese "auspica" una soluzione politica e non militare.
della coalizione internazionale, la Tunisia in quanto "parte interessata" dovrà essere consultata, inoltre il paese "auspica" una soluzione politica e non militare.
Per il ruolo che ha la Tunisia nello scacchiere internazionale (un piccolo paese subalterno all'imperialismo) tuonare serve a poco: è evidente che la "stanza dei bottoni" non coinvolgerà minimamente Tunisi all'atto di decidere come e quando iniziare l'ennesima invasione imperialista.
Inoltre la posizione del governo non nasce sicuramente da un inaspettato sentimento
anti-imperialista, bensì dalla paura che un nuovo flusso di rifugiati libici possa contribuire ad approfondire la contraddizione tra rivendicazioni popolari e politiche governative antipopolari e inoltre un aumento della pressione sul confine libico, già poroso di suo, potrebbe favorire un maggiore movimento di jihadisti in entrambe le direzioni nonchè indebolire la sorveglianza sul confine algerino dove si verificherebbe lo stesso problema.
Il governo Essid non potendo e non volendo risolvere i reali problemi sociali delle masse popolari (giusto stamattina un folto gruppo di disoccupati di Jendouba con le loro famiglie si è recato a Tunisi per un incontro ministeriale minacciando un suicidio di massa se il problema strutturale della disoccupazione non sarà risolto mentre questa settimana hanno protestato i portuali di Tunisi su cui pendono minacce di ritorsioni governative) e quindi la radice stessa del problema "terrorismo" si agita come una mosca in un bicchiere trovando "soluzioni" per lo più securitarie e liberticide delle libertà individuali e collettive (ogni giorno vengono annunciati arresti di presunti islamisti) e mettendo in piedi "difese" lungo il confine libico.
Il ministro dell'interno ieri ha annunciato giulivo che il famoso muro al confine è stato terminato in soli 4 mesi anziché in un anno, in più si stanno scavando delle trincee ed è stata annunciata la presenza di militari statunitensi e tedeschi per "supporto logistico" in quanto detentori di tecnologie di localizzazione gps per assistere l'esercito tunisino nel controllo del confine (già un mese fa era stata annunciata la presenza di militari italiani e tedeschi con lo scopo di addestrare i soldati tunisini).
Come dire, i conti tornano...
Gli stati imperialisti che hanno i principali interessi nel paese già si trovano sul campo con i propri uomini, questa è un'ulteriore conferma (che stavolta viene dalla Tunisia) oltre alle esercitazioni militari di questi giorni in Sicilia e le dichiarazioni dei governi di questi paesi, che la macchina da guerra imperialista sta riscaldando i motori.
Anche da qui urge il compito da parte dei rivoluzionari, degli anti imperialisti e dei sinceri democratici di organizzare l'opposizione a questa nuova guerra di rapina.
Tunisia, 07/02/2015
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