venerdì 12 febbraio 2016

pc 12 febbraio - SULLO SCIOPERO ILVA DEL 10 - IL COMUNICATO AGLI OPERAI DELLO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE (la patetica posizione de Usb)

Agli operai Ilva,

lo sciopero di mercoledì, che ha visto una partecipazione complessiva, secondo la stampa, di tremila operai, purtroppo non è stata una manifestazione di forza degli operai e della città, ma una manifestazione di debolezza. E non tanto e non solo perchè è mancata una grande partecipazione operaia e popolare - avere questa partecipazione oggi è difficile per tutti, gli operai sono confusi e sfiduciati, oltre che divisi tra le sigle sindacali più grosse all'interno, nonostante la loro facciata di unità, si sentono alla mercè e sotto ricatto e molti di loro fanno finta di non capire quello che sta succedendo e può succedere - ma soprattutto perchè nessuna delle forze in campo vuole perseguire innanzitutto gli interessi degli operai e della città invece di stare al gioco di ciò che padroni, governo, lo sciagurato governo Renzi, decidono sulla nostra testa.

Nessuno di costoro vuole ammettere che gli 8 decreti, fatti dopo Riva, hanno fallito tutti gli obiettivi. La fabbrica e le condizioni di lavoro sono peggiori di prima, salari, sicurezza, come è stato tragicamente confermato dalla morte di giovani operai e dagli innumerevoli incidenti e infortuni, sono peggiorati, i lavori di ambientalizzazione sono, al di là delle affermazioni e dati truccati, assolutamente insufficienti e sono continuamente rinviati i lavori essenziali anche in questo ultimo decreto. E' inutile poi dire che bonifiche, salute, sanità fuori dalla fabbrica sono allo stato pressoché iniziale, con soldi che si sono già cominciati a spendere, con commissari delle bonifiche e aziende assegnatarie dei lavori che fanno solo convegni e pubblicità.

Francamente, qui non c'è nessuna possibilità di entrare nella logica “bicchiere mezzo pieno e bicchiere mezzo vuoto”. Siamo di fronte al disastro ambientale a cui si sta aggiungendo il disastro industriale.
I sindacati confederali nazionali e locali, che finora hanno contribuito a che l'andazzo fosse questo, appoggiando tutti i decreti, tutte le scelte del governo e non sprecando neanche mezzo minuto per trattare il peggioramento in fabbrica, che hanno concesso i contratti di solidarietà senza alcuna contropartita, né sul presente né sul futuro, salvo poi elemosinare il famoso 10%, non possono ora
presentarsi come gli “oppositori”, “difensori della patria”, i “minacciatori di scioperi e lotte”. Qualsiasi operaio che abbia occhi per vedere e testa per pensare, e ce ne dovrebbero essere in fabbrica, non può che affermare con chiarezza che al disastro ambientale e al possibile disastro industriale, si aggiunge il fallimento strategico e pratico degli attuali sindacati.

Per questo, non potevamo in nessuna maniera aderire e appoggiare questo sciopero. Se una sola delle cose che scriviamo non fosse vera, noi avremmo dato il massimo sostegno, perchè bisognava pur ricominciare a lottare. Ma se sappiamo con certezza che questa strada non porta a nulla, perchè non dovremmo dirlo?
Perchè dovremmo contribuire a prendere per fessi i lavoratori, quando una questione, crediamo, ogni operaio, che ci conosce o anche che non ci conosce, ci può riconoscere: abbiamo detto sempre la verità ai lavoratori, su ogni singolo decreto, su ogni singolo fatto di questa vicenda, come l'avevamo detta prima di questa vicenda. Abbiamo sempre cercato, purtroppo non riuscendoci, di offrire un'alternativa di piattaforma, di organizzazione, di metodo di lotta, di uso della stampa, di contrasto con le istituzioni, che permettesse agli operai di pesare e di cambiare le cose in corso d'opera e non quando diventano irreparabili.
Abbiamo sempre detto che questa fabbrica non andava chiusa, perchè senza gli operai organizzati in questa fabbrica non si può salvare nessun lavoro, nessuna salute e nessun bambino. Abbiamo detto che i decreti non salvavano né fabbrica né città, ma ne peggioravano la situazione.
Abbiamo detto che serviva e serve una lotta seria e dura, bloccando fabbrica e città, per imporre un decreto operaio che metta in sicurezza i lavoratori sul piano del lavoro e del salario, che usi diversamente i soldi buttati per cassintegrazione, contratti di solidarietà, che affronti il problema del risarcimento per gli operai attraverso la riduzione massiccia degli anni di lavoro, in questa fabbrica e nella siderurgia in generale: i famosi 25 anni bastano; che si affronti, anche in termini di emergenza, la questione delle bonifiche e sanitarie, mettendoci molti più soldi, presi dal padrone, dai padroni – che strillano quando si dice che l'impianto chiuderà, ma non vogliono pagare nulla per salvarlo e soprattutto per fare la loro parte sul terreno dei fondi necessari alla bonifica e alla sanità cittadina.
Se ci fosse una piattaforma di questo tipo, sarebbe giusto e necessario scioperare non un solo giorno, ma tutti i giorni necessari ad ottenere un risultato. E gli operai possono star sicuri che le masse popolari della città sarebbero i primi ad essere al loro fianco e sarebbero i primi a voler il blocco della città, però per ottenere questi risultati.

Ora, non conta ragionare su quello che non si è fatto. Ora tutti siamo costretti a ragionare su quello che si deve fare, chiarendo però ancora una volta che cosa stanno facendo.
Primo, stanno svendendo la fabbrica o affittandola a “prezzi romani”, a padroni e multinazionali italiane ed estere che non hanno nessuna intenzione e nessuna possibilità di ambientalizzarla e di tenerla così com'è, ma di spezzettarla per tenere ciò che produce profitto e liberarsi di quello che non lo produce, per riempirla di esuberi e scaricare sulla collettività le bonifiche e i risarcimenti di fronte alla montagna di persone che ha diritto al risarcimento.

Questo piano va contrastato!
E invece ci vogliono far lottare per scegliere qual'è il padrone migliore, per poi farci trovare davanti al fatto compiuto, al prendere o lasciare, alle riduzioni salariali, alla cancellazione dei diritti, con le cosiddette “newco”, agli esuberi strutturali, i cui numeri sono grandi (e non vogliamo fare il gioco dei numeri, perchè poi ci sarà l'ignobile sindacalista di turno che dirà che è stata una grande vittoria perchè invece di 5 mila sono 4.500, ecc., come il giochetto fatto sui contratti di solidarietà).

Due sole parole qui su l'USB di Rizzo (vedi sotto nota). I balletti intorno allo sciopero Si/No, su aderire/non aderire, su Confindustria/Tavolo di Emiliano, sono semplicemente patetici, “aria fritta”, con l'insopportabile arroganza di chi pensa di essere più intelligente degli altri e si agita come una mosca nel bicchiere, con il solo risultato di alimentare la confusione di bandiere e disperdere la speranza che i lavoratori hanno pure riposto in questa sigla alternativa.

Chiarito, quindi, cosa sta facendo il nemico, noi dobbiamo comunque pensare a ciò che dobbiamo fare noi.

Un'assemblea generale che rovesci il “Tavolo” e imponga una nuova piattaforma.
Una guerra quotidiana che non accetti lo stato di cose esistenti, commissari incapaci, inosservanza di norme, condizioni di sicurezza, diritti, sancite da leggi che anche in questa fabbrica devono valere.
Aprire la fabbrica alla città, coinvolgere i quartieri popolari.
Predisporsi ad una battaglia lunga per rovesciare l'andamento delle cose.
Dare vita ad un Comitato di lotta per la salvezza del lavoro e della salute, che azzeri, anche ufficialmente, le attuali rappresentanze sindacali, tutte. Pur avendo ben chiaro che del sindacato di classe c'è bisogno, che senza sindacato gli operai non sono e non hanno nulla, e sono alla mercè di 'capibastone' e demagoghi. Ma ora la forma del sindacato non può che essere un comitato di lotta autorganizzato, che toglie il potere a chi non ha saputo usarlo, o l'ha usato solo per sé stesso e non per difendere i lavoratori.
Non vogliamo visite guidate di aspiranti padroni, senza che ci sia un decreto che imponga loro il “decreto operaio”.
Non firmiamo più nulla, facciamo saltare anche l'attuale accordo sulla solidarietà.

SLAI COBAS per il sindacato di classe Ilva Taranto


USB ILVA: prima Sì, poi No, poi Sì...

Sono state patetiche le motivazioni espresse dall'Usb e dal suo coordinatore Rizzo per la partecipazione alla manifestazione di Fim, Fiom, Uilm Ilva e indotto di ieri. 
Prima avevano deciso per il SI, in nome dell'"unità sindacale", vale a dire dell'unità con quei sindacati confederali che sono pienamente stati corresponsabili della grave situazione a cui gli operai dell'Ilva sono arrivati, sia sul fronte del silenzio complice sulla questione sicurezza e salute, ambiente, sia per la linea filoaziendale assunta dai tempi di Riva fino ad oggi, sia ora per non essersi minimamente opposti ai 9 decreti - complicità che tutti gli operai sanno bene e che era stata anche la ragione del successo del'Usb alle elezioni Rsu. Quindi, parlare di unità è ancora una volta tornare a subordinare gli interessi operai alle ragioni di avere "un posto a tavola".
Poi avevano fatto un passo indietro, dicendo NO, perchè contestavano la presenza alla manifestazione della Confindustria.
Infine, ieri stavano quasi in prima fila nel corteo, con le loro bandiere mischiate a quelle della Uilm, della Fim e perfino a quelle dell'Ugl. Motivazione di questo nuovo cambio di decisione? Che sì, stava la Confindustria con il suo presidente e gli altri padroni, ma come "privati cittadini". Della serie: ma ci fai o ci sei? Altri dll'Usb, forse per darsi un tono migliore, rispondevano: che il cambiamento era dovuto ad un problema di "strategia"... Quale?
Poi sotto la Prefettura, l'Usb, forse accorgendosi improvvisamente che Cesareo era ben visibile non come "privato cittadino" ma come presidente della Confindustria e per recuperare ha inscenato una protesta nei suoi confronti.

Il Comunicato fatto dopo la manifestazione è altrettanto patetico e imbarazzante: 
L'Usb scrive: “La manifestazione è perfettamente riuscita. Eravamo circa 3.500 persone e l’USB ha dato un contributo davvero importante”. 
Primo, i numeri sono gonfiati; secondo, non è che bisogna andare fieri di aver dato un contributo ad una manifestazione che non ha dato fasidio alcuno all'azienda, al governo, che ha trovato tutti uniti, dai padroni, al sindaco, imputato nel processo Ilva, al pres. Emiliano la cui giunta intanto approvava una proroga per le emissioni, fumo tossici, ai segretari sindacali, nelle richieste di "garanzie" generiche al governo. 
Ma, imperterrito, continua Rizzo: “Crediamo fortemente che ciò che il presidente Emiliano ha rimarcato anche oggi sia da condividere: la coesione sociale è il primo passo da fare in un territorio che ha come grande debolezza la mancanza di dialogo. Un tavolo permanente su Taranto con occhio speciale all’Ilva. Dobbiamo mettere da parte le questioni personali e fare gruppo per far sentire la voce grossa al Governo... Il bene della città viene prima di tutto”. E il bene degli operai e della popolazione più colpita di Taranto quando viene, che ancora non si vede e non si chiede con obiettivi chiari?
In nome del "mettere da parte le questioni personali e fare gruppo", a Rizzo ora non schifa niente (a parte ripetiamo qualche grido dei suoi contro Cesareo, con cui poi era allo stesso Tavolo in prefettura e non l'imbarazzerà di stare allo stesso Tavolo proposto da Emiliano); come non lo ha imbarazzato firmare i nuovi contratti di solidarietà, come non lo aveva imbarazzato dire agli operai di andare a lavorare all'Altoforno 2 dove era morto Alessandro senza che fosse stato messo in sicurezza; come non lo aveva imbarazzato revocare tempo prima uno sciopero accettando il ricatto aziendale. Sarebbero forse queste le "questioni personali"?.
Infine sempre Rizzo: "In merito alla presunta “aggressione” al presidente di Confindustria Enzo Cesareo da parte di alcuni sostenitori di USB durante la manifestazione, precisa: “Non c’è stata alcuna aggressione né verbale né fisica. Abbiamo invitato come USB ufficialmente qualche giorno fa Confindustria a non presentarsi questa mattina. Concetto ribadito anche ieri con un documento a firma delle tre sigle sindacali più noi. Ma ci hanno ignorato...". Ma questo è falso. L'unica condizione che i sindacati avevano posto alla confindustria era di non portare loro vessilli e striscioni, non di non esserci. E Rizzo lo sapeva benissimo. 

Hanno ragione, quindi, tanti operai,compresi alcuni iscritti all'Usb, dire che via via l'Usb all'Ilva sta diventando come gli altri sindacati

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