Romana Blasotti Pavesi, presidente dell’Associazione Famigliari e Vittime Amianto: mi dispiace che venga contestato il lavoro fatto dai pubblici ministeri
24/02/2015
silvana mossano
CASALE MONFERRATO
“Mi dispiace che venga contestato il lavoro fatto dai pubblici ministeri del
processo Eternit”. Il primo pensiero di Romana Blasotti Pavesi, presidente
dell’Associazione Famigliari e Vittime Amianto, all’indomani delle motivazioni
della sentenza di Cassazione, va a Raffaele Guariniello, Sara Panelli e
Gianfranco Colace, i tre pm torinesi che hanno costruito l’impianto accusatorio
contro il belga Louis de Cartier e l’industriale svizzero Stephan Schmidheiny,
accolto, se pur con interpretazioni diversificate, tanto dal gup (che firmò il
rinvio a giudizio), tanto dai giudici di primo grado, tanto da quelli della
Corte d’Appello, che condannarono il solo Shmidheiny (nel frattempo, il barone
belga era deceduto) a diciotto anni di reclusione per disastro doloso
ambientale. Condanna che la Corte di Cassazione ha annullato perché ritenuta
prescritta.
Insiste Romana Blasotti Pavesi: “Ho sentito che vengono mosse accuse ai pm che avrebbero sbagliato. Non sono certo in grado di giudicare le questioni di diritto, ma so che Guariniello, Panelli e Colace quel che hanno fatto, l’hanno fatto con convinzione e con intelligenza. E anche con passione e grande umanità. Eravamo là, li abbiamo visti e abbiamo visto qual era il loro impegno. Io non posso che difenderli e stare dalla loro parte”.
Per la Romana la sentenza di Cassazione, che ha estinto il reato contestato a Schmidheiny per intervenuta prescrizione, era già stato uno choc nella tarda sera del 19 novembre scorso, quando fu pronunciato il verdetto. Uno sconcerto che non l’ha piegata, ma sicuramente molto provata tanto che ha preso la decisione di dimettersi da presidente dell’Afeva (lo rimane, ora, fino a che non ci sarà la nuova nomina; e potrebbe, comunque, conservare il ruolo di presidente d’onore).
Ieri, dopo l’uscita delle motivazioni della Suprema Corte, il dolore si è rinfocolato. Non è una donna con competenze giuridiche, ma è donna di grande buon senso. È da lì che scaturisce il suo dire: “La sensazione che provo è questa: i giudici romani hanno tenuto conto dei diritti dell’imputato (che per me, per tutto quello che ho ascoltato sul suo modo d’agire, è e resta un criminale), ma non di quelli delle vittime. Ecco, le vittime che ci sono state, e quelle che ci sono ancora, sono state dimenticate. Mi sembra che per i nostri morti non ci sia stato abbastanza rispetto”.
Insiste Romana Blasotti Pavesi: “Ho sentito che vengono mosse accuse ai pm che avrebbero sbagliato. Non sono certo in grado di giudicare le questioni di diritto, ma so che Guariniello, Panelli e Colace quel che hanno fatto, l’hanno fatto con convinzione e con intelligenza. E anche con passione e grande umanità. Eravamo là, li abbiamo visti e abbiamo visto qual era il loro impegno. Io non posso che difenderli e stare dalla loro parte”.
Per la Romana la sentenza di Cassazione, che ha estinto il reato contestato a Schmidheiny per intervenuta prescrizione, era già stato uno choc nella tarda sera del 19 novembre scorso, quando fu pronunciato il verdetto. Uno sconcerto che non l’ha piegata, ma sicuramente molto provata tanto che ha preso la decisione di dimettersi da presidente dell’Afeva (lo rimane, ora, fino a che non ci sarà la nuova nomina; e potrebbe, comunque, conservare il ruolo di presidente d’onore).
Ieri, dopo l’uscita delle motivazioni della Suprema Corte, il dolore si è rinfocolato. Non è una donna con competenze giuridiche, ma è donna di grande buon senso. È da lì che scaturisce il suo dire: “La sensazione che provo è questa: i giudici romani hanno tenuto conto dei diritti dell’imputato (che per me, per tutto quello che ho ascoltato sul suo modo d’agire, è e resta un criminale), ma non di quelli delle vittime. Ecco, le vittime che ci sono state, e quelle che ci sono ancora, sono state dimenticate. Mi sembra che per i nostri morti non ci sia stato abbastanza rispetto”.
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