Si potrebbe dire che sembra la scoperta dell’acqua calda,
dato che questo tipo di statistiche si ripropongono periodicamente in tutti i
campi della vita. Dovrebbe saltare agli occhi, quindi, che dire i “cittadini in
condizioni di svantaggio sociale” come dice il dottor Costa, significa parlare
di una classe, quella che non ha accesso al benessere, appunto, significa che non
“siamo tutti nella stessa barca” e frasi del genere, ma cercare di coprire con le parole che si
tratta della differenza tra le classi, che esistono le classi e che in questa
società divisa in classi non si possono risolvere davvero i “problemi” senza
abolire le classi…
La salute non è uguale per tutti. Nonostante la nostra Costituzione
riconosca la tutela della salute come diritto
universale, nei fatti le differenze sociali ed economiche influenzano il benessere psicofisico delle persone e possono portare la stessa malattia a esiti molto diversi. «Numerosi studi hanno dimostrato che i cittadini in condizioni di svantaggio sociale tendono ad ammalarsi di più, a guarire di meno, a perdere l’autosufficienza e a morire prima» spiega I'epidemiologo Giuseppe Costa, dell'Università di Torino, che ha coordinato i lavori per la stesura del libro bianco Equità nella salute. «In altri termini» aggiunge «esiste un gap fra soggetti più o meno abbienti che si traduce, in Italia, in una riduzione di cinque-sette anni nella speranza di vita».
universale, nei fatti le differenze sociali ed economiche influenzano il benessere psicofisico delle persone e possono portare la stessa malattia a esiti molto diversi. «Numerosi studi hanno dimostrato che i cittadini in condizioni di svantaggio sociale tendono ad ammalarsi di più, a guarire di meno, a perdere l’autosufficienza e a morire prima» spiega I'epidemiologo Giuseppe Costa, dell'Università di Torino, che ha coordinato i lavori per la stesura del libro bianco Equità nella salute. «In altri termini» aggiunge «esiste un gap fra soggetti più o meno abbienti che si traduce, in Italia, in una riduzione di cinque-sette anni nella speranza di vita».
Il libro bianco evidenzia che le diseguaglianze sono
ovunque, anche se più diffuse nelle regioni del Sud Italia, e producono effetti
su quasi tutte le malattie: «le più sensibili alle differenze di ceto, reddito
e istruzione sono però quelle legate alle dipendenze da alcol, droga, fumo, al
sovrappeso e all'ipertensione. E poi il diabete, alcune malattie cardiovascolari
e alcuni tumori, per esempio quelli a laringe e polmone».
Secondo Eurostat, le persone a rischio di povertà o
esclusione sociale in Italia, nel 2013, hanno raggiunto il 28,4 per cento della
popolazione. E sono le più vulnerabili perché hanno maggiori probabilità di essere
esposte ad alcuni fattori di rischio. «Sia ambientali, come inquinamento,
qualità dell'aria, rumore, sia comportamentali, come sedentarietà, cattiva alimentazione,
abuso di alcol, sesso non protetto» dice Costa. «In generale, inoltre, povertà
materiale e povertà di reti di aiuto, disoccupazione o lavoro poco qualificato e
basso titolo di studio sono fattori, spesso correlati l'un l'altro, che minacciano
la salute degli individui". A mano a mano che si risale lungo la scala
sociale la salute media migliora. «Tanto che, se con un colpo di bacchetta
magica si potessero eliminare le disuguaglianze sociali, si potrebbe ridurre di
circa il 10 per cento la mortalità fra le donne e del 25 per cento fra gli
uomini”
Per una volta però l'Italia non è fanalino di coda: l'intensità
delle disuguaglianze di salute è meno marcata da noi che nel resto d'Europa,
«perché il nostro sistema sanitario, per sua natura universalistico, consente
di affrontare meglio che altrove le situazioni di emarginazione e disagio, e
perché abbiamo un'altra risorsa: la dieta mediterranea». La cattiva alimentazione
aumenta notevolmente il rischio cardiovascolare e quello di alcuni tumori, «e
in Italia ricchi e poveri consumano più olio che burro e mangiano più o meno
tutti pasta, frutta e verdure». Ciò non toglie, dice Costa, che la politica
dovrebbe impegnarsi di più per contrastare gli stili di vita insalubri, migliorare
i luoghi dove la gente vive e lavora, garantire un accesso ancora più equo ai servizi
sanitari e investire in politiche sociali.
“Bisognerebbe, per esempio, promuovere le visite domiciliari
in occasione della nascita di un figlio: l’homevisiting rappresenta un intervento
a basso costo ed efficace nell'identificare precocemente i problemi di salute
del bambino, che guarda caso sono più concentrati nelle famiglie a basso reddito.
Questo consentirebbe di pianificare una serie di interventi di supporto
integrando I'attività di consultori, pediatri e assistenti sociali. E darebbe
risultati importanti: una parte significativa delle diseguaglianze di salute
nasce dalle condizioni di svantaggio nei primi anni di vita”
Il venerdì 9/1/15
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