Secondo questa interpretazione della legge il disastro ambientale è quasi sempre prescritto! Lesioni e omicidi non sono sufficienti per definire quello che è avvenuto per l'Eternit come non sono per il processo ILVA a Taranto. Si attacca Guariniello, ma anche le successive sentenze per 'riscrivere di fatto' questi processi, sostituendosi ai fatti reali con cavilli giuridici per dire che quel processo pur trattando di fatti giusti non si doveva fare...
La verità è che ci sono lesioni e omicidi e c'è stato disastro ambientale era ed è giusto processare per l'insieme dei fatti avvenuti se si voleva fare 'giustizia' e risarcire le vittime sia pure nei limiti del diritto borghese, che è comunque sempre insufficiente per punire 'i colpevoli'.
Non si dovevano processare per quei reati, perchè la condanna era troppo bassa (?)
Bene fa Guariniello ad aprire un nuovo processo, ma è chiaro che l'assist dato dalla Cassazione è tale che anche il nuovo processo e a rischio.
La posizione della Rete nazionale del 20 novembre - La sentenza Eternit richiede un cambiamento radicale della battaglia su questo fronte, e uno dei terreni su cui esercitarla è 'la madre di tutti i processi ' il processo di Taranto a Padron Riva e complici
La sentenza Eternit dice che il
reato di disastro ambientale “non è perseguibile”; così come
alla fine con la stessa logica non sono perseguibili le stragi,
gli assassini sul lavoro ecc..
I governi dei padroni, oggi
Renzi, con pacchetti di legge rimuovono via via anche l'obbligo
dell'osservanza delle norme di sicurezza.
La Rete nazionale per la
sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territorio, ha sempre
cercato di essere avanguardia e sostegno di tutti coloro che hanno
richiesto giustizia, risarcimenti nei processi, ma ha sempre detto,
fin dal primo giorno in cui è nata, che lo Stato del capitale, i
suoi Tribunali e i suoi giudici - anche quelli più impegnati e
volenterosi - non erano in grado di dare giustizia e che quindi
i Tribunali non potevano essere teatro di semplice contesa legale, ma
occasione di denuncia e scontro, uno dei terreni, non il principale,
della lotta di classe; perchè solo una rivoluzione politica e di
massa poteva e può mettere fine ad un sistema che mette il profitto
al primo posto ai danni della vita degli operai, delle popolazioni
nei territori.
Questa battaglia alla luce di
questo processo va ripresa esplicitamente dalla fine e per questo
fine.
Lavorare perchè anche
i tribunali siano terreno di scontro tra masse e Stato, lavorare
perchè ogni processo diventi un processo popolare, lavorare perchè
ogni occasione come questa dell'Eternit serva il lavoro per la
rivoluzione.
Il processo Eternit quindi è e
deve essere uno spartiacque.
Alle forze che hanno guardato alla Rete facciamo appello ad entrare in questa nuova logica, affinchè si costruisca insieme questa nuova fase della battaglia.
Alle forze che hanno guardato alla Rete facciamo appello ad entrare in questa nuova logica, affinchè si costruisca insieme questa nuova fase della battaglia.
Per condurre adeguatamente
questa battaglia occorre anche scegliere il terreno su cui questo
costituisca un fatto reale e un nuovo segnale.
E' evidente a tutti
che il processo a Padron Riva e complici a Taranto è una sorta di
“madre” di tutti i processi di questo genere e che la sentenza
Eternit è un'indicazione che lo Stato dei padroni, attraverso la
Cassazione, dà a tutti i processi di questo genere e al processo
Ilva in particolare.
Come quindi affrontiamo questo
processo, che non è certo una questione che si limita a Taranto, nè
tantomeno una questione dei 'compagni di Taranto'?
Serve la mobilitazione
nazionale intorno a questo processo.
Ma questa mobilitazione non può essere come quella che già c'è stata, pur ampia, per l'Eternit, né nei metodi né nei contenuti.
Ma questa mobilitazione non può essere come quella che già c'è stata, pur ampia, per l'Eternit, né nei metodi né nei contenuti.
Cosa ha scritto la stampa di oggi
Eternit, la Cassazione: "Imputazione errata, tutto prescritto già prima del processo"
Depositate le motivazioni della sentenza con cui la Suprema Corte ha annullato a novembre la condanna di Schmidheiny per disastro ambientale e i risarcimenti per la strage dell'amianto.
Il processo torinese sul disastro dell'Eternit è nato con un'imputazione sbagliata che lo ha portato a chiudersi con la cancellazione di condanne e risarcimenti. Quel processo era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell'imputato, l'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, che sarebbe dovuto essere accusato di lesioni e omicidi anziché del reato di disastro ambientale doloso. Lo afferma la Cassazione nelle motivazioni, depositate oggi, del verdetto di prescrizione che lo scorso 19 novembre ha, tra l'altro, annullato i risarcimenti alle vittime. Argomenti che contengono una critica significativa all'impostazione data dalla Procura di Torino e accolta prima dal tribunale e poi dalla Corte d'appello.
Ad avviso della Cassazione "a far data dall'agosto dell'anno 1993" era ormai acclarato l'effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell'anno, era stata "definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti". "E da tale data - prosegue il verdetto - a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti" per "la maturazione della prescrizione in base alla legge 251 del 2005".
La conseguenza è che, "per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di primo grado", cadono "tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni". E' la conclusione della Corte che, con la sentenza che chiude il procedimento per disastro ambientale, ha ribaltato il giudizio della Corte d'appello. "Il Tribunale - spiega infatti la Cassazione - ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del reato, la Corte di Appello ha inopinatamente aggiunto all'evento costitutivo del disastro eventi rispetto ad esso estranei ed ulteriori, quali quelli delle malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti di lesioni e di omicidio".
Per gli ermellini l'imputazione di disastro a carico di Schmidheiny non era la più adatta da applicare dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione. In pratica, scrivono i giudici, "colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverossia, in sostanza, una strage" verrebbe punito con solo 12 anni di carcere e questo è "insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso".
Proprio nei giorni in cui la Cassazione pronunciava la sua controversa sentenza, il procuratore torinese Raffaele Guariniello ha chiuso il filone d'inchiesta per il reato di omicidio volontario con dolo eventuale in relazione alla strage di lavoratori e abitanti di Casale causata dalle polveri d'amianto, firmando proprio oggi la richiesta di rinvio a giudizio. Un fascicolo che riguarda la morte di 258 persone decedute tre il 1989 e il 2014 e che ha già aperto una controversia con la difesa del magnate svizzero, secondo cui si tratterebbe di un caso di doppio giudizio che contravviene al principio giuridico del "ne bis in idem", in virtù del quale non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto.
LA STAMPA ALESSANDRIA
Eternit Casale, Guariniello tenta un nuovo processo: stavolta per omicidio volontario aggravato
Stephan Schmidheiny, dopo che la Cassazione ha
sentenziato la prescrizione per strage ambientale, è finito ancora nel mirino
della procura di Torino che ne chiede un nuovo rinvio a giudizio
Una delle manifestazioni di protesta a
Casale
23/02/2015
casale monferrato
Secondo l’accusa, portata avanti da Guariniello stesso e dal collega Gianfranco Colace, Schmidheiny, «nonostante sapesse della pericolosità dell’amianto», avrebbe «somministrato comunque fibre della sostanza». Le aggravanti ipotizzate sono quelle dei motivi abietti, la volontà di profitto e del mezzo insidioso, l’amianto. Solo 66 delle vittime sono ex lavoratori degli stabilimenti Eternit di Casale e Cavagnolo (Torino), tutti gli altri sono residenti in quelle zone.
Eternit, altra beffa al processo sulle morti da amianto: la Cassazione cancella i risarcimenti
Le motivazioni del verdetto della Suprema
corte: “Per effetto della constatazione della prescrizione del reato,
intervenuta anteriormente alla sentenza di primo grado”, cadono “tutte le
questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei
danni”
23/02/2015
Il processo torinese per le morti da amianto era prescritto prima ancora del
rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero Schmideiny: lo sottolinea la
Cassazione nelle motivazioni, depositate oggi, del verdetto di prescrizione che
lo scorso 19 novembre ha tra l’altro annullato i risarcimenti alle vittime. Ad
avviso della Cassazione «a far data dall’agosto dell’anno 1993» era ormai
acclarato l’effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in
quell’anno, era stata «definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici
di provvedere alla bonifica dei siti». «E da tale data - prosegue il verdetto -
a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado
(13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti» per «la maturazione
della prescrizione in base alla legge 251 del 2005». Secondo la Cassazione, «il
Tribunale ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del
reato, la Corte di Appello ha inopinatamente aggiunto all’evento costitutivo del
disastro eventi rispetto ad esso estranei ed ulteriori, quali quelli delle
malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti di lesioni e di
omicidio».
«Per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di primo grado», cadono «tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni», scrive la Cassazione.
Ad avviso della Cassazione l’imputazione di disastro a carico dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny non era la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione. In pratica «colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage» verrebbe punito con solo 12 anni di carcere e questo è «insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso», aggiunge la Suprema Corte.
ALESSANDRIA NEWS
«Per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di primo grado», cadono «tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni», scrive la Cassazione.
Ad avviso della Cassazione l’imputazione di disastro a carico dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny non era la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione. In pratica «colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage» verrebbe punito con solo 12 anni di carcere e questo è «insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso», aggiunge la Suprema Corte.
ALESSANDRIA NEWS
Eternit: le motivazioni del verdetto della Cassazione
"Il processo torinese per le morti da amianto era
prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell'imprenditore svizzero
Schmideiny". Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi, 23
febbraio. Il sindaco di Casale Monferrato: "Ora si lavori per introdurre il
nuovo reato di disastro ambientale"
CASALE MONFERRATO - 18:45 Il sindaco Palazzetti:
"occorre introdurre il nuovo reato di disastro ambientale"
"Urgente approvare la modifica al Codice Penale
per i disastri ambientali". Questo è il commento del sindaco di Casale
Monferrato, Titti Palazzetti, alla pubblicazione delle motivazioni della
sentenza della Cassazione sul processo Eternit. "Prendiamo atto delle
motivazioni, che comunque erano già contenute nella sentenza letta lo scorso
novembre, ma rimane la nostra convinzione che il diritto può fare giustizia; la
Corte di Cassazione aveva tutti i margini per confermare le pene previste nei
primi due gradi di giudizio". Ma il sindaco Titti Palazzetti, come all'indomani
della sentenza, pensa al futuro: "il nostro compito, ora, è insistere
affinché il Parlamento dia corso, così come mi è stato assicurato dai presidenti
del Senato e della Camera, al disegno di legge sul nuovo reato di disastro
ambientale: non possiamo continuare ad avvalerci di leggi e codici degli anni
Trenta del secolo scorso. Nel frattempo il mondo è cambiato e non è più
sostenibile accettare che ci siano persone e aziende che inquinano e che possano
andarsene indisturbate: chi inquina deve pagare, sia i danni ambientali sia i
danni alla popolazione. È una battaglia non solo per Casale Monferrato, ma anche
per Taranto, Augusta, la Terra dei fuochi e tutte quelle zone d'Italia colpite
nel profondo dai disastri ambientali perpetrati con disinvoltura nei decenni".
E sul versante giudiziario, "la città di Casale Monferrato proseguirà nell'appoggiare i cittadini, Raffaele Guariniello e le associazioni dei familiari vittime amianto, e in particolare l'Afeva, nelle battaglie giudiziarie, a partire dal processo cosiddetto Eternit bis. Non lasceremo soli chi ha pagato il prezzo più alto da questa triste vicenda".
E per concludere, il sindaco Titti Palazzetti ha voluto ricordare quanto già affermato pochi giorni fa, all'indomani della firma del decreto della Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'Ambiente per lo stanziamento di oltre 64 milioni di euro per la bonifica dall'amianto. "Dopo la sentenza shock della Cassazione, Casale Monferrato e i comuni del territorio non si sono arresi e hanno combattuto, con ancora più determinazione e fermezza, per avere giustizia. La città ha pagato un prezzo troppo alto in questi anni. Una risposta, chiara e concreta, era necessaria e il Governo ce l'ha data. Sono ancora molte le questioni da affrontare sul tema amianto, a partire dalla ricerca e dalle cure per i malati, ma poter attuare la bonifica totale del territorio è un traguardo importante e fondamentale. Sarà la nostra priorità e ci impegneremo con tutte le nostre energie per raggiungerlo".
E sul versante giudiziario, "la città di Casale Monferrato proseguirà nell'appoggiare i cittadini, Raffaele Guariniello e le associazioni dei familiari vittime amianto, e in particolare l'Afeva, nelle battaglie giudiziarie, a partire dal processo cosiddetto Eternit bis. Non lasceremo soli chi ha pagato il prezzo più alto da questa triste vicenda".
E per concludere, il sindaco Titti Palazzetti ha voluto ricordare quanto già affermato pochi giorni fa, all'indomani della firma del decreto della Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'Ambiente per lo stanziamento di oltre 64 milioni di euro per la bonifica dall'amianto. "Dopo la sentenza shock della Cassazione, Casale Monferrato e i comuni del territorio non si sono arresi e hanno combattuto, con ancora più determinazione e fermezza, per avere giustizia. La città ha pagato un prezzo troppo alto in questi anni. Una risposta, chiara e concreta, era necessaria e il Governo ce l'ha data. Sono ancora molte le questioni da affrontare sul tema amianto, a partire dalla ricerca e dalle cure per i malati, ma poter attuare la bonifica totale del territorio è un traguardo importante e fondamentale. Sarà la nostra priorità e ci impegneremo con tutte le nostre energie per raggiungerlo".
Ecco la notizia
che riporta l'agenzia di stampa Ansa.
"Il
Tribunale ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del
reato, la Corte di Appello ha inopinatamente aggiunto all'evento costitutivo del
disastro eventi rispetto ad esso estranei ed ulteriori, quali quelli delle
malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti di lesioni e di
omicidio".
Ad avviso della Cassazione l'imputazione di disastro a carico dell'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny non era la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione. Lo scrivono i supremi giudici nel verdetto Eternit. In pratica "colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage" verrebbe punito con solo 12 anni di carcere e questo è "insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso", aggiunge la Suprema Corte.
Secondo la Cassazione "a far data dall'agosto dell'anno 1993" era ormai acclarato l'effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell'anno, era stata "definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti". "E da tale data - prosegue il verdetto - a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti" per "la maturazione della prescrizione in base alla legge 251 del 2005".
"Per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di I grado", cadono "tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni". Lo scrive la Cassazione.
Ad avviso della Cassazione l'imputazione di disastro a carico dell'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny non era la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione. Lo scrivono i supremi giudici nel verdetto Eternit. In pratica "colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage" verrebbe punito con solo 12 anni di carcere e questo è "insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso", aggiunge la Suprema Corte.
Secondo la Cassazione "a far data dall'agosto dell'anno 1993" era ormai acclarato l'effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell'anno, era stata "definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti". "E da tale data - prosegue il verdetto - a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti" per "la maturazione della prescrizione in base alla legge 251 del 2005".
"Per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di I grado", cadono "tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni". Lo scrive la Cassazione.
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