Rapporto: dal 2000
l’occupazione israeliana ha ucciso 29 giornalisti palestinesi
(26 Luglio
2014)
Ramallah-Quds
Press. Il
sindacato dei giornalisti palestinesi ha attribuito la piena responsabilità per
la morte del cronista ‘Abd al-Rahman Abou Hein (23 anni) alla comunità
internazionale, in particolare all’ONU ed alle sue organizzazioni. Nella
giornata di mercoledì l’occupazione ha bombardato la casa del giovane, sita nel
quartiere di al-Shuja’iyya a Gaza, uccidendone anche il nonno ed il fratello.
In un comunicato ricevuto da Quds Press giovedì 24/07, il sindacato ha spiegato come “il silenzio che grava sui crimini commessi dall’occupazione e sulle deliberate aggressioni sferrate ai danni dei giornalisti, così come il disinteresse più sfacciato di cui è fatta oggetto la necessità di maggiore protezione degli stessi, costituiscano, di fatto, una vera e propria associazione a delinquere”.
Il comunicato precisa poi che “nonostante il sindacato, nei giorni scorsi, abbia più volte sollecitato la comunità internazionale segnalando l’assoluta necessità di un incremento del livello di protezione per i giornalisti attivi nei territori palestinesi, ogni appello è risultato inefficace: nessuna presa di posizione, nessuna assunzione di responsabilità, persino nessun atto di condanna”.
Il sindacato organizzò anche un sit-in proprio di fronte alla sede delle Nazioni Unite, consegnando una lettera al commissario per i Diritti Umani. Tale manifestazione venne indetta il decimo giorno del mese corrente, non appena si diffuse la notizia che i caccia israeliani avevano colpito un’auto della stampa (sulla quale campeggiava in piena evidenza l’insegna dell’emittente “Media 24”), uccidendo il cronista Hamid Shihab.
Il ventesimo giorno di questo mese è morto un altro giornalista, Khaled Ahmad. Prima e dopo la sua uccisione, il sindacato ha per ben tre volte fatto appello sia all’ONU che alla Croce Rossa Internazionale che alle varie organizzazioni umanitarie cercando di sensibilizzarle al fine di garantire maggiore protezione ai cronisti.
Il comunicato sottolinea infine che “con la morte di Abou Hwin il numero di cronisti rimasti vittime dell’occupazione dal 2000 ad oggi è salito a 29. Tale dato dimostra come contro i giornalisti sia in atto una politica criminale e sistematica, tesa a far tacere la voce palestinese in modo da impedire alla verità di raggiungere l’opinione pubblica internazionale”.
Traduzione di Giuliano Stefanoni
In un comunicato ricevuto da Quds Press giovedì 24/07, il sindacato ha spiegato come “il silenzio che grava sui crimini commessi dall’occupazione e sulle deliberate aggressioni sferrate ai danni dei giornalisti, così come il disinteresse più sfacciato di cui è fatta oggetto la necessità di maggiore protezione degli stessi, costituiscano, di fatto, una vera e propria associazione a delinquere”.
Il comunicato precisa poi che “nonostante il sindacato, nei giorni scorsi, abbia più volte sollecitato la comunità internazionale segnalando l’assoluta necessità di un incremento del livello di protezione per i giornalisti attivi nei territori palestinesi, ogni appello è risultato inefficace: nessuna presa di posizione, nessuna assunzione di responsabilità, persino nessun atto di condanna”.
Il sindacato organizzò anche un sit-in proprio di fronte alla sede delle Nazioni Unite, consegnando una lettera al commissario per i Diritti Umani. Tale manifestazione venne indetta il decimo giorno del mese corrente, non appena si diffuse la notizia che i caccia israeliani avevano colpito un’auto della stampa (sulla quale campeggiava in piena evidenza l’insegna dell’emittente “Media 24”), uccidendo il cronista Hamid Shihab.
Il ventesimo giorno di questo mese è morto un altro giornalista, Khaled Ahmad. Prima e dopo la sua uccisione, il sindacato ha per ben tre volte fatto appello sia all’ONU che alla Croce Rossa Internazionale che alle varie organizzazioni umanitarie cercando di sensibilizzarle al fine di garantire maggiore protezione ai cronisti.
Il comunicato sottolinea infine che “con la morte di Abou Hwin il numero di cronisti rimasti vittime dell’occupazione dal 2000 ad oggi è salito a 29. Tale dato dimostra come contro i giornalisti sia in atto una politica criminale e sistematica, tesa a far tacere la voce palestinese in modo da impedire alla verità di raggiungere l’opinione pubblica internazionale”.
Traduzione di Giuliano Stefanoni
InfoPal
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