Il miracolo della Fincantieri è di fatto il solito miracolo dell'economica
capitalistica, quando c'è la crisi si licenzia, si ristruttura e soprattutto i
grandi comprano a buon prezzo quello che sul mercato sta per fallire o è già
fallito. E dopo un certo tempo in cui si distrugge ciò che è stato prodotto si
comincia a ricostruire. E la Fincantieri è da manuale in questo caso.
Nell'ultima intervista al suo amministratore delegato Bono c'è tutto il vanto,
immeritato, di chi dice di essere stato troppo bravo in questi due ultimi anni:
"Ci davano per spacciati ma abbiamo condotto una ristrutturazione nel
periodo peggiore della crisi. Ora siamo efficienti e competitivi, abbiamo
diversificato e per i prossimi anni non abbiamo problemi di ordinativi."
A questo punto si deve pensare che adesso che
"Fincantieri naviga da sola", come titola La Repubblica, si può
riprendere il lavoro meglio e più di prima per tutti gli stabilimenti e con
tutti gli operai. E invece no! A questo punto invece l'amministratore Bono dice
che l'azienda è pronta per "andare in Borsa"! che è il primo passo
oggettivo per vendere l'azienda, cosa che rientra pienamente nei piani attuali
del governo Letta.
D'altronde, quella della vendita non è una novità dato che, come ricorda il giornalista
"Fincantieri ha fatto le prove generali per la “privatizzazione” nel
lontano 2007, poi fu inchiodata sulla linea di partenza dall’opposizione
frontale della Fiom, che persuase il governo a mettere in stand-by
l’operazione, e il resto poi lo ha fatto l’arrivo della crisi."
A parte il fatto che la Fiom non inchioda proprio più
nessuno, proprio l'arrivo della crisi dimostra che la Fincantieri comunque aveva
torto e la bravura di Bono è andata a farsi benedire! Ma l'ad è sicuro di sé e dice
infatti che a differenza della volta precedente: «Non mi aspetto la rivolta che
ci fu allora, che non solo non auspico ma anzi stigmatizzo. Le condizioni
politiche sono cambiate, penso che le barricate siano da respingere e che un
sindacato sempre in difesa dello status quo non faccia l’interesse dei
lavoratori, condannando l’azienda all’immobilismo e al declino. Il sindacato
dovrebbe essere preoccupato che ci sia lavoro, non che lo Stato sia l’unico
padrone." Bono non può non sapere che la Fincantieri si è
"salvata" proprio perché il padrone è lo Stato! Come tutte le grandi
banche e le aziende "troppo grandi per fallire", come dicono gli
americani.
Ma a quale prezzo l'azienda è stata risanata? Il signor Bono
questo non lo dice e Letta fa finta di non sapere di questa "…sorta di
miracolo all’italiana, dato che appena 2-3 anni fa l’azienda sembrava sul
ciglio del fallimento". Il prezzo del risanamento è stato pagato e viene
ancora pagato dagli operai con i licenziamenti mascherati, con la cassa
integrazione continua, con l'abbandono di fatto di alcuni cantieri come quello
di Palermo e Castellammare di Stabia e la possibilità di perdere il lavoro per
sempre. E cioè ancora con la distruzione della vita degli operai e degli
impianti produttivi!
L'entusiasmo espresso adesso da Bono è da attribuire,
secondo lui, alla soluzione dei "problemi" esistenti nel 2007: "sovracapacità
produttiva, eccesso di impianti in Italia, alcuni inefficienti per tecnologie,
dislocazioni, conformazione delle aree, scarsa produttività per addetto."
Ma poi "… sono intervenuti due fatti: il nuovo piano industriale e
relativo assetto organizzativo per l'Italia (con 1.700 esuberi, già realizzato,
senza alcun licenziamento, per circa il 60%), e l'apertura del fronte
internazionale, con acquisizioni nel segno della diversificazione del
catalogo."
Gli acquisti sul mercato sono stati la"Marinette negli
Stati Uniti, specializzata nella progettazione e costruzione di navi sia
mercantili che militari per la US Navy e la Guardia Costiera, e da ultimo
quest’anno la STX OSV, ribattezzata Vard, società norvegese quotata alla Borsa
di Singapore, leader mondiale nella costruzione di mezzi di supporto alle
attività di estrazione di petrolio e gas naturale. E per via di questo processo
Fincantieri oggi è il campione della cantieristica occidentale e dispone di
impianti, oltre che in Italia, Stati Uniti e Norvegia, anche in Brasile,
Romania, Emirati Arabi e Vietnam. Un gruppo a suo modo unico al mondo, perché
nessuno dei competitor ha un portafoglio prodotti altrettanto ampio."
Questo "portafoglio ordini" e cioè la richiesta di
costruzione di nuove navi è tornato ai livelli del 2008, a più di 10 miliardi
di euro. Cosa che permetterà che "Anche il bilancio 2013 chiuderà in
utile." Perché "Noi abbiamo la caratteristica – ribatte Bono – di
essere presenti in settori che tutti gli analisti considerano in crescita, come
quello delle crociere, che sviluppa grossi volumi ma assicura margini ridotti,
oil&gas, componentistica e la parte navale del militare." E la cosa si
fa ancora più interessante visto "… che tra qualche anno, quando anche in
Asia ci sarà una esplosione delle crociere, noi 2-3 navi all’anno per i
cantieri italiani ce le ritaglieremo sempre".
"2-3 navi all'anno per i cantieri italiani!" Tutto
questo ben di dio e questo entusiasmo, che vengono confermati dall'ultima
commessa per "due nuove unità da crociera extralusso destinate alla
compagnia Viking Cruises", fanno a pugni con la realtà degli operai dei
vari cantieri che sono in cassa integrazione oramai infinita e sono costretti a
protestare spesso con manifestazioni di piazza.
E in particolare gli operai dello stabilimento di Palermo
non vedono una nave da costruire da anni! E invece sempre e solo cassa
integrazione e piccole commesse di manutenzione, per questo hanno manifestato qualche
giorno fa contro Crocetta e anche perché non viene mantenuto l'impegno, preso
oramai da anni, della Regione Siciliana per la costruzione di un nuovo bacino
di carenaggio da 100mila tonnellate che dovrebbe sostituire quelli da 150mila e
da 50mila che sono stati fatti marcire e sono sottoposti a tentativi di riparazione.
da:
Il sole24ore 17dicembre 13
La Repubblica 16 dicembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento