sciopero generale dei
lavoratori dell'India del 20-21 febbraio
l'appello del Fronte Democratico Rivoluzionario RDF [Revolutionary Democratic Front]
Partecipiamo allo sciopero generale dei lavoratori
dell'India del 20 e 21 febbraio, 2013!
Il Fronte Democratico Rivoluzionario (RDF) estende
la sua solidarietà ai lavoratori dell'india che entreranno in sciopero generale
per due giorni, il 20 e 21 febbraio.
Dato che tutti i principali centri sindacali
affiliati ai vari partiti della classe dominante del paese si sono riuniti per
indire questo sciopero a causa della pressione delle masse lavoratrici, anche le
organizzazioni sindacali rivoluzionarie e militanti hanno separatamente fatto un
appello allo sciopero per questi due giorni.
Questo sciopero è un'opportunità per i lavoratori
dei diversi settori delle regioni e dell'economia per unirsi ed evidenziare i
problemi scottanti delle loro comuni preoccupazioni, che richiedono una urgente
risistemazione. Tutte le organizzazioni e individui progressisti, democratici e
favorevoli al popolo del paese così come i contadini, gli studenti, gli
insegnanti, gli intellettuali, dipendenti del governo e dipendenti privati,
hanno bisogno di essere solidali con i lavoratori in sciopero nella lotta per
realizzare le loro giuste e fondamentali richieste. L'appello allo sciopero
arriva in un momento in cui l'economia mondiale imperialista sta attraversando
la peggiore crisi dopo la Grande Depressione degli anni '30.
E' venuta pienamente in luce la contraddizione
intrinseca dell'economia capitalistica tra
produzione socializzata e profitto privatizzato,
che porta alla sovrapproduzione su vasta scala, la distruzione senza precedenti
delle forze produttive, alti livelli di disoccupazione, l'inflazione galoppante
e l'impoverimento di massa. Il collasso dell'economia imperialista è stato
evitato quando il capitale finanziario monopolistico ha fatto ricorso al
fascismo in Europa e attraverso la massiccia militarizzazione e spesa nella
seconda guerra mondiale, che è stata il risultato diretto della crisi del
capitalismo.
Durante questo periodo, i risultati che il
movimento operaio internazionale aveva ottenuto in forma di diritti dei
lavoratori in decenni di terribili lotte sono stati quasi azzerati. Nel periodo
post-bellico, una ripresa delle lotte delle masse lavoratrici e lo spettro del
comunismo e i movimenti di liberazione nazionale hanno costretto i governi nei
paesi imperialisti, borghesi e semi-coloniali a riconoscere i diritti dei
lavoratori sotto la veste di "economia del benessere" [welfare state].
Il cosiddetto socialismo di Nehru adottato dalle
classi dominanti feudali e compradore in India non era altro che un tentativo di
nascondere la loro continua sottomissione all'imperialismo con una nuova
maschera. Dopo il trasferimento di poteri e la vergognosa dichiarazione di
indipendenza nel 1947, lo Stato indiano si è limitato a portare avanti
l'approccio dei dominatori coloniali britannici nei confronti dei lavoratori -
riconoscendo nominalmente alcuni dei loro diritti in risposta ai movimenti di
classe militanti dei lavoratori - ma in realtà facilitando lo sfruttamento
sfrenato degli operai da parte dei grandi capitalisti nazionali ed esteri. la
borghesia compradora e i capitalisti stranieri preservano i prevalenti rapporti
sociali semi-feudali e semi-coloniali per lo sfruttamento di manodopera a basso
costo e saccheggio delle risorse naturali del paese.
Mantengono i salari ad un livello inferiore a
quello di sussistenza, privando le masse lavoratrici perfino
dell'indispensabile, tenendoli dipendenti dall'agricoltura e altre attività per
la sopravvivenza legate alla terra, tenendoli incatenati a legami feudali, e
nella trappola del debito perpetuo, sottoponendoli a coercizione
extra-economica, e così via. Dal momento in cui l'attuazione delle leggi sul
lavoro incidono sui loro profitti, i padroni violano queste leggi impunemente in
connivenza con la macchina dello stato. Non sorprende, quindi, che la dignità,
il rispetto sociale, i diritti politici e legali, la sicurezza sociale e il
potere politico - vale a dire, lo stato generale e la condizione dei lavoratori
vissuti come individui o come classe nei paesi un tempo socialisti come l'Unione
Sovietica e la Cina - sono in netto contrasto con quella dei lavoratori
dell'India.
In assenza anche di una trasformazione democratica
borghese a causa del morso coloniale seguito dalla persistenza di una economia
semi-feudale e semi-coloniale, la condizione degli operai industriali del paese
rimane di gran lunga peggiore pure rispetto ai loro omologhi dei paesi
capitalisti. Sia nelle aree urbane che nelle zone rurali, la predominanza di
rapporti pre-capitalisti di produzione ha portato ad una grande massa di
lavoratori non organizzati. La loro occupazione continua ad essere determinata
più dalla casta, religione o regione, ecc, e meno per libera scelta.
Queste crepe sono abilmente utilizzate e
manipolate dai padroni per minare la coscienza o l'azione di classe dei
lavoratori anche di quei 50 milioni di operai industriali politicamente avanzati
- di per sé un numero impressionante. Nonostante questi fattori negativi, la
classe operaia industriale dell'India ha combattuto lotte eroiche tra cui
storici scioperi per il miglioramento della propria vita e per l'indipendenza
del paese dal dominio coloniale. Ma dal momento in cui la direzione del
movimento operaio in India è tradizionalmente rimasta legata alle classi
dominanti (che includono i partiti di 'Sinistra' revisionista come il CPI
[Partito Comunista dell'India] e il CPM [Partito Comunista Marxista]), i
lavoratori hanno spesso fallito nel tutelare i propri interessi di classe contro
l'assalto implacabile dei padroni e del governo.
Né potevano svolgere il ruolo di avanguardia
rivoluzionaria nella lotta di classe contrastando il Congresso e la linea
capitolazionista del Partito Comunista ancora uniti prima e dopo il
trasferimento dei poteri. Solo nella rivolta di Naxalbari e la successiva
formazione del CPI (ML)
negli anni '60, i lavoratori dell'India finalmente
hanno trovato il giusto orientamento ideologico-politico e la forma
organizzativa. Tuttavia, anche prima che il messaggio di Naxalbari potesse
raggiungere le grandi masse di lavoratori in tutto il paese e questi potessero
riorganizzarsi sulla base ideologica del marxismo-leninismo-maoismo, il
movimento è stato brutalmente represso.
Tuttavia, sono stati in primo luogo i lavoratori
insieme con i contadini poveri che hanno portato avanti il movimento
rivoluzionario in India, da allora in poi, proteggendolo negli ultimi quattro
decenni dai due pericoli, quello delle classi dominanti e quello dei
revisionisti. Un modo di produzione arretrato e regressivo ha fatto sì che il
settore industriale in India sia marginale nell'economia nel suo complesso. Per
quanto riguarda la sua percentuale in materia di occupazione e PIL, il settore
industriale è rimasto indietro all'agricoltura e perfino al settore dei
'servizi'.
Come per gli schemi dettati dagli imperialisti,
per esempio la Rivoluzione Verde in agricoltura, gli sforzi da parte dello stato
indiano di aumentare la produzione industriale attraverso i Public Sector
Undertakings-PSU [Iniziative dei Settori Pubblici] sono in gran parte finiti con
un fallimento. Nel contesto globale del collasso del socialimperialismo
sovietico e l'ascesa degli Stati Uniti come la più forte potenza imperialista,
le classi dominanti indiane negli anni '90 hanno gettato via anche la foglia di
fico dello Stato 'sociale' e aperto le porte alla liberalizzazione,
privatizzazione e globalizzazione.
I dipendenti della Banca Mondiale, i consulenti
del FMI e altri agenti compradores vengono installati dalle potenze imperialiste
in posti chiave del governo, come il Primo Ministro, il Ministro delle Finanze,
i membri della Commissione di pianificazione, il responsabile economico ecc. per
attuare le loro politiche. privatizzazione del diritto del lavoro, outsourcing
[esternalizzazione], sweatshops [industrie ad altissimo sfruttamento], SEZ [Zone
Economiche Speciali], vendita di PSU, 'Disinvestimento', afflusso e deflusso
senza controllo degli Investimenti Esteri Istituzionali (FII) e degli
Investimenti Esteri Diretti (IDE) in quasi tutti i settori dell'economia,
deregolamentazione della moneta e dei prezzi del carburante, ritiro dei sussidi
e delle misure di sicurezza sociale, ecc. hanno seguito in questa scia.
Con l'economia indiana che ondeggia con i flussi e
riflussi degli sconvolgimenti economici del mondo, i governanti del paese
sembrano totalmente incapaci di controllare la spirale dell'inflazione, il
prezzo del riso alle stelle, o la crescente disoccupazione e miseria del popolo.
In effetti, le classi dirigenti indiane sono diventate i tanto disprezzati
strumenti delle forze imperialiste nell'estrazione di lavoro e risorse dalle
masse lavoratrici del paese. La stretta integrazione dell'economia indiana con
l'economia globale imperialista ha oscurato l'ombra minacciosa del moribondo
capitale finanziario, contribuendo non solo ad una crescente crisi agraria, ma
anche ad un settore industriale stagnante, con gravi conseguenze per i
lavoratori e i contadini del paese, così come per la piccola e media
borghesia.
La crisi economica globale, che ha paralizzato i
principali paesi imperialisti ha iniziato ad avere un impatto eloquente sulla
complessiva economia indiana - a prescindere dalle affermazioni contrarie fatte
dai governanti - e la 'storia della crescita del 10%' ha già iniziato a
diventare vecchia. La produzione è stata duramente colpita dal crollo della
domanda, e rispetto alla crescita del 6,9% mostrato dall'Indice della produzione
industriale (IPI) nel mese di aprile-giugno 2011, l'IIP per lo stesso periodo
del 2012 è sceso a -0,1%, ed è segnato ancora in bilico attorno all'1%.
Colpite da una crisi così grave, le industrie
hanno perso gran parte della loro capacità di creare occupazione, e hanno fatto
ricorso a drastiche misure di riduzione dei costi come il ridimensionamento,
politiche di ricorso al lavoro precario [assumi-e-licenzia], abbassamento
artificiale dei salari reali, rifiuto di stipulare per legge le prestazioni di
sicurezza sociale, come ESI-PF [benefici per gli impiegati statali], indennità,
pensione, sanità, prolungamento delle ore di lavoro, e così via.
Il peggioramento delle condizioni di lavoro e dei
contratti di lavoro hanno portato ad una serie di lotte attive dei lavoratori in
tutto il paese negli ultimi tempi.
Nella sola industria dell'auto, ci sono state
tutta una serie di lotte – Maruti Suzuki, Manesar (2011), Allied Nippon,
Sahibabad (2010), Mahindra, Nasik (2009), Hyndai, Chennai (2011-12), PRICOL,
Coimbatore (2009), Bosch Chasis, Pune (2009), Moto Honda, Gurgaon (2009), Volvo,
Hoskote (2010), MRF Pneumatici, Chennai (2010, 2011), General Motors, Halol
(2011), Graziano, Noida
(2008), e così via. In molti casi, gli operai
hanno distrutto macchinari, bruciato le fabbriche e perfino ucciso dirigenti,
come espressione del loro scontento e rabbia. Tali proteste militanti sono
spesso precedute da negazione di richieste di lunga data dei lavoratori, da
intimidazioni nei loro confronti, umiliazioni, brutto trattamento e la violenta
repressione da parte della direzione, inazione delle autorità e collusione con
il management, ecc
Com'era prevedibile, lo Stato si è accanito
pesantemente sui lavoratori per schiacciare la loro 'indisciplina' e i
'disordini'. Il ruolo dei sindacati affiliati ai partiti delle classi dominanti
e ai partiti 'comunisti' rinnegati come il CPI e il CPM è spesso quello
dell'intermediario che cerca di placare la direzione aziendale e lo Stato
regnando all'interno nei movimenti militanti dei lavoratori. Non sorprende che
nella maggior parte dei casi, le azioni di protesta militante sono state guidate
da sindacati indipendenti dei lavoratori che hanno rifiutato di rispettare i
diktat delle centrali sindacali. Le politiche anti-popolari e anti-operaie
perseguite dallo stato indiano negli ultimi due decenni hanno portato ad un
declino generale nel livello di vita, costringendo le masse lavoratrici del
paese in una situazione di impoverimento acuta, la malnutrizione e l'indigenza
che è peggio di quella dei paesi sub-sahariani. La disparità economica ha
toccato nuove vette, con il 77% della popolazione che sopravvive con meno di 20
rupie [circa 30 centesimi di euro] al giorno.
Le classi possidenti e il governo del paese stanno
sempre più facendo ricorso a metodi fascisti per affrontare questa situazione
esplosiva. Non solo diritti politici e democratici fondamentali, ma anche i
diritti legali statutari delle masse lavoratrici sono stati negati o sovvertiti.
Il diritto di sciopero stesso, un'arma legittima di lotta ha subito attacchi
senza precedenti.
Ad esempio, il governo del West Bengal [Bengala
Occidentale] guidato da Mamata Banerjee ha emesso delle circolari nel 2012 che
vietano ai dipendenti statali di indire o partecipare a scioperi.
Lo sciopero dei lavoratori della Società Blue Star
a Wada nel distretto di Thane che ha avuto inizio il 7 febbraio 2013, per un
aumento dei salari è stato dichiarato illegale.
Il governo del Karnataka ha anche minacciato
medici e operatori sanitari, in sciopero lo scorso mese, di denuncia ai sensi
della Legge sulla Sicurezza Nazionale dopo aver dichiarato illegale lo sciopero.
Nelle oltre 1000 Zone Economiche Speciali (SEZ) approvate dal governo - che sono
state propagandate come 'motori di una rapida crescita industriale' - il diritto
dei lavoratori di organizzarsi in sindacati o per indire scioperi è stato
completamente eliminato.
Anche altre forme di lotta collettiva dei
lavoratori vengono indebolite.
È questo peggioramento della condizione dei
lavoratori del paese - in particolare i lavoratori dell'industria - e la loro
richiesta di una lotta contro le politiche anti-operaie del governo che hanno
costretto le centrali sindacali ad unirsi e fare un appello per uno sciopero
generale di tutta l'India di due giorni il 20 e 21 febbraio 2013. Cerchiamo di
riconoscere i nostri nemici e i nostri amici. Tutte le richieste fatte dai
sindacati per l'appello allo sciopero di due giorni sono realmente collegate ai
problemi che i lavoratori del paese hanno oggi. Tuttavia, è ironico che questi
stessi sindacati sono
direttamente collegati ai partiti politici della
classe dominante al potere - siano essi il Congresso, BJP, CPM, e così via.
Questi partiti sono direttamente responsabili dell'attuazione di una serie di
politiche anti-operaie negli ultimi due decenni. Lo sciopero per loro è una
semplice concessione simbolica e una mossa calcolata per ingannare i lavoratori
in nome della lotta.
Se da un lato è necessario combattere le classi
dominanti e le loro politiche, è altrettanto pertinente denunciare e distruggere
le macchinazioni dei sindacati reazionari e revisionisti. Uno sciopero è un'arma
nelle mani del lavoratori. Ai sindacati affiliati ai poteri dominanti non
dovrebbe essere consentito l'uso improprio o smussato di questa arma. Mentre la
crisi economica mondiale diventa più profonda e le potenze imperialiste ci
spingono ancora una volta sull'orlo della guerra e del fascismo, le classi
dominati in India stanno intensificando il loro assalto contro i lavoratori, i
contadini, le minoranze religiose e nazionali, i Dalit, gli Adivasi e gli altri
popoli oppressi del paese.
Solo una grande ondata di lotte rivoluzionarie e
democratiche da parte delle masse popolari saranno in grado di contrastare
questo assalto imminente. L'RDF fa appello agli operai e ai loro sindacati
militanti a prendere l'iniziativa, intensificare la lotta per rivendicazioni
economiche immediate e completare con la lotta politica per una trasformazione
sociale rivoluzionaria rompendo le due catene che legano il popolo indiano - il
feudalesimo e l'imperialismo.
Uno sciopero di due giorni che abbia successo, il
20 e 21 febbraio 2013, con l'obiettivo di aumentare i salari secondo le esigenze
di base dei lavoratori, la piena attuazione dei diritti del lavoro, contro la
privatizzazione dei servizi e altre relative richieste saranno un passo in
questa direzione. L'RDF invita inoltre gli operai e tutte le altre forze
combattenti ad intensificare questa lotta democratica, non limitandosi ad un
sciopero una volta l'anno, ma ad espanderlo alle forti battaglie in campo per
costringere con successo le oligarchie dominanti del subcontinente indiano ad
accettare le loro richieste e anche trasformare questa lotta in una grande lotta
politica per il cambiamento del sistema.
In solidarietà,
Varavara Rao Presidente, RDF 09676541715
Rajkishore Segretario Generale, RDF
09717583539
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