Anzitutto, il grillismo è un
movimento in grado di intercettare oltre il 65 % del voto giovanile ed
oltre (se non erro) il 70 % del voto di protesta e di rabbia, mentre il
restante 30 % dovrebbe distribuirsi altrove, oppure esprimersi
attraverso il non voto. Inoltre, chi vota per Grillo è un elettorato in
gran parte composto da gente delusa dai partiti tradizionali, sia di
centro-sinistra (ivi inclusa la sedicente “sinistra radicale” e persino ampi settori della cosiddetta “sinistra antagonista”)
che di centro-destra, quindi è un voto ideologicamente trasversale,
anzi, è un voto confusionario, contraddittorio e disfattista, una volta
si sarebbe detto qualunquista, ma che attraversa le varie posizioni
ideologiche che erano in qualche misura ascrivibili ai vecchi
schieramenti elettorali.
Il voto per il movimento di Grillo è altresì un voto “interclassista”, non tanto nel senso dell’interclassismo tipico della vecchia “balena bianca”,
vale a dire la Democrazia cristiana, una forza conservatrice che
riusciva a catturare e manipolare il consenso di fasce sociali
stratificate in termini classisti, per gestire e perpetuare il potere
(un sistema di potere che si configurò per quasi 50 anni come un vero e
proprio “regime politico”) elargendo in modo verticistico,
borbonico e paternalistico una serie di favori assistenziali, prebende,
privilegi, concessioni e benefici vari ad una rete clientelistica molto
articolata e radicata sul territorio nazionale, bensì in quanto soggetto
organizzato in un senso orizzontale, espressione di una rabbia popolare
diffusa, prodotta senza dubbio dalla crisi che investe l’economia
capitalista e il sistema partitocratico borghese.
Infine, sotto il profilo geografico, il grillismo
è un movimento diverso, ad esempio, rispetto alla Lega Nord delle
origini, il cui contesto territoriale era assai ridotto, in quanto il
voto grillista si estende da Nord a Sud in modo (ancora una volta) trasversale.
Senza dubbio, la matrice populista incarnata dal grillismo
è il comune denominatore che lo accomuna e lo rende accostabile ad
altre esperienze storiche precedenti. Si tratta di un populismo che si
attesta a metà strada tra neoleghismo e girotondismo, che presenta
contenuti e rivendicazioni politiche parzialmente giuste e
condivisibili, ma anche forti istanze giustizialiste e reazionarie, al
limite dello squadrismo, tipiche dei movimenti di rabbia, protesta e
rigetto antipartitocratico ed antidemocratico che si connotano in
termini vagamente e confusamente “anti-sistema” (si pensi al
fascismo delle origini) e che, guarda caso, scaturiscono ed esplodono
proprio in periodi storici di transizione segnati da una profonda crisi
economica, sociale, politica come quella che stiamo vivendo e per certi
versi ricorda la crisi del 1929, che fu una delle cause storiche da cui
trasse origine e linfa vitale il nazionalsocialismo di Hitler che salì
al potere in Germania.
Lucio Garofalo
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