volantino distribuito alla manifestazione di protesta di ieri a Palermo
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Contro il razzismo delle istituzioni
che ha portato alla morte di Noureddine Adnane
Contro le politiche repressive del governo e del sindaco Cammarata
Venerdì 11 febbraio Noureddine Adnane 26 anni, ambulante marocchino, in seguito all’ennesimo sopruso della polizia municipale si è dato fuoco.
Nonostante fosse in possesso di regolare licenza, al quinto controllo in quasi un mese i vigili volevano sequestrargli la merce nonostante li avesse implorati di non farlo.
Da qui il gesto estremo che purtroppo oggi ha avuto il triste epilogo della morte, che sconvolge anche tutta la sua famiglia
Non si tratta di un caso isolato ma di un episodio indicativo della condizione in cui vivono oggi i giovani in Italia, non solo immigrati, ma anche in altri paesi. Pur con i dovuti distinguo, Adnane sicuramente essendo immigrato subiva le politiche razziste di questo governo. Si trovava in una posizione svantaggiata anche rispetto ad un giovane precario italiano, ma in generale tutti i giovani oggi si trovano in una condizione di precarietà e sfruttamento superiore alla generazione precedente.
Questa condizione salta più facilmente all’occhio dell’opinione pubblica quando assistiamo a gesti del genere o quando, come ultimamente, i giovani si ribellano in massa a tutto ciò dando vita a vere e proprie rivolte come successo recentemente nei paesi arabi o come due anni fa in Grecia dopo l’omicidio da parte di uno sbirro del 15enne Alexis.
Davanti a tutto ciò non possiamo tollerare la provocazione del sindaco Cammarata che, per facciata, si è recato all’ospedale ma contemporaneamente sforna “ordinanze per il decoro” che causano l’attacco agli immigrati fino ad arrivare a questo ultimo episodio.
Non possiamo sentire le parole del comandante dei vigili urbani che parla di mele marce, che “naturalmente” ci sono; è chiaro che invece la condotta dei vigili non è un problema individuale ma di linea generale e nazionale d’intervento nell’applicazione di politiche repressive del governo come il pacchetto sicurezza.
Davanti a tutto questo non basta chiedere giustizia perché vengano condannati gli esecutori materiali di questa nuova specie di omicidio, in questo caso di Adnane. Questo è il minimo.
La radice del problema è la classe dominante che per governare sfrutta i più deboli. La risposta a tutto ciò è la via della rivolta, come si sta avendo in queste ore nei paesi arabi, ma è necessario che si sviluppi in rivoluzione con l’obiettivo di abbattere questa società che sforna solo miseria e lutto e crearne una nuova nelle mani dei lavoratori e del popolo.
I popoli in rivolta scrivono la storia ma illuminano anche tutti gli altri popoli; prendiamo esempio dalla rivolta dal popolo arabo; dalle guerre popolari del popolo indiano, di quello filippino e peruviano che da anni si organizzano contro i loro governanti con lo scopo di abbattere lo stato e crearne uno nuovo nelle mani del popolo.
Anche qui in Italia la via per cacciare il governo Berlusconi è quella della rivolta e non quella di chiederne le dimissioni, è la guerra popolare affinché i lavoratori prendano il potere nelle loro mani e gestiscano direttamente la società, mettendo fine a sfruttamento e miseria causato da questi parassiti per i quali il profitto vale molto più della vita umana.
Organizziamoci per impedire che succeda ancora!
Circolo proletari comunisti Palermo prolcompa@libero.it 338.7708110 fip 19.2.11
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