martedì 22 giugno 2010

pc quotidiano 22 giugno "Solo perchè capisco il valore della battaglia che sto facendo"

Oggi è difficile non scrivere su Pomigliano, siamo col cuore e con la mente sul referendum, non certamente perchè da lì possa venire l'opposizione all'accordo, dato che anche la Fiom lo ha sostenuto e l'azienda ha chiamato dalla cassintegrazione gli operai per farli votare. E' comunque una tappa dello scontro di classe.
Dopo il referendum-farsa pensiamo a come proseguire la lotta domani, che vuole dire costruire la giornata di lotta nazionale e la manifestazione a Pomigliano, continuare la denuncia e l'informazione.
Lo scontro contro il diktat fascista di Fiat/governo/confederali/stampa lo abbiamo spiegato in questa giornata con un volantinaggio tra gli operai dell'Enichem e della Marcegaglia di Ravenna.
Siamo tutti operai di Pomigliano, viene da dire.
Il quotidiano il manifesto di oggi intervista un operaio di Pomigliano, Antonio: "Me lo spieghino Marchionne, Fassino, Sacconi, Scalfari come si riesce a fare il lavativo alla catena. Ma lo sanno come si lavora quì, come ci si aliena, come si prendono le discopatie, si viene abbrutiti dai ritmi e dai capi, come si viene ricattati, terziarizzati, messi in reparti confino? dovrebbero informarsi prima di dirci di rinunciare alle pause, concedere 80 giorni di straordinario, rinunciare allo sciopero o alla malattia. Io riesco a sopravvivere in cassa integrazione, con una famiglia e i soldi che non bastano neanche a finire la seconda settimana, solo perchè capisco il valore della battaglia che sto facendo. Pretendono che firmiamo la resa e il consenso a farci ridurre a schiavi, buttando nell'inceneritore Costituzione, leggi, contratto"......"i capi, invece di far ruotare il personale, tengono sempre gli stessi, conoscono il lavoro e fanno risparmiare il tempo di formarne gli altri. In questo modo la gente si logora e si ammala, li chiamano assenteisti ma sono solo vittimre, limoni spremuti. Le ernie al disco si sprecano. L'operaio diventa una protesi della macchina. Con il diktat della Fiat perderemo anche la pausa mensa, spostata a fine turno. E se c'incazzeremo neanche potremo scioperare, pena licenziamento."
Ma la posta in gioco riguarda non solo la schiavitù per legge e l'annientamento dei diritti, dalla malattia al diritto di sciopero, ma il neocorporativismo fascista che si instaura nelle relazioni operai/stato dei padroni.
Ma chi l'ha detto che gli operai debbano cedere? I 21 giorni alla Sata sono stati una tappa storica importante della lotta contro la Fiat e lo stato e sono ancora lo spettro che il fronte padronale spera di annientare. Ma è la via tracciata perchè gli operai possano vincere, perchè pensino con la loro testa, e, con l'esercizo della vera democrazia davanti ai cancelli, con la forza del picchetto, dei blocchi, decidono in autonomia da sindacalisti e politicanti. E oggi possono guardare all'esempio dei loro compagni che nessuna rappresaglia, nessun licenziamento politico sono riusciti a piegare. Alla grande dignità e libertà di coloro che hanno srotolato uno striscione al passaggio della marcetta dei servi del padrone.
Antonio chiude l'intervista con queste parole: " Le imposizioni di regime non possono essere subite a lungo, prima o poi la rabbia di tanti, anche di chi vota sì, scoppierà".
Contro la borghesia, contro Fiat, i padroni e il loro Stato, per il potere operaio

prolcomra
22/06/2010

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