Importante nel quadro generale della vicenda è la riapparizione simultanea su tutti i giornali di Carlo Callieri, direttore del personale della Fiat nell'ottobre 80, all'epoca di romiti e della “marcia dei 40 mila”, che nelle diverse interviste lancia un messaggio netto: “La marcia dei capi cambiò il rapporto di forza a favore dell'azienda”. Oggi che questo problema sembra non esserci, qual'è quindi lo scopo di questa mobilitazione, se non quello di imporre una vera dittatura, come dice Sacconi: “nessuno ostacoli il percorso”.?
Callieri in forme molto precise sostiene che bisogna completare l'opera di quegli anni, cancellare ogni traccia del sindacalismo di classe o di quello che potrebbe diventare.
“Tutta la vicenda di Pomigliano può produrre effetti rilevanti per il futuro del paese... allora nell'80 il sindacato era compatto, dopo la marcia ci fu una riflessione che portò Lama, Carniti e Benvenuto a chiederci di presentare il documento con le condizioni di accesso alla fabbrica... noi lo facemmo e loro lo firmarono subito. Oggi il problema si chiama Fiom, ferma all'ideologia di 30 anni fa: il conflitto permanente, il modello antagonista e il salario come variabile indipendente”.
Quello che Callieri chiama Fiom, non è la Fiom, e quindi non è della Fiom che in realtà sta parlando ma delle lotte operaie, dell'organizzazione operaia, del sindacato operaio qualunque sia la veste. E' verso di questo che i padroni e il governo vogliono una sorta di 'soluzione finale'.
Qual'è la 'soluzione', la soluzione del problema Fiom Callieri la indica, ed è la Cgil e la Fiom stessa: “Va detto che anche nella Fiom di oggi ci sono punti di vista differenti. Un conto è l'atteggiamento dialogante della Fiom di Torino, altro è quello oltranzista della Fiom della Campania”.
E nella Fiom Callieri richiama in servizio i suoi referenti di sempre, e riferendosi a Mirafiori dell'80 dice: “purtroppo dai tempi della segreteria di Sabatini era stata espulsa dal gruppo dirigente tutta l'ala moderata dei Damiano, Sateriale, Camusso. E questi sono i risultati”. Come, quindi, Callieri auspica che si risolva oggi la questione? “conosco bene Guglielmo Epifani, sono sicuro che lui vorrebbe firmare, la mia speranza è che la Cgil sostituisca la Fiom al Tavolo del negoziato, anzi questa è la mia speranza ma anche la mia previsione. Epifani è un moderato e la posta in gioco è troppo alta. Se Epifani non lo fa, quella firma la metterà Susanna Camusso che come tutti prevedono sarà segretaria generale tra qualche mese”.
La nuova segretaria in pectore della Cgil è la Susanna Camusso. In questo sindacato il ricambio dei gruppi dirigenti è ormai molto più vicino ad una monarchia con investiture prolungate e rituali, frutto spesso di meschine lotte per il potere e rincorsa ad interpretare nella migliore maniera possibile il sindacalismo della aristocrazia operaia e della collaborazione, e la funzione di compatibilità e mediazione tra gli interessi, non del singolo padrone, ma dei padroni nel loro insieme dentro l'esigenza dell'economia nazionale nella contesa del mercato mondiale.
Ma se queste sono le leggi e i rituali che domina l'attuale Cgil, non è che le persone non contino, anzi le scelte danno il segno e in un certo senso personificano la direzione di marcia e il ruolo che si vuole svolgere. In questo senso la Camusso è “uscita dal silenzio” proprio mentre gli operai si trovano di fronte ad uno scontro di carattere storico, epocale e il sindacato, la Cgil in primis, rimodella il suo ruolo in questo scontro.
Giustamente il Corriere della Sera rileva che l'investitura della Camusso sia avvenuta proprio il giorno in cui la Fiom ha espresso il suo No all'accordo Fiat. Giustamente viene ricordato che Susanna Camusso ha rappresentato negli anni 1977-1997 la destra nella Fiom dalla quale fu in un certo senso estromessa sotto la segreteria di Sabatini considerato dall'area degli operai attivi di questo sindacato come un duro.
Sconfessata dal “sindacato operaio”, diventata la sconfessione ormai un titolo di merito, la Camusso nella Cgil finisce una corriera ma ne ricomincia un'altra, e infatti la Camusso, invece che sparire comincia lì la sua vera carriera.
Ricordiamo che la Fiat è stata una fabbrica chiave della Camusso perchè l'estromissione dalla Fiom avvenne nel 1996 in un modo abbastanza raro nella stessa Cgil. La Camusso venne estromessa dalla conduzione della vertenza Fiat, oseremmo dire “a furor di operai”, o almeno “a furor di sindacato Fiom”, per la posizione filo Fiat che aveva nella vertenza stessa. Per cui, voluto o no la scelta del giorno della sua investitura, la Camusso per la Cgil è la persona giusta al momento giusto per condurre nell'ambito di una vertenza Fiat la sua azione anti Fiom ma che è essenzialmente una azione antioperaia.
Ricorda Il Manifesto: “Nel '94 la Camusso responsabile del gruppo Fiat siglò un accordo unitario con cisl e uil che introduceva il lavoro notturno, i 18 turni nello stabilimento di Termini... in quel caso gli operai non ne furono informati che a cosa fatte – in quell'occasione il referendum bocciò l'accordo con il 70% di No - successivamente in sede di contratto nazionale la Camusso siglò la parte che le era stata affidata contenente per la prima volta la possibilità di licenziare il dipendente 'lungo degente' (fino ad allora poteva rimanere in aspettativa senza salario)...”. Questo fino al '96 in cui Sabattini la “sollevò” pubblicamente dall'incarico per “manifesta incapacità sul campo”, che era un modo di dire in linguaggio sindacalese che Camusso non faceva la sindacalista ma difendeva solo le ragioni dell'azienda.
Il primo a congratularsi con Susanna Camusso per il suo avanzamento nella Cgil è stato il Min. Del Lavoro Sacconi... “affinchè possa operare per la ricomposizione dell'unità sindacale. Faccio affidamento alla sua provenienza socialista che mi fa ben sperare”. Scrive Il Manifesto: “La sua ascesa in ogni caso mostra l'incredibile vitalità di quel pattuglione di riformisti che si è fatto le ossa con Bettino, Sacconi, ma anche Cazzola, i vari Tremonti, Cicchitto, Brunetta”.
Quest'ala “socialista” del sindacato era già ascesa nella Cgil con la segreteria Epifani, perchè i socialisti come partito sono spariti travolti dalla tangentopoli craxiana ma molti di essi hanno continuato a fare brillanti carriere sia nell'ascesa berlusconiana, sia nelle istituzioni, ecc. sia nella Cgil.
Ciò che unisce la Camusso a Sacconi e alla Fiat è quindi assai più che una valutazione sindacale di trincea, ma è in un certo senso una storia, un'ideologia; i comportamenti sono poi conseguenti.
Appena l'accordo Fiat e il referendum sono diventati sempre più chiari per l'influenza che hanno, sono partiti gli scioperi nella fabbriche Fiat, alla Sevel, per esempio, con adesioni del 60% alla lastratura e al montaggio. Ma è a Torino che si evidenzia quello che scriviamo; mentre a Mirafiori 2500 operai delle Carrozzerie in due giorni firmavano contro l'accordo, la Camusso a Torino stessa dichiarava: “Siamo al fianco di quei lavoratori che diranno di Si, in ragione del fatto che per loro il lavoro è il punto fondamentale”.
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