Sono ormai alcune settimane che a L'Aquila è ripartita la protesta popolare a fronte della pesantezza della situazione e soprattutto dello stato di abbandono.
4 mila ancora negli alberghi, con gli albergatori peraltro che reclamano 50 milioni di euro di soggiorni non pagati, 25 mila in autonoma sistemazione che costano 8 milioni di euro al mese, 12 mila case del centro storico per cui non è stato fatto ancora nulla; ma a questo vanno aggiunti 16 mila disoccupati, vecchi, come dice il sindaco Cialente, “estraniati”, l'Inps che rivuole i contributi non versati, mutui da ricominciare a pagare, fino alla sconfortante affermazione “gli aquilani sentono di vivere come in un braccio della morte”.
Una protesta popolare compatta, questo è un bene, che da L'Aquila ha invaso giovedì scorso Roma. E qui si è espressa la rabbia contro il governo, la cricca di Bertolaso, la Rai di Minzolini “Menzognini”.
Noi siamo fortemente dalla parte della popolazione che protesta, abbiamo sempre pensato che solo la protesta popolare, radicale potesse ricostruire L'Aquila e gli aquilani. Abbiamo cercato in questi mesi, ogni qualvolta che ne abbiamo avuto la possibilità e la conoscenza diretta di controinformare, di denunciare, di indicare proposte di lotte, forme organizzative - non certo per sostituirci al movimento di massa ma per dare un contributo alla sua forza e soprattutto alle necessità dell'uso della forza. Perchè quello che è successo a L'Aquila, prima, durante e dopo il terremoto, è davvero una delle pagine più criminali del capitale e del governo di questi ultimi anni.
Le indagini della Magistratura danno ragione a tutto questo, con la tremenda ma necessaria accusa fatta ai responsabili della Protezione civile di non aver salvato L'Aquila nelle ore che hanno preceduto il tragico terremoto; accusa che pensiamo per la prima volta al mondo viene formulata e che va ben al di là delle responsabilità generali del sistema capitalista e dei suoi gestori per i danni in vite umane e in distruzione che il terremoto causa.
Ma noi non abbiamo fiducia nella giustizia, pensiamo che le masse popolari si debbano fare giustizia da sole, attraverso un potere legittimo da realizzare e costruire con la lotta.
E questo lo si fa dando ora il massimo del sostegno a far ridiventare L'Aquila una questione nazionale su cui chiamare a mobilitare tutti.
Il nostro appello è in particolare a quei militanti, compagne e compagni, che sembrano anch'essi aver abbandonato L'Aquila proprio quando ora le loro ragioni sono più forti che mai.
La città è in stato di agitazione e prepara un 6 luglio di lotta a Roma.
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