Che Marchionne voglia fare ben più del proprio mestiere è dimostrato dalle dichiarazioni stampa di sabato 19 giugno, in cui si lamenta che ci sia tutta questa polemica per un fatto estremamente semplice: se si vuole fare un'operazione come quella che lui sta facendo o si fa in questa maniera o non se ne fa niente, “se vince il No chiudiamo la fabbrica... e chi si oppone all'accordo lo fa per un'ideologia che non ha più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storie vecchie di 30, 40, 50 anni fa. Stiamo ancora a parlare del padrone contro il lavoratore, sono cose che non esistono più”.
A questo Marchionne fa seguire un'attività conseguente.
In fabbrica dai capi reparto vengono esercitate pressioni sugli operai per il voto: “Ci sono dirigenti in guardiola che ci osservano... qualche capo nella pausa mi ha chiesto se andavo a votare e quando ho risposto che avrei votato No mi ha detto con un sorriso ironico che era meglio che mi licenziavo prima di martedì, perchè se non c'è un Si plebiscitario la fabbrica chiude”. “Anche il mio capo – dice un altro giovane lavoratore – mi ha detto di non mettere a repentaglio il futuro di venti mila persone”. Lello da 15 anni in fabbrica dichiara: “non sono stato richiamato al lavoro, oggi però dalla direzione mi hanno telefonato per avvisarmi di un'assemblea convocata per lunedì dall'azienda. Vogliono spiegarci i termini dell'accordo. Poi mi è stato raccomandato di votare bene dato che ho due figli e di votare per loro”.
L'azienda sta organizzando una fiaccolata precettando i lavoratori alla partecipazione.
In questi giorni sulla stampa padronale, a sostegno dell'accordo, si dice che gli operai a Pomigliano sono “fannulloni”, “c'è troppo assenteismo. Troppi godono di permessi sindacali durante i periodi elettorali, ecc”.
Si dice anche che in fabbrica ”diversi operai fanno attività poco lecite”. Però tutti tacciono il nesso che alla Fiat di Pomigliano, come in molte fabbriche meridionali c'è tra gestione della fabbrica, carriera nella fabbrica, assunzioni nella fabbrica, e malavita organizzata, che a Napoli significa camorra. E quando si dice che vi sono molte forze attive in questi giorni per il Si non si dice che tra queste forze vi è anche la camorra e che soprattutto nei paesi viene attivato un sistema capillarizzato che conta su questo. Camorra presente, oltre che nel sistema dei capi, anche in parte di quelli che sono i sindacati per il Si.
Il sindaco di Pomigliano che organizza i gazebo ed è attivo nel sostenere la cosiddetta “marcia” è uno di quelli eletti col sostegno della camorra e che nei gazebo la star è il sottosegretario Nicola Cosentino, referente politico principale della camorra in tutta la zona, verso il quale, come si sa, esiste un mandato di arresto ma il governo lo difende strenuamente.
La Fiom che dice comunque di andare a votare per evitare “rappresaglie padronali”, allude anche a questo tipo di “rappresaglia”? Non ha quindi ragione lo Slai Cobas Pomigliano nell'affermare: “è come dire al commerciante di pagare il pizzo altrimenti la camorra lo uccide”?
Alla vigilia del referendum, alla marcia-flop corrisponde anche un'azione illegale molto più incisiva. I lavoratori vengono chiamati a casa dal Direttore in persona. “lunedì dalle 11 alle 18 l'azienda ha messo su un gruppo d'ascolto che poi in realtà è un gruppo di chiamata.
Un operaio ammalato viene invitato a farsi accompagnare se è impossibilitato a recarsi da solo allo stabilimento per votare Si al referendum. Si mutua cioè un sistema politico di vecchia data, stile anni '50, democristiano, ai tempi della Legge truffa, quasi a rendere chiaro di quale partita si stia trattando.
Le voci operaie che denunciano tutto questo vengono soffocate, così come quando denunciano che chi chiede di firmare l'accordo nella maggiorparte dei casi non sa cos'è un turno di fabbrica, così come quando viene detto che Marchionne non può chiudere Pomigliano, quello stabilimento fino all'ultimo giorno è tenuto in piedi, non certo dai capitali Fiat, ma da una montagna infinita di aiuti di Stato, in forma diretta e indiretta, di casse integrazioni endemiche.
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