L'editorialista de Il Messaggero, Cisnetto Enrico, uno di quelli della grande stampa sostenitrice dell'accordo, richiama il rapporto che c'è tra il 1980 a Torino e l'accordo attuale, e lo richiama dicendo che quella ebbe il coraggio di aprire una nuova stagione che era la “liberazione di Mirafiori”, considerata evidentemente dai padroni fabbrica “occupata” dalla lotta operaia, ma anche l'espulsione di “quelle tossine terroristiche che furono generate nella 'zona grigia' a cavallo tra sindacato e “comunismo combattente””. E qui l'articolo richiama il ruolo svolto dall'aristocrazia operaia rappresentata dalla Cgil di Lama nel fiancheggiare questa operazione dei padroni e dello Stato.
Questo richiamo rende evidente la sostanza politica dello scontro in atto alla Fiat di Pomigliano oggi. Si vuole “liberare la fabbrica” di ogni presenza operaia antagonista e si conta sul sindacalismo dell'aristocrazia operaia e si richiama la Cgil ad esserne interprete come parte attiva per fiancheggiare questa operazione che viene ad essere di carattere storico contro il movimento operaio e il comunismo.
E' sostanzialmente, dal nostro punto di vista, il segno che ad esempio ha avuta l'azione della magistratura, apertamente fiancheggiata dal sindacalismo collaborazionista, alla Fiat sata e a Potenza contro lo Slai cobas per il sindacato di classe e i ritenuti “comunisti combattenti” che guidano la linea generale di questa organizzazione sindacale e in particolare agente all'interno della Fiat contro quelle avanguardie operaie che ne potevano potenzialmente costituire un referente nella fase della controrivoluzione e restaurazione contro la lotta dei “21 giorni”.
Ma nell'articolo si mette anche in luce l'effetto produttivo di questa operazione: la nuova stagione dell'industria italica che in termini scientifici è giusto chiamare la nuova stagione dell'imperialismo. Si scrive: “Firmando quest'accordo Marchionne si è impegnato a fare del bacino del Mediterraneo il suo nuovo mercato di sbocco di un'Italia che deve capire fino in fondo il vantaggio competitivo naturale che la sua posizione geografica le assegna, si possono conquistare i mercati del nord Africa, dell'Egeo, dei Paesi Arabi, a loro volta porta verso Cina e India”.
E' quindi questo è il senso della nuova Pomigliano. “E il Mezzogiorno deve essere protagonista di questo riposizionamento neostrategico dell'economia italiana”.
L'autore dell'articolo però dimentica due aspetti in tutto questo,che il passaggio decisivo è la riduzione della condizione operaia a quel livello di schiavitù salariale necessaria per la concorrenza su questi mercati. E anche questo fa parte del “nuovo Mezzogiorno”, cioè quello che è stato in altre fasi sempre per la stessa Fiat, il bacino del manodopera a basso costo, utilizzata per il supersfruttamento.
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