Il 24 giugno si è chiuso a Milano il processo di appello contro 17 dei compagni arrestati nel febbraio 2007 nel corso della “operazione Tramonto” contro il PC p-m, accusati di banda armata, associazione sovversiva con finalità di terrorismo e detenzione di armi da guerra.
Una sentenza politica che conferma le pesantissime condanne, fino a 15 anni, già inflitte in primo grado, salvo pochi mesi di pena in meno e un’assoluzione.
La politica, non il diritto, neppure quello borghese, ha dettato questa sentenza.
Sono le posizioni politiche degli imputati, addirittura i loro documenti collettivi prodotti in dibattimento, che sono state disinvoltamente presentate come le “prove”, come loro “confessione” di fatti non ancora commessi, dunque non provati nè dimostrabili.
Un processo politico montato su fumose intercettazioni, per altro neanche mai ascoltate in dibattimento, con cui lo stato borghese consegna anche questi compagni al ruolo di ostaggi e monito contro tutti gli oppositori politici e i rivoluzionari, bersaglio delle forme “pulite” della tortura: vessazione carceraria, isolamento e desolidarizzazione.
Ma a loro non sono mancati in quest’ultima occasione il calore della solidarietà di tanti rivoluzionari e familiari che ieri, come durante molte altre udienze, hanno presenziato l’udienza fino alla convocazione della camera di consiglio e poi hanno atteso in presidio fuori del tribunale la lettura della sentenza, cui non sono stati ammessi fotografi e telecamere, che è stata sovrastata infine dal canto dell’Internazionale e slogan.
Per noi è una sentenza che rinnova e accentua la necessità di unire i tanti colpiti dalla repressione, in varie forme e intensità, i tanti solidali, in una rete sociale e politica diffusa per darsi quegli strumenti di solidarietà, controinformazione, intervento adatti a difendere tutti, unire tutti in modo non formale o di facciata, contro la repressione, come parte della lotta di classe generale.
In altre parole, un soccorso rosso proletario e di massa .
Milano, 25.5.10
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