L’incontro di Roma è stato inutile e fallimentare - non bisognava andarci e dare continuità alla lotta dopo la giornata di sciopero e blocchi. I sindacati genovesi invece avevamo insistito e dato un assist al governo, puntando a una soluzione spezzatino per sè, ma non hanno ottenuto nulla, e ora tornano a urlare.
Ora non c’ è altra strada che lotta ad oltranza per cambiare le cose - come da sempre insistiamo noi anche ieri mattina nel volantinaggio allo stabilimento e all'appalto.
Vediamo ora che succede e se si è coerenti con quello che si dice ai lavoratori.
Slai cobas
Incontro/scenari per l'Ex Ilva - L'ambientalismo solidale e l'ambientalismo antioperaio
Il 28 novembre, nuovo incontro a Roma, al Mimit, di tutte le parti sulla situazione in corso e soprattutto sul prossimo futuro dell'ex Ilva.
La Uilm che la Fiom di Taranto non parteciperanno perché Urso non ha ritirato il piano presentato l'11 novembre, nonostante ci siano stati scioperi, blocchi, iniziative di lotta anche a Taranto e quindi, di fatto, è un incontro farsa che conferma pienamente che si vuole bloccare la produzione e i 6.000 operai da gennaio che dovrebbero andare in casa integrazione. Invece, sicuramente, sono presenti la Fim e l'Usb. Per la FIM non ci possiamo meravigliare, è sempre il braccio accomodante del governo. L'Usb di Taranto con Urso fin dall'inizio c'è stato sempre una sorta di legame e partecipa per far pesare il proprio ruolo. Noi siamo d'accordo, chiaramente, con i sindacati che rifiutano questo incontro farsa che non potrà portare a nulla di diverso, a nulla di positivo; invece è molto negativo che Fim e Usb diano credito a questo incontro, diano credito a Urso e al governo.
Non ci sono, in realtà, nuove condizioni che possano portare a cambiamenti del piano del governo, se non qualche modifica o promessa di facciata che non mutano la sostanza nettamente negativa.
Il governo, che si proclama sovranista, sull'ex Ilva è ancora alla ricerca disperata all'estero di un possibile compratore a cui svendere la “patata bollente inquinata”, ma nel senso inquinata da loro, dell'Ilva, benché sia il governo che i padroni definiscano questa dell'Ilva una produzione strategica per un paese capitalista, per il suo peso nell'economia mondiale, e che l'Italia non può fare a meno dell'acciaio, ecc. Però nonostante questo si va a chiedere quasi in maniera elemosinante, offrendo soldi invece di averli dai possibili acquirenti, che ci siano compratori esteri che vogliano prendersi l'Ilva
Questo ha sollevato qualche denuncia, rimbrotto al governo da parte dei padroni italiani. Alcune associazioni imprenditoriali dicono che “solo una cordata industriale italiana potrebbe salvare la siderurgia nazionale, poiché interessi e strategie estere considererebbero Taranto più come un concorrente da indebolire che come un asset da potenziare”. Da un comunicato della Confartigianato. Ma anche altre aziende, altri grossi padroni, per esempio ultimamente l'Italimpianti, dicono che servirebbe “un nuovo soggetto imprenditoriale con la partecipazione dello Stato che coinvolga tutti i soggetti nazionali interessati”. Ma anche questi, nella logica del capitalismo, sarebbero comunque pienamente interni ad un piano che preveda profitti maledetti e subito e costi scaricati sullo Stato, e prima di tutto quelli della forza-lavoro.; e quindi la previsione è comunque di 5.000 esuberi anche nell'ipotesi di compratori italiani, come anche nel caso di una nazionalizzazione dell'ex Ilva. Lo scarico dei costi sullo Stato riguarda anche quelli della sicurezza, bonifiche, ambientalizzazione.
Però in realtà neanche loro, i padroni, si fidano.
Altri sottolineano che un soggetto imprenditoriale straniero non avrebbe alcun interesse “a risolvere i problemi di produzione dell'acciaio in Italia in quanto strategica per il sistema Paese-Italia”, in una situazione di forte concorrenza sul mercato mondiale, in una logica di ‘mors tua vita mea’ l'interesse può essere solo quello di acquisire una postazione in un'area interessante dal punto di vista geoeconomico che potrebbe avvantaggiare i propri interessi e gli interessi imperialisti economico-politici dei loro Stati nella situazione di in corso, di contesa a livello mondiale (pensiamo agli azzeri, i quali in realtà avevano molto interesse soprattutto per il gas, per avere una postazione vicina nel Mediterraneo, e quindi nell'offerta per l'Ilva pensavano più ad uno sviluppo che permettesse questa postazione per quanto riguardava il gas.
Così ora ci sarebbero due fondi americani che avrebbero interesse ad acquisire l'Ilva. Ma, guarda caso, questi fondi americani sono molto legati all'amministrazione Trump e questo viene devidenziato anche da giornali locali.
Ma altri scenari potrebbero prospettarsi.
Il Sole 24 ore li descrive in questa maniera: Nella situazione in cui viene “confermato un rafforzamento strutturale della spesa per la Difesa in Italia”, si parla di un'evoluzione del MIMIT, cioè del Ministero di Urso in un vero strumento di politica industriale strategica per il settore”; “si tratta – aggiunge – di un segnale positivo per l’intera filiera nazionale della Difesa”. Quindi si prospetta che ci possa essere un interesse per l'acciaio prodotto dall'Ilva da parte di aziende come la Leonardo, la Fincantieri.
Tant'è che la legge di bilancio in discussione punta a destinare per la Difesa per il 2025-2026 più di 10 miliardi di euro.
In questo tipo di scenario Urso potrebbe mettere sul piatto un futuro dell'acciaio per la guerra.
Ora c'è da dire che su una prospettiva di questo genere non è affatto detto che non ci potrebbe essere un accordo anche da parte dei sindacati confederali. Per esempio, mentre la Fiom della Leonardo di Grottaglie, in provincia di Taranto ha fatto settimane fa un appello contro una riconversione bellica della fabbrica di Grottaglie, dicendo giustamente “non in nostro nome, non col nostro lavoro”, la Fiom di Genova invece parlando anch'essa di “sovranità economica dell'Italia”, dice: “a Genova ci sono Leonardo, Fincantieri, Ansaldo, tutte realtà dove lo Stato è presente in modo importante. E soprattutto – aggiunge - garantirebbero stabilità, investimenti e una visione di medio-lungo periodo che invece un fondo privato da solo non garantisce. E Sottolinea “in palio c'è la sovranità economica dell'Italia e quindi su questo è necessario aprire un confronto con Federmeccanica e governo per garantire l’occupazione”.
Chiaramente la Leonardo sappiamo bene cos'è, sappiamo che in maniera veramente rapida sta aumentando il suo potenziale produttivo, con armamenti di vario genere. La Fincantieri produce per le piattaforme navali tra cui nuove fregate, unità logistiche e sottomarini. Quindi, questi potenzialmente sarebbero i principali consumatori nazionali di acciaio. “E – si continua – avere una produzione interna, controllata e programmabile, è un vantaggio industriale enorme. Ma per farlo è necessario produrre acciaio, non chiudere gli impianti, come prospetta il governo”.
Ecco questi sarebbero gli scenari che tutti non risolvono i problemi del lavoro, del niente esuberi, dell'ambientalizzazione, delle bonifiche e così via.
Al momento, quindi, c'è un piano fallimentare anche dal punto di vista del governo e dei potenziali padroni; in prospettiva ci potrebbe essere un piano che guarda anche al legame con la produzione bellica e quindi la guerra.
Per concludere passiamo ad un altro aspetto che è necessario sottolineare, e che riguarda il legame lavoro-occupazione e salute-bonifiche-ambientalizzazione
Questo che è un problema serio viene in questi giorni modo affrontato in maniera nettamente differente, quasi contrastante. Da un lato la posizione della rappresentante, riconosciuta della mobilitazione a Genova, in particolare dalle donne, della battaglia ambientale, e dall’altro la vergognosa posizione anti-operaia assunta a Taranto, soprattutto da un'associazione Genitori Tarantini, ma che è condivisa anche da altre associazioni ambietaliste.
Brevemente. Mentre la rappresentante di Genova, Patrizia Avagnini, dice: “solidarietà senza se e senza ma ai lavoratori. L'importante che ci sia un futuro come formazione, come occupazione, occupazione pulita”; e aggiunge: "Oggi vedo che è stata abbandonata quella comunione di intenti tra territorio e fabbrica (che c'era un tempo ndr), quasi a renderci contrapposti, credo che abbia indebolito noi ma ha indebolito fortemente i lavoratori della fabbrica. Oggi viviamo in un mondo dove noi, loro e la gente comune non conta più nulla. È cambiato tutto e conta solo la logica del profitto a tutti costi, l'umanità è zero". Nei giorni dello sciopero e del presidio ci sono state diverse testimonianze di vicinanza da parte dei cittadini del quartiere ai lavoratori che rischiano il posto. E Avagnini ha detto; “sono triste perché vedo che si sta andando verso la chiusura della fabbrica, questo è un colpo al cuore”.
Quindi una posizione giusta, una posizione che non vede un contrasto tra le masse cittadine, le masse popolari e la lotta dei lavoratori, una posizione che così dovrebbe essere dappertutto. Invece a Taranto abbiamo una espressione fortemente anti-operaia quasi inferocita contro gli operai da parte di alcune associazioni ambientaliste.
I “Genitori tarantini” hanno criticato duramente i blocchi operai dell'ex Ilva definendole un “volgare tentativo di affermare la forza dei lavoratori”. Cioè, quando i lavoratori, gli operai dell'Ilva finalmente scioperano in maniera massiccia, fanno i blocchi stradali, esprimono la loro protesta in termini non di marcia usuale ma in termini di peso della forza dei lavoratori, ecco che gli ambientalisti piccoli e medio borghesi li chiamano “volgari” , e affermano che “il blocco stradale è una scelta sbagliata e penalizzante per i cittadini. Non si manifesta bloccando le strade”; e aggiungendo che l'associazione è stata presente ma “non a fianco ma di fronte agli operai” per ribadire la responsabilità di questi blocchi e dei disagi per la città. Poi accusano gli operai di “non essersi mai liberati dai paraocchi”, chiedendo agli operai “un rigurgito di dignità... che cosa ci sarebbe di nobilitante in un lavoro che fa malare voi e chi non c'entra nulla con quella produzione” – Quindi anche gli operai sarebbero responsabili/colpevoli di quanto accade in città, nei quartieri inquinati.
E finendo col dire, non che i cittadini, come invece dice la rappresentante di Genova, devono sostenere gli operai in lotta, devono essere dalla parte degli operai; ma l'inverso, che sono gli operai che devono schierarsi dalla parte di chi si è tolto i paraocchi e quindi sono gli operai che devono decidere da che parte stare.
Questo cosiddetto “ambientalismo” borghese, antioperaio, va nettamente combattuto!
E chiediamo agli ambientalisti sinceri di rompere con esso.
E’ necessario ancora di più, sempre di più, togliere alcuni veli, alcune confusioni che sulla questione Ilva continuano ad esserci, su che cosa significa il cosiddetto “contrasto” tra lavoro e salute. In realtà, come noi diciamo, “nocivo il capitale, non la fabbrica”, il contrasto è da un lato lavoro, salute, sicurezza, ambiente pulito, dall'altro profitti dei padroni e azione a favore solo dei padroni da parte del governo. Questo è il contrasto.

Nessun commento:
Posta un commento