Il contratto dei metalmeccanici è stato firmato nei giorni scorsi con reciproca soddisfazione dei padroni e dei sindacati confederali firmatari del contratto. Quando padroni e sindacati sono entrambi contenti, gli operai sanno che chi non sarà contento sono loro. Sanno che i risultati di questo contratto sono inadeguati rispetto non solo a ciò che serve ai lavoratori e ciò che i lavoratori avevano e hanno il diritto di pretendere dai padroni, ma anche rispetto alle stesse richieste sindacali che erano state avanzate nella piattaforma.
Da sempre le piattaforme sindacali dei contratti negli ultimi anni sono inadeguate alla tutela del salario, dell'orario di lavoro, dei diritti. Da sempre le piattaforme presentate per i contratti negli ultimi anni non hanno garantito né i salari, né la continuità lavorativa, né contrasto l'avanzamento dell'intensificazione dello sfruttamento, della flessibilità, della riduzione dei diritti dei lavoratori, dell'attacco a salute e sicurezza. Sono stati contratti a perdere e sulla base di questo che oggi esiste una diffusa disaffezione rispetto all'organizzazione sindacale sui posti di lavoro e anche agli scioperi nelle fabbriche per difendere i propri diritti e realizzare nuove conquiste.
Se partiamo da questa premessa generale, si può dire che in questo contratto non c'è nulla di nuovo. L'aumento salariale è al di sotto dell'effettivo aumento del costo della vita e tutta questa storia dei riferimenti percentuali di cui parla il contratto lasciano il tempo che trovano. Tutti sanno e tutti vediamo che il salario degli operai è diminuito in forma assoluta e relativa rispetto al costo della vita e ai bisogni degli operai e delle loro famiglie.
Tutti sappiamo che sotto 300-500 Euro di aumenti, i lavoratori e gli operai sono sempre in perdita sul piano del salario. Tutti sappiamo che è avanzato un processo di intensificazione e di sfruttamento, di libertà di licenziamento, di estensione della cassa integrazione, di precarietà, cambi di contratto e
aumento di contratti a tempo determinato che hanno pesantemente indebolito i lavoratori nel rapporto con i padroni. Tra le due soddisfazioni, quella espressa dai padroni e quella espressa dalle organizzazioni sindacali, è evidente che quella che è ragionevolmente giusta è la soddisfazione dei padroni.Sotto questo punto di vista questa battaglia contrattuale ha dato quello che la lotta poteva dare. La lotta che c'è stata, non quella che ci sarebbe dovuta essere. La battaglia contrattuale doveva essere il centro di tutta l'unità degli operai per cambiare i rapporti di forza con i padroni e ottenere risultati.
In realtà questo si è messo in mostra solo in uno degli scioperi generali, dove la partecipazione degli operai e dei lavoratori è stata rilevante e vi sono state forme di lotta incisiva che hanno fatto immediatamente paura a padroni e governo. Basti pensare al blocco dell'autostrada di Bologna, alle minacce che subito il governo per conto dei padroni ha fatto agli operai. Quella era la strada, ma chiaramente per strappare risultati migliori in questo contratto occorreva che quella giornata non fosse stata unica, perché parlare di 40 ore di scioperi è assolutamente generico.
Sappiamo bene che sono stati in generale scioperi rituali, senza alcuna effettiva incidenza nello scontro tra padroni e operai, a parte quella giornata. In essa noi abbiamo lanciato la parola d'ordine: questa battaglia non si può perdere. Oggi che dobbiamo dire? Che proprio persa non è, perché comunque sappiamo che i padroni non volevano dare quasi niente, sappiamo che i padroni non volevano neanche firmare questo contratto, perché vogliono la demolizione del contratto nazionale di lavoro e il rimando a una cosiddetta trattativa aziendale che è sempre stata in perdita per i lavoratori. MA...
L'aumento salariale di 205 Euro per di più diviso in 4 anni è una miseria rispetto all'effettivo costo della vita e rispetto all'effettiva intensificazione dello sfruttamento che i lavoratori. quelli che riescono a lavorare, subiscono sul posto di lavoro; con questa cifra di aumento salariale gli incrementi della produttività sono andati tutti ai padroni, e infatti i sindacati parlano esclusivamente del rapporto tra salario e costo della vita, chiaramente utilizzando dei dati che non corrispondono alla realtà, se non statistica, mentre non parlano del rapporto tra salario e aumento della produttività, di quanto lavoro viene dato dai lavoratori nell'arco della giornata lavorativa e che rapporto vi è tra questo lavoro, la parte che diventa plusvalore per i padroni è ciò che è ricostruzione della forza lavoro. Quindi su questo in realtà è un contratto in perdita sul fronte del salario.
Una cosa che viene molto vantata è la questione dei contratti. In realtà su questo si è andati ad una sorta di legalizzazione dello stato di cosa esistente. Dire che dopo i 12 mesi per avere ulteriori contratti a tempo determinato, occorrono motivazioni, è una frase che non dice nulla, mentre sappiamo bene che le motivazioni dei padroni corrispondono a quelle stabilite nel contratto. Dire che una ulteriore proroga richiede un 20% di stabilizzazione, certo potrebbe essere un risultato, ma sappiamo che nella maggior parte delle fabbriche medie e piccole questo risultato è pressoché impossibile negli accordi aziendali che si realizzano poi tra padroni e sindacati. La cosa fondamentale è che viene in un certo senso definitivamente legalizzato che il passaggio a Tempo Indeterminato è in 48 mesi, cioè 4 anni. Tutto ciò corrisponde a ciò che hanno sempre richiesto i padroni grandi, medi e piccoli. Quindi questo non si può in nessuna maniera chiamare una vittoria operaia, neanche parziale, ma si tratta di una stabilizzazione di un risultato già conseguito nei fatti dai padroni.
Quindi è evidente che sulla precarietà, le condizioni di lavoro, il salario non ci siamo e invitiamo i lavoratori in occasione del referendum a votare no (purtroppo, per quello che vale).
Sul fronte invece dei diritti la lettura dettagliata del contratto permette qualche risultato concreto, che sui posti di lavoro sono comunque sempre difficili da concretizzare, benchè il fatto che siano sanciti da un contratto aiuta ad ottenerli realmente.
Infine sulla questione dell'orario di lavoro, sull'orario in realtà non si è ottenuto niente di significativo, tanto per dire sulla flessibilità il quadro è piuttosto chiaro, il plurisettimanale passa da 80 a 96 ore annue e i par collettivi da 5 a 7 giorni con riduzione dei parti individuali; questo significa settimane più lunghe, maggiore possibilità di modulare i carichi produttivi e meno autonomia personale.
Quindi sul fronte proprio della produttività i padroni possono dichiarare con forza che questo risultato consolida la produttività e la competitività dell'azienda e ribadire che diritti, salari, condizioni di lavoro, orari di lavoro e sicurezza dei lavoratori sono subordinati come sempre alle esigenze di profitto aziendale che sono, ancora di più oggi, una vera e propria gabbia per i lavoratori.
Ma dobbiamo dire, però, che allo stato delle cose nessuno poteva sperare che si ottenesse di più; non si poteva sperare con l'attuale livello di coscienza e di organizzazione dei lavoratori, con l'attuale realtà di lotte nelle fabbriche e con l'attuale possibilità che piattaforme alternative possano ottenere risultati concreti. Su questo il contratto chiude una finestra e apre un portone, questo portone deve essere una nuova condizione dell'organizzazione sindacale dei lavoratori e delle condizioni di lotta dei lavoratori. Su questo evidentemente il lavoro è tutto da fare.

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