Lettera circolare del Comitato centrale del Partito comunista cinese.
Agli uffici regionali del Comitato centrale, ai comitati provinciali, municipali e delle regioni autonome, ai dipartimenti e alle commissioni dipendenti dal Comitato centrale, alle cellule e ai comitati di partito negli organismi statali e nelle organizzazioni popolari, al Dipartimento politico generale dell’Esercito popolare di liberazione.
Il Comitato centrale decide di:
- revocare lo Schema di rapporto sull’attuale dibattito accademico redatto dal Gruppo dei cinque incaricato della Rivoluzione culturale, approvato e messo in circolazione il 12 febbraio 1966;
- sciogliere il Gruppo dei cinque incaricato della Rivoluzione culturale e i servizi che fanno capo ad esso;
- costituire un nuovo Gruppo del Comitato centrale per la Rivoluzione culturale posto alle dirette dipendenze del Comitato permanente dell’Ufficio politico.
Lo schema di rapporto elaborato dal Gruppo dei cinque è profondamente errato. Esso si oppone alla
linea definita dal Comitato centrale e dal compagno Mao Tse-tung per la Rivoluzione culturale socialista e si oppone alla direttiva sulle classi e la lotta di classe nella società socialista, formulata nel 1962 alla decima sessione plenaria dell’ottavo Comitato centrale del partito. Professando un falso servilismo, questo schema di rapporto in realtà si contrappone ostinatamente alla grande Rivoluzione culturale lanciata e diretta personalmente dal compagno Mao Tse-tung, oltre che alle istruzioni sulla critica a Wu Han da lui formulate in occasione della conferenza di lavoro del Comitato centrale, svoltasi nei mesi di settembre e ottobre del 1965 (cioè nel corso della sessione del Comitato permanente dell’Ufficio politico del Comitato centrale, cui assistevano i compagni responsabili degli Uffici regionali del Comitato centrale).Lo schema di rapporto del cosiddetto Gruppo dei cinque non è in realtà che il rapporto del solo Peng Chen; egli lo ha elaborato in gran segreto secondo le sue idee e all’insaputa del compagno Kang Sheng, membro del gruppo e degli altri compagni. Peng Chen non ha mai sollevato discussioni né proceduto a scambi di opinioni all’interno del Gruppo dei cinque in merito a questo documento, che pure tocca problemi di importanza capitale per tutto l’insieme della rivoluzione socialista; non ha chiesto il parere di nessun comitato locale di partito, né ha chiarito che questo schema doveva essere inviato al Comitato centrale per essere approvato prima di diventare un documento ufficiale; ancor meno ha ottenuto l’approvazione del compagno Mao Tse-tung, presidente del Comitato centrale.
Ricorrendo ai metodi più scorretti, Peng Chen ha agito in modo arbitrario, ha abusato dei suoi poteri e, usurpando il nome del Comitato centrale, si è affrettato a far circolare questo documento in tutto il partito.
I principali errori di questo schema di rapporto sono i seguenti.
Partendo da posizioni borghesi e da una concezione borghese del mondo, nel valutare la situazione e la natura della critica in corso in tutto il settore accademico, lo schema rovescia completamente il rapporto tra il nemico e noi, mettendo l’uno al posto dell’atro. Nel nostro paese la grande Rivoluzione culturale proletaria ha preso slancio e si sviluppa con impeto, facendo a pezzi le posizioni ideologiche e culturali decadenti della borghesia e i residui di feudalesimo. Ora, invece di incoraggiare tutto il partito a mobilitare senza riserve le masse degli operai, dei contadini e dei soldati e di tutti coloro che si battono per una cultura proletaria perché tengano duro in questa lotta, questo schema fa di tutto per far deviare il movimento verso destra. Con un linguaggio confuso, contraddittorio e ipocrita, esso vuole offuscare l’acuta lotta di classe che è attualmente in corso sul fronte culturale e ideologico e in particolare esso vuole offuscare l’obiettivo di questa grande lotta, che è criticare e ripudiare Wu Han e i numerosi rappresentanti antipartito e antisocialisti della borghesia (un buon numero dei quali si trova anche in seno al Comitato centrale e ai suoi organismi, come pure in seno a organizzazioni governative e di partito a livello centrale, provinciale, delle municipalità e delle regioni autonome). Non menzionando di proposito ciò che il presidente Mao ha sottolineato a più riprese e cioè che il punto essenziale dell’opera teatrale di Wu Han La destituzione di Hai Jui è il problema della destituzione dal suo incarico, lo schema di rapporto mira a nascondere il carattere assolutamente politico di questa lotta. Lo schema viola il principio fondamentale del marxismo secondo il quale ogni lotta di classe è una lotta politica. La stampa aveva appena iniziato ad affrontare i problemi politici insiti nell’opera teatrale di Wu Han La destituzione di Hai Jui che già gli autori dello schema arrivarono a dire: “Le discussioni sui giornali e sulle riviste non devono limitarsi ai problemi politici, ma entrare nel merito delle diverse questioni accademiche e teoriche che vi sono connesse”. A proposito della critica a Wu Han, hanno anche affermato in diverse occasioni che non era permesso arrivare al nodo del problema; in altre parole, non si poteva toccare la questione della destituzione degli opportunisti di destra avvenuta nel corso della riunione di Lushan del 1959, né quella delle attività antipartito e antisocialiste di Wu Han e soci. Il compagno Mao Tse-tung ci ha spesso ripetuto che la lotta contro la borghesia sul piano ideologico è una lotta di classe di lunga durata che non può risolversi tirando conclusioni politiche affrettate. Tuttavia Peng Chen ha deliberatamente messo in giro delle voci in tal senso, dicendo a numerose persone che, secondo il presidente Mao, nel giro di due mesi si sarebbe potuti giungere a delle conclusioni politiche in merito alla critica a Wu Han. Peng Chen ha detto anche che i problemi politici potevano essere affrontati nel giro di due mesi. Il suo scopo era di incanalare la lotta politica in corso nell’ambito culturale, nella sfera delle discussioni puramente accademiche così spesso raccomandate dalla borghesia. Ciò significa, chiaramente, porre l’accento sulla politica borghese e rifiutarsi di mettere al primo posto la politica proletaria. Lo schema insiste in modo particolare sulla necessità di incoraggiare la “libertà di espressione”; ma, con un gioco di prestigio, altera grossolanamente la politica di “libertà di espressione” spiegata dal compagno Mao Tse-tung in occasione della conferenza nazionale del partito sul lavoro di propaganda del marzo del 1957 e nega il contenuto di classe di quella politica di “libertà di espressione”. Trattando di tale politica, il compagno Mao Tse-tung sottolineò giustamente: “Dobbiamo ancora condurre una lunga lotta contro l’ideologia borghese e piccolo-borghese. Sarebbe un errore non comprendere ciò e rinunciare alla lotta ideologica. Tutte le idee erronee, tutte le erbe velenose, tutti i fantasmi e i mostri devono essere criticati; in nessuna situazione dobbiamo lasciar loro campo libero”. Il compagno Mao Tse-tung disse anche: “Libertà di espressione significa permettere a tutti di esprimere liberamente le proprie opinioni, in modo che tutti osino parlare, osino criticare e osino discutere”. Invece lo schema contrappone la “libertà di espressione” alla denuncia da parte del proletariato delle posizioni reazionarie della borghesia. Ciò significa che la politica di “libertà di espressione” non è che una politica di liberalizzazione borghese, che permetterebbe solo alla borghesia di esprimere liberamente le sue opinioni, ma non garantirebbe al proletariato la “libertà di esprimersi” e di contrattaccare; in altre parole, essa sarebbe uno scudo protettivo per i rappresentanti della borghesia reazionaria del genere di Wu Han. La politica di “libertà di espressione”, così come viene formulata da questo schema, si contrappone al pensiero di Mao Tse-tung e risponde alle esigenze della borghesia. Quando abbiamo cominciato a reagire ai violenti attacchi della borghesia, gli autori dello schema hanno lanciato la parola d’ordine: “Davanti alla verità siamo tutti uguali”. Questa è una parola d’ordine borghese. Negando completamente il carattere di classe della verità, essi la utilizzano per proteggere la borghesia e opporsi al proletariato, al marxismo-leninismo e al pensiero di Mao Tse-tung. Nella lotta tra il proletariato e la borghesia, tra la verità del marxismo e i fallaci sofismi della borghesia e di tutte le altre classi sfruttatrici, o il vento dell’est prevale sul vento dell’ovest o il vento dell’ovest prevale sul vento dell’est e non si può assolutamente parlare di uguaglianza. Si può forse ammettere una qualche equidistanza in questioni così basilari come la lotta del proletariato contro la borghesia, la dittatura del proletariato sulla borghesia, la dittatura del proletariato nella sovrastruttura, ivi compresi tutti i settori della cultura e i continui sforzi del proletariato di eliminare i rappresentanti della borghesia che si sono infiltrati nel partito comunista e agitano la “bandiera rossa” per opporsi alla bandiera rossa? I vecchi socialdemocratici, all’opera da qualche decina d’anni e i revisionisti moderni da oltre un decennio non hanno mai ammesso l’uguaglianza del proletariato con la borghesia1. Essi negano categoricamente che la storia millenaria dell’umanità sia una storia di lotta di classe. Negano categoricamente la lotta di classe del proletariato contro la borghesia, la rivoluzione proletaria contro la borghesia e la dittatura del proletariato sulla borghesia. Sono, al contrario, fedeli lacchè della borghesia e dell’imperialismo. Insieme alla borghesia e all’imperialismmo si aggrappano ostinatamente al sistema ideologico borghese che opprime e sfrutta il proletariato e al modo di produzione capitalista e si oppongono all’ideologia marxista-leninista e al sistema socialista. Sono un gruppo di controrivoluzionari, nemici del partito comunista e del popolo. La lotta che conducono contro di noi è una questione di vita o di morte, in cui non c’è ombra di uguaglianza. Perciò, anche la nostra lotta contro di loro non può che essere una questione di vita o di morte e i nostri rapporti con loro non possono essere in nessun modo rapporti di uguaglianza. Ma al contrario, sono rapporti di oppressione di una classe sull’altra, ossia rapporti di dittatura del proletariato sulla borghesia. Non può esserci altro tipo di rapporto, né un rapporto di cosiddetta uguaglianza, né di coesistenza pacifica tra classi sfruttatrici e classi sfruttate, né di benevolenza o magnanimità. Nello schema si afferma che “è necessario non solo battere l’avversario politicamente, ma anche superarlo veramente e batterlo sul piano accademico e professionale con largo margine”. Anche questa idea, che non fa alcuna distinzione di classe sulle questioni accademiche, è assolutamente errata. Essendosi impadronito della verità sui problemi accademici, la verità del marxismo-leninismo, la verità del pensiero di Mao Tse-tung, il proletariato ha già di gran lunga superato e battuto la borghesia. La formula avanzata nello schema rivela che i suoi autori esaltano le sedicenti autorità accademiche della borghesia e tentano di rilanciare il loro prestigio, mentre odiano e soffocano le nuove forze militanti che rappresentano il proletariato negli ambienti accademici. Il presidente Mao ha spesso sottolineato che senza distruzione non esiste costruzione. La distruzione significa critica e rifiuto, significa rivoluzione. Ciò implica ragionare sulle cose e questo è costruzione. Mettiamo la distruzione al primo posto e in questo processo maturerà la costruzione. È nella lotta per la distruzione del sistema ideologico borghese che è nato e si è costantemente sviluppato il marxismoleninismo e il pensiero di Mao Tse-tung. Questo schema, invece, sottolinea che “senza costruzione, non può esserci vera e completa distruzione”. Ciò equivale in realtà a interdire la distruzione dell’ideologia borghese e a proibire la costruzione di un’ideologia proletaria. Il che è diametralmente opposto al pensiero del presidente Mao. Ciò va contro la lotta rivoluzionaria che stiamo conducendo sul fronte culturale per una radicale distruzione dell’ideologia borghese. Ciò equivale a impedire al proletariato di fare qualunque rivoluzione. Nello schema si afferma che “non ci si deve comportare come despoti della cultura che agiscono sempre arbitrariamente e tentano di opprimere il popolo con il loro potere” e che “dobbiamo guardarci dalla tendenza dei lavoratori di sinistra degli ambienti accademici di prendere la via degli esperti e dei despoti borghesi della cultura”. Che significa “despoti della cultura”? Chi sono questi despoti? Il proletariato non deve forse esercitare la sua dittatura e imporla alla borghesia? Il lavoro accademico del proletariato non deve forse sopraffare e sradicare quello della borghesia? E se il lavoro accademico del proletariato sopraffà e sradica il lavoro accademico della borghesia, può essere questo considerato un atto di “tirrania culturale”? Lo schema di rapporto dirige la punta della sua lancia contro la sinistra proletaria. Il suo scopo è evidentemente quello di bollare i marxisti-leninisti come “despoti della cultura” e appoggiare così i veri despoti borghesi della cultura, al fine di puntellare la loro vacillante posizione di monopolio negli ambienti accademici. In realtà, coloro tra i responsabili del partito che hanno imboccato la via del capitalismo e che appoggiano i despoti borghesi della cultura e quei rappresentanti della borghesia che, infiltratisi nel partito, proteggono i despoti borghesi della cultura, sono loro i grandi despoti che hanno usurpato il nome del partito; essi non leggono né libri, né giornali, non hanno nessun contatto con le masse, sono privi di ogni conoscenza e fanno assegnamento soltanto sul fatto di “agire arbitrariamente e di tentare di opprimere il popolo con il loro potere”. Animati da intenti inconfessabili, gli autori dello schema chiedono una “campagna di rettifica“ contro la sinistra di classe in un deliberato tentativo di creare confusione, di oscurare la linea di demarcazione tra le classi e sviare il popolo dall’obiettivo della lotta. Pubblicando in fretta e furia il loro schema, lo scopo principale che si erano proposti era quello di attaccare la sinistra proletaria. Sono usciti dalla loro sfera di competenza per costruire dei dossiers sulla sinistra, hanno cercato pretesti di ogni specie per attaccarla e hanno tentato d’intensificare la loro offensiva con una “campagna di rettifica”, nella vana speranza di disgregarne le file. Si sono categoricamente opposti alla chiara politica formulata dal presidente Mao di proteggere e appoggiare la sinistra e di attribuire la dovuta importanza alla sua formazione e al suo sviluppo. D’altro lato, essi hanno conferito il titolo di “tenaci elementi di sinistra” a quei rappresentanti della borghesia, a quei revisionisti e a quei traditori che si sono infiltrati nelle file del partito e li hanno presi sotto la loro protezione. Con questi metodi hanno tentato di esaltare l’arroganza della destra borghese e di smorzare l’energia della sinistra proletaria. Essi nutrono un odio profondo per il proletariato e un amore altrettanto profondo per la borghesia. È questa, per gli autori dello schema, la concezione borghese della fratellanza. Nel momento in cui il proletariato ha appena iniziato una nuova e violenta lotta contro i rappresentanti della borghesia sul fronte ideologico e bisogna aggiungere che in molti campi e in molte località la lotta non è ancora neppure partita o, anche se è iniziata, la maggioranza dei comitati di partito ha una assai scarsa consapevolezza del proprio ruolo dirigente in questa grande lotta e la sua guida è tutt’altro che cosciente ed efficace, in questo preciso momento lo schema sottolinea ripetutamente che la lotta dev’essere “guidata”, che dev’essere condotta con “accortezza” e “prudenza” e con “l’approvazione degli organismi dirigenti competenti”. Tutto ciò mira a porre alla sinistra proletaria delle restrizioni, a imporle clausole e divieti al fine di legarla mani e piedi e di frapporre ostacoli d’ogni specie sulla via della Rivoluzione culturale proletaria. Insomma, gli autori dello schema si stanno precipitando ad azionare i freni e a lanciare una controffensiva per prendersi la rivincita. Essi nutrono un odio feroce per gli articoli già pubblicati dalla sinistra proletaria contro le “autorità” borghesi reazionarie e si oppongono alla pubblicazione di quelli non ancora apparsi. Ma, in compenso, lasciano campo libero a ogni genere di spettri e di mostri che da molti anni abbondano sui nostri giornali, nelle trasmissioni, nelle pubblicazioni, nei libri, nei manuali, nelle piattaforme, nelle opere letterarie, nel cinema, nel teatro, nelle arti popolari, nelle arti figurative, nella musica, nella danza, ecc. e, facendo ciò, essi non invocano mai la dittatura proletaria né manifestano alcun bisogno di approvazione. Questo contrastante comportamento mostra chiaramente da che parte stanno gli autori dello schema. La lotta attualmente in corso si incentra sul problema di applicare la linea definita dal compagno Mao Tse-tung per la Rivoluzione culturale o di opporle resistenza. Tuttavia nello schema si afferma: “Attraverso questa lotta e sotto la guida del pensiero di Mao Tse-tung dobbiamo aprire la strada a una soluzione di questo problema, ossia alla completa eliminazione delle idee borghesi nel campo del lavoro accademico”. Il compagno Mao Tse-tung ha da gran tempo aperto la via al proletariato sul fronte culturale e ideologico con le sue opere Sulla nuova democrazia (1940); Discorsi alla conferenza di Yenan sulla letteratura e l’arte (1942); Al teatro di Yenan dell’Opera di Pechino (1944); Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo (1957) e Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del partito comunista cinese (1957)2. Ciononostante lo schema di rapporto sostiene che il pensiero di Mao Tse-tung non ha ancora risolto questo problema e che sarebbe tempo di farlo. Usando come copertura l’espressione “alla luce del pensiero di Mao Tse-tung”, lo schema di fatto apre una via che è l’opposto del pensiero di Mao Tse-tung, ossia la via del revisionismo moderno, la via della restaurazione del capitalismo.Riassumendo, lo schema si oppone all’idea di portare fino in fondo la rivoluzione socialista, si oppone alla linea stabilita per la Rivoluzione culturale dal Comitato centrale del partito con alla testa il compagno Mao Tse-tung, attacca la sinistra proletaria e protegge la destra borghese, preparando così l’opinione pubblica alla restaurazione del capitalismo. Esso è il riflesso dell’ideologia borghese in seno al partito ed è assolutamente revisionista. La lotta contro questa linea revisionista è tutt’altro che trascurabile, è anzi di capitale importanza; da essa dipende infatti il destino e il futuro del nostro partito e del nostro paese, il loro assetto futuro e il destino e il futuro della rivoluzione mondiale.
I comitati di partito a tutti i livelli devono immediatamente cessare di applicare lo Schema di rapporto sull’attuale dibattito accademico redatto dal Gruppo dei cinque incaricato della Rivoluzione culturale. Tutto il partito deve seguire le istruzioni del compagno Mao Tse-tung, tenere alta la grande bandiera della Rivoluzione culturale proletaria, denunciare a fondo la posizione reazionaria borghese di queste cosiddette “autorità accademiche” che si oppongono al partito e al socialismo, criticare a fondo e ripudiare le reazionarie idee borghesi nell’ambito del lavoro accademico, nel campo dell’educazione, del giornalismo, della letteratura, dell’arte, dell’editoria e assicurarsi la direzione in tutti questi campi della cultura. A questo scopo bisogna al tempo stesso criticare e ripudiare quei rappresentanti della borghesia che si sono infiltrati nel partito, nel governo, nell’esercito e negli ambienti culturali, per allontanarli o, in certi casi, per assegnarli ad altri compiti. Soprattutto non dobbiamo fidarci di loro e dobbiamo impedire che giungano a occupare posti direttivi nella Rivoluzione culturale. In effetti molti di loro hanno fatto e stanno ancora facendo proprio questo lavoro e ciò rappresenta un gravissimo pericolo.
Questi rappresentanti della borghesia che si sono infiltrati nel partito, nel governo, nell’esercito e nei diversi ambienti culturali, sono un’accozzaglia di revisionisti controrivoluzionari. Se si presentasse l’occasione, si impadronirebbero del potere politico e trasformerebbero la dittatura del proletariato in una dittatura della borghesia. Alcuni di questi individui li abbiamo già smascherati, altri non ancora. Di alcuni di loro ci fidiamo ancora e li stiamo allevando come nostri successori; si tratta di individui che ancora si annidano tra noi come, ad esempio, Kruscev si annidava tra i comunisti sovietici. I comitati del partito a tutti i livelli devono prestare molta attenzione a questo problema.
Questa circolare, insieme al documento erroneo emesso a nome del Comitato centrale il 12 febbraio 1966, sarà inviata ai comitati distrettuali di partito, ai comitati di partito nelle istituzioni culturali e ai comitati di partito a livello di reggimento nell’esercito. Questi organismi sono invitati a discutere, per giudicare quale dei due documenti è errato e quale giusto, per approfondire la conoscenza di questi documenti e per farci conoscere i loro risultati e i loro errori.
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