sabato 20 marzo 2021

pc 20 marzo - Emergenza sanitaria - cronache dall'interno - I parte - pc

 Corrispondenza da un compagno di proletari comunisti Milano

A che punto siamo Da dove partire?

Ad un anno di distanza all’interno delle strutture sanitarie la prima questione che emerge è 1) la necessità, da parte di tutte le figure degli operatori sanitari e degli altri lavoratori (interni e necessari che concorrono nel definire la sanità nel suo insieme) degli appalti, dalle pulizie/sanificazioni alla manutenzione, dalla ristorazione allo stoccaggio dei rifiuti ospedalieri, di fare un bilancio, per comprendere cosa sia cambiato, e dove e se è cambiato, tra marzo 2020 e marzo 2021; 2) le differenze? tra il governo Conte2 e quello Draghi; 3) le politiche, in particolare in Lombardia (Regione simbolo della devastazione/privatizzazione selvaggia della sanità pubblica), che rappresentano l’attuale situazione di non contenimento della pandemia; 4) le voci di denuncia – gli appelli – degli operatori sanitari, prima blandite/affascinate dalla retorica di "Eroi", poi represse e silenziate (dai provvedimenti disciplinari o licenziamenti) e infine buttate in pasto agli attacchi mediatici (sino a quelli fisici), ovvero essere i diffusori del virus, e quindi passati da eroi ad untori; 5) il ruolo dei sindacati confederali e corporativi; 6) il ruolo dei sindacati di base, da Usb a Sgb, da Adl Cobas a Usi-Ait; 7) il ruolo del sindacalismo classista comprendendo i cambiamenti reali di un settore pubblico che ha fatto passi da gigante verso la proletarizzazione dei lavoratori; 8) il piano vaccini; 9) quali prospettive e che fare.

1) Un bilancio, veloce ma non superficiale, ci dice che in parte, minima, alcune cose sono cambiate. Primo è cambiato il governo e questo non ha avuto, in una buona fetta dei lavoratori, un impatto favorevole. E non certo perché il governo Conte avesse tradotto in fatti i tanti proclami: “nuove e massicce assunzioni”, “sviluppo della medicina territoriale”, “più risorse per nuovi presidi ospedalieri, più terapie intensive, più DPI”, “più tutele per la salute e sicurezza degli operatori sanitari”; ma anche “recupero sulle altre patologie penalizzate dal collasso del sistema sanitario” o “basta alla regionalizzazione”. Tra le corsie questo è stato chiaro e via via è scemato il consenso. Allo stesso tempo tra le fila dei lavoratori, almeno tra quelli avanti negli anni e con un minimo di conoscenza della storia e

“lavoro” di Draghi, hanno “urlato”: “siamo passati dalla padella alla brace”.

2) le differenze (?) tra Conte2 e Draghi: sul fine nessuno. Ovvero al servizio degli interessi dei padroni compresi quelli della sanità privata. Sul metodo, principalmente il fatto che Conte aveva contenuto le spinte fascio populiste di Renzi (cavallo di Troia della destra e razzista di Salvini/Meloni); salvo, però, poi cadere proprio su questo fronte, a partire dal suo insediamento con la nomina di 2 ministri di IV, ma anche con la “timidezza” nel non commissariare, anche manu militare, alcuni governatori (il tutto supportato dal tam tam mass mediatico e di pseudo infettivologi/virologi/anestesisti), dalla Lombardia alla Sicilia, dalla Toscana alla Puglia, passando per Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, tutti uniti nel “riapriamo tutto” “il virus è morto” “l’economia deve riprendersi”; tutte posizioni alimentate ed al servizio dei piani di Confindustria a guida Bonomi. Che di fatto ha rappresentato, e presentato il conto, della seconda e più virulenta seconda ondata. Se nei tre mesi marzo/aprile/maggio 2020 i morti sono stati circa 35.000, da ottobre a dicembre sono più che raddoppiati e con la Lombardia in testa.

3) Le politiche delle regioni: se il governo Conte in parte aveva “imposto” zone rosse e “sollecitato” misure di contenimento quali tracciamento attraverso i tamponi, non solo per tutti i lavoratori ospedalieri; diffusione e rafforzamento dei DPI; rafforzamento delle zone filtro o triage, nei fatti si è fermato agli annunci e alle “minacce” ai governatori. Quest’ultimi operando delle grossolane operazioni di maquillage (cambiando quelli più impresentabili come Gallera) hanno continuato, e continuano, sulla strada di distruzione della sanità pubblica. Ed ora le loro teorie e pratiche sono entrate a pieno titolo nel governo Draghi. Che si può tradurre con quanto espresso da un lavoratore di Bergamo: “dopo un anno la situazione sanitaria è allo sbaraglio... la campagna vaccinale è al di sotto delle aspettative, non si intravede nessun vero piano di assunzioni e stabilizzazioni di medici e infermieri. In questo anno è cambiato il premier, il capo della protezione civile, l’assessore alla sanità lombarda, la Lega è rientrata al governo e stanno facendo le stesse identiche cose (in peggio aggiungiamo noi), ma oggi nessuno protesta”. Questa è la visione che si ha nelle corsie degli ospedali, ma sottolineiamo l’ultimo passaggio che è l’aspetto prioritario e necessario per i lavoratori.

4) Le denunce dei lavoratori dove sono finite? Non sono sparite ma sono state tacitate da una parte e dall’altra, trasformate in "operatori sanitari untori ed ostacolo alla ripresa degli interventi per le altre patologie". Questo si è tradotto negli stessi provvedimenti di un anno fa: salto di ferie e riposi - ieri perché, nonostante i lavoratori erano allo stremo, mancavano le “truppe” in una sanità, già prima della pandemia, erano al collasso; oggi, perchè bisogna “recuperare” sulle altre patologie. Qui riprendiamo un altro passaggio del lavoratore di Bergamo che dimostra come questo sia quasi impossibile, perché già prima della pandemia curarsi per tumore o problemi cardiologici ed altro era un vero e proprio rebus dove emergeva in particolare per pensionati, proletari, disoccupati, la difficoltà di potersi curare visti anche gli alti costi e le chilometriche liste d’attesa. In questo passaggio il lavoratore mette il dito nella piaga, disastrosa un anno fa e drammatica oggi: “aumentano giornalmente i ricoveri x varianti covid... l’età media si è abbassata e colpisce giovani con nessuna comorbilità (cioè nessuna altra patologia concomitante)... molte unità operative sono state riconvertite in settori covid… l’ospedale è investito dalla 3° ondata... riduzione sale operatorie, attività ambulatoriale... di nuovo ferie bloccate e congedi". 

5) In un altro punto sempre questo lavoratore mette in risalto la problematica campagna vaccini: “è di questi giorni la notizia di focolai covid in alcuni reparti, nonostante il personale sanitario è ormai quasi tutto vaccinato... personale che pretende di eseguire il test sierologico x monitorare la carica anticorporale... ma al momento non è prevista nessuna indagine”. A questo aggiungiamo noi che la stessa realtà è presente negli Hub (ospedali che in teoria dovrebbero essere libere dal covid e dove dirottare altre patologie), come è successo all’Istituto Tumori dove a novembre si è “scoperto” un alto tasso di operatori sanitari positivi, ma in una conferenza stampa la Direzione dichiarava che era tutto sotto controllo e che erano state intraprese le opportune misure come da normativa. Ma ancor più allarmante è stato per i lavoratori sentire dai giornali a febbraio che in Istituto vi era(no) stato(i) un focolaio covid in un reparto, quando a novembre era "tutto sotto controllo". Ma la cosa inaccettabile è il silenzio/il tappo che è stato messo in atto sui contagi di alcuni operatori già vaccinati.

pc

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