Stellantis il neonato gigante mondiale dell’automobile risultato dalla fusione tra FCA ed il gruppo francese PSA viene collocato, dalla semplice addizione delle reciproche produzioni 8,7 milioni di mezzi all’anno, al quarto posto nel mercato mondiale del settore. 400 mila dipendenti, 180 miliardi di fatturato
e 14 marchi (Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Citroen, Dodge, DS, Fiat, Jeep, Lancia, Maserati, Opel, Peugeot e RAM).Il gruppo guidato da C.
Tavares e dall’ex braccio destro di Marchionne J. Manley (responsabile
di Stellantis USA) dovrà definire le strategie per rimanere competitivo a
livello planetario, andando oltre la semplice somma matematica dei due
gruppi. A questo tipo di fusioni, di norma, segue una “razionalizzazione
ed ottimizzazione” degli stabilimenti e della forza lavoro, cioè
serrata e conseguente riduzione del numero degli operai. Nonostante le
rassicurazioni iniziali di Tavares: “Il costo del lavoro influisce
solamente del 10% sul totale dei costi di produzione, il nostro impegno è
che nessuno stabilimento verrà chiuso come conseguenza di questa
fusione” (Milano, conferenza stampa 19/01/21).
Le notizie che
arrivano dagli Stati Uniti e dal Regno Unito ci raccontano un’altra
realtà. Allo stabilimento di montaggio Stellantis di Belvidere nel Nord
dell’Illinois, lavorano 3600 operai che producono la Jeep Cherokee.
Passato appena un mese dalla fusione e dalle dichiarazioni di Tavares,
il 20 febbraio 2021 la direzione dello stabilimento ha annunciato il
licenziamento di 150 operai. “Lo stabilimento di Stellantis a Belvidere,
Illinois, sta riequilibrando gli organici mentre riallinea la
produzione per soddisfare la domanda globale per la Jeep Cherokee” (fonte Detroit free press)
recita il comunicato aziendale. I sindacalisti dello UAW, principale
sindacato in Stellantis non hanno ritenuto opportuno rilasciare
dichiarazioni in merito alla vicenda. L’intensificazione dello
sfruttamento operaio negli USA è stato applicato con largo anticipo
rispetto all’Europa. Negli stabilimenti FCA, infatti, con la
collaborazione dei sindacalisti dello UAW e dell’amministrazione Obama
(Imposizione delle 10 ore x 4gg nel 2009 senza corrispondere lo
straordinario), è in corso da tempo una feroce ristrutturazione con
l’oggettiva abolizione della giornata di otto ore. Stellantis ora punta
alla ulteriore massima utilizzazione degli impianti e all’abbassamento
del salario reale degli operai. In questo senso va vista la recente
introduzione del turno 12 ore x 7 gg annunciata per il 5 aprile 2021
allo SHAP di Detroit. Il 12×7 inizialmente destinata ad essere
introdotta lo scorso anno fu ritirata in seguito alle proteste degli
operai a dicembre 2020.
A rischio chiusura anche uno dei due
stabilimenti britannici della Vauxhall, quello di Ellesmere Port (1100
dipendenti). “Stellantis sta ora valutando se convertire il sito alla
mobilità elettrica, ma un tale investimento potrebbe non avere
economicamente senso”, ha detto Tavares (fonte LesEchos 03/03/21)
“Abbiamo abbastanza capacita produttiva altrove in Europa, se
investiamo in UK, dovrà essere con il sostegno delle autorità locali.
Questo sostegno deve essere concreto, vincolante e non solo una mossa
propagandistica”, ha continuato Tavares rendendo esplicito il ricatto.
Anche
per gli stabilimenti brasiliani, paese dove PSA ed FCA dominavano il
mercato prima della fusione, si prospetta una “razionalizzazione” con
una probabile drastica espulsione operaia.
“Non verrà chiuso nessuno
stabilimento FCA, soprattutto in Italia”, dichiarava Tavares il 19
gennaio appena fatta la fusione, ma chiarendo in una recente intervista
le reali intenzioni ha poi aggiunto: “Il costo medio di produzione per
un’auto prodotta in Italia è molto più alto che in altri paesi con
stabilimenti simili quali la Francia e la Spagna” (Fonte Automotive news Europe 24/02/2021).
I
padroni di Stellantis, come è evidente, senza indugio iniziano ad
intervenire per tutelare i loro interessi economici concreti, per tenere
alti i loro margini di profitto nell’unica maniera possibile:
espellendo dalle fabbriche una parte degli operai e aumentando
contemporaneamente i ritmi e i carichi di lavoro sugli operai rimasti in
produzione, ed eventualmente delocalizzando in aree dove pagheranno
ancora di meno gli operai. Hanno iniziato negli USA ma la stessa
esigenza si presenterà molto presto anche in Europa.
info M. C. - operai contro
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