Ripartiamo da quello che abbiamo scritto
Il principale sostenitore del governo Draghi è il sindacalismo
confederale e la punta di lancia politica di questo sostegno è Maurizio
Landini. Si può dire che sin dall’incarico a Draghi questo sostegno sia
stato decisivo per compattare il fronte unito dei padroni, il fronte dei
partiti e in particolare il PD e quello delle Regioni amministrate da
aree politiche di riferimento del sindacalismo confederale, e il fronte
delle articolazioni economiche del sistema del capitale, industria di
Stato, cooperative, ecc.
La ricompensa a tutto
questo è l’ingresso del sindacato nella stanza dei bottoni. La
cogestione non è quella delle situazioni di fabbrica e dell’insieme del
mondo del lavoro, già esistente, ma la cogestione complessiva della
politica economica, sia quella in corso sia quella futura, centrata
sull’asse Recovery fund, green, digitale, ecc. Come giustamente un
giornale ha scritto, non si tratta della vecchia concertazione che era
pressochè scontata qualunque fosse il governo che succedesse a Conte.
E’
importante che i comunisti e il sindacalismo di classe e combattivo
comprendano bene questo passaggio che influenza piattaforme, forme di
lotta e linee di classe e di massa.
La Base materiale di questa alleanza è nell’economia e nella politica.
Nell’economia, è legata al mix, varato a livello europeo ma in realtà mondiale, di temperamento
dell’economia di mercato con un neo keynesianismo che evidentemente
domanda una “sinistra interna” ai governi, qualunque sia la forma
politica che i governi assumano. Senza scomodare le categorie storiche
del fascismo, del socialfascismo, la sostanza è però lì.
Sul
piano politico c’è un solo modo per sostituire il degrado dei partiti
che in Italia appare estremamente accentuato - vedi il crack in corso di
Pd e 5stelle – esso domanda una supplenza che può fornire
fondamentalmente il sindacalismo confederale e in particolare la Cgil. E
Landini sembra avere il background giusto per svolgere questa funzione.
La Cisl è una succursale sindacale del mondo cattolico e i suoi
dirigenti storicamente si piazzano nei grandi Enti o nei Ministeri. La
Uil ha una base fortemente aziendalista incline al neocorporativismo in
senso stretto che è buona, con qualche contraddizione, qualunque sia il
regime politico che va a costituire il comitato d’affari della
borghesia. E’ la Cgil di Landini che invece è altro, come abbiamo detto.
La
prima conclusione è che è impossibile combattere il governo Draghi e
l’attuale gestione della crisi da parte di Confindustria e grande
finanza senza combattere apertamente la Cgil come puntello fondamentale
di tutto questo.
Torneremo sull’argomento dopo
che esaminiamo meglio Landini, non tanto quello fastidioso gracchiante
parolaio della televisione ma quello delle interviste; consideriamo
fondamentalmente quelle a due giornali Repubblica e La Stampa.
L’intervista
ultima è quella sulla Stampa dopo l’incontro Draghi/confederali,
salutato da questi ultimi quasi con una ola di tipo calcistico.
Chiaramente
Landini dà voce a questo sostegno. Ogni riga è più che un elogio; ogni
banalità di Draghi viene trasformata in un concetto di alto profilo.
L’intervento
del governo sul Pubblico Impiego? “E’ il segnale che la Pubblica
Amministrazione può diventare motore di sviluppo, creatrice di buona
occupazione”.
La pandemia rivalutata in lavoro pubblico? Landini va oltre, rivaluta il lavoro in generale.
Sono
in arrivo contratti per i pubblici dipendenti? Landini li accetta già a
scatola chiusa e ha già le motivazioni per farli ingoiare ai lavoratori
statali. Anzi, a sancire che si tratta di un contratto pubblico fondato
sul privato, quindi obiettivamente peggiorativo, Landini alla domanda
“tutte richieste che trasferirete anche al settore privato?”, risponde
“certo, in molti contratti di categoria ci sono già”, quindi è il
privato che si trasferisce nel pubblico. Il contratto pubblico
regolamenterà ciò che i contratti privati stanno già facendo.
Perfino
il giornalista appare stupito e dice “ma, Brunetta non era lo
spauracchio dei dipendenti pubblici?” E Landini con ineffabile faccia
tosta risponde “nelle trattative conta il merito non il pregiudizio, e
c’è una vera svolta “il ministro ha avviato da subito il rapporto con il
sindacato… investe sul lavoro pubblico, dà qualità a tutta la PA”. Il
“nano malefico”, quindi, diventa il “gigante buono”.
Landini
continua con l’apologia del governo e della persona di Draghi e lo fa
diventare colui che “assumerà i giovani, darà tanta formazione per
lavoratrici e lavoratori”, e ha già coniato uno slogan per lui: “uno
assunto per ogni pensionato”.
Si chiede il giornalista, e ce
lo chiederemmo anche noi, “è arrivata l’ora dei prepensionamenti?”
neanche per il c… “bisogna mettere mani alla riforma delle pensioni, ma –
dice Landini – per attutire l’effetto della fine di ‘quota 100’”.
Passa
poi subito all’apologia dello smart working, della serie: se la
pandemia non ci fosse bisognerebbe inventarla. Landini parla dei due
modi di lavorare che ci saranno: il remoto e in ufficio, che poi vuol
dire nuova precarietà, meno diritti e prestazioni misurate secondo
criteri individualizzati che si tradurranno nella “grande fregatura”.
Landini alimenta questa visione “dovrà essere un lavoro di squadra –
chiamiamolo “cottimo collettivo” che è meglio, diciamo noi – ogni
dipendente dovrebbe avere maggiore autonomia”, vale a dire: riduzione
della prestazione collettiva a prestazione individuale.
Poi,
nell’affrontare il problema di Alitalia di cui ci si prepara a
sostenerne lo smantellamento con migliaia di esuberi, Landini non può
aggiungere parole dato che tutto su Alitalia è stato già detto.
Sull’Ilva
c’è in sì preventivo all’intesa già raggiunta tra governo Conte ed
ArcelorMittal, su cui pesa, come si sa, la mannaia giudiziaria – ed è
più questo il problema che ha Landini e non gli effetti del piano che
nella sostanza comporta esuberi, cassa integrazione permanente, fumosi
spacchettamenti della fabbrica dentro il rinnovamento green coi fondi
europei.
A fronte di questo consenso al governo
così esplicito, giustamente il giornalista tira le somme chiedendo a
Landini se questo governo è peggiore o migliore del precedente. E qui
abbiamo un elogio postumo di Conte “con il governo Conte abbiamo fatto
cose importanti, i protocolli sulla sicurezza in fabbrica, il blocco dei
licenziamenti, l’avvio della riduzione delle tasse sulle buste paga e
anche i famosi 200miliardi che arriveranno dall’Europa”. Ma chiaramente è
un elogio funebre. Landini non ha il coraggio di dire che con Draghi la
conseguenza naturale è la fine dei protocolli sulla sicurezza, del
blocco dei licenziamenti e dello stop ad ogni riduzione delle tasse sui
lavoratori; e certo non in cambio della patrimoniale ma di tanti soldi a
padroni e finanza e di riduzione delle tasse lungo la strada della flat
tax, naturale sbocco dell’ingresso di Salvini/Lega nel governo.
Anche
l’altra domanda del giornalista è molto opportuna ed utile a questo
punto dell’intervista. La riportiamo tutta “Quando guidava la Fiom si
diceva che lei stesse per fondare un partito, il ‘partito del lavoro’.
Visto come vanno le cose nel Pd, a sinistra c’è chi rimpiange quel
progetto. Lei?”.
Abbiamo già risposto noi per Landini nella
prima parte dell’articolo, il soggetto interessato non può che ripetere
la favola che usò già ai tempi della sua improvvida “alleanza nazionale”
che non era un partito “perché lui fa il mestiere di sindacalista”.
Diciamo noi che in realtà è più di un partito, perché la sua azione e la
sua linea portano in dote un super partito per il più grande sindacato.
E in nome della rappresentanza del lavoro Landini dà copertura
anticipata al nuovo arrivo di Letta e alla caterva di nuovi soci
fondatori del centrosinistra della nuova unità nazionale retta oggi da
Draghi.
A una intervista abbastanza esplicita,
certo non si può rispondere solo con male parole ma facendosi carico del
surplus di analisi di un dibattito già aperto nel movimento sindacale
di classe e nel movimento operaio. A partire però da un punto che
abbiamo indicato già nel corso di questa nota: è giusto auspicare una
protesta della base sindacale di Landini, e saremmo i primi ad esserne
contenti, ma quello che è certo è che non ha senso un’opposizione
interna al sindacato di Landini, significherebbe non comprenderne il
passaggio, come alcuni rottami della sinistra Cgil fanno.
Esiste
un solo sindacalismo di classe e di massa, che è fuori e contro il
socio maggioritario del governo Draghi. E questa è la trincea di
combattimento su cui i lavoratori che lottano, anche se hanno ancora la
tessera sindacale della Cgil, potranno trovare lo strumento necessario
per rispondere alla guerra dei padroni e dei loro governi.
pc
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