Lombardia, Calabria e Piemonte
Liguria e Sicilia L'ordinanza entrerà in vigore Domenica 29.
da un commento di Contropiano
Lombardia arancione, una scelta ad alto rischio
Così, come voleva il presidente Fontana, da domenica 29 novembre la Lombardia cambia colore e passa
da “rossa” ad “arancione”. La motivazione è una sola: consentire ai centri commerciali il rituale consumistico natalizio.Si tratta di una azzardo molto pericoloso, visto che la situazione sanitaria in regione è ancora molto grave, solo in piccola parte alleggerita dal farlock-down delle ultime settimane, dove in realtà, si è chiuso già ben poco e dove soprattutto si è continuato a lavorare in fabbriche e uffici.
Ora si riapriranno negozi e grandi centri commerciali, forse sino alle 22 e anche nei giorni festivi, per “scaglionare l’affluenza”. Se in una città spaventata e impoverita ci sarà chi potrà dedicarsi al rituale degli acquisti natalizi non lo sappiamo, ma di certo il pericolo di un aumento dei contagi è alto.
Il passaggio da zona rossa ad arancione è stato sconsigliato, per la Lombardia, dall’Istituto Superiore di Sanità e da tutte le associazioni dei medici che mettono in evidenza che la situazione è ben lontana dall’essere significativamente migliorata.
Vero è che i nuovi casi rilevati sono, in assoluto, in calo, ma ciò è dovuto alla politica della Regione di fare meno tamponi, in modo da fingere che il contagio sia in regresso. Al contrario, il tasso di positività ai tamponi è ancora alto e in aumento, avendo raggiunto nella giornata del 27 novembre il 13,1%.
Nella stessa giornata, la Lombardia ha registrato 181 morti e la pressione sugli ospedali e sul personale sanitario è fortissima. La responsabilità che si assume Fontana, in questa situazione, con l’avallo del ministro Speranza, è dunque enorme, poiché l’afflusso nei centri commerciali potrebbe provocare centinaia di ricoveri che farebbero saltare completamente il sistema ospedaliero ancora sotto pressione.
L’esasperazione del personale sanitario, di fronte a questa situazione, è sempre più alta. Ai “Riuniti” di Brescia c’è stata ieri un’altra manifestazione spontanea di medici, infermieri e inservienti, molto più partecipata della prima, dopo che il direttore generale dell’ospedale aveva mandato una lettera ai giornali in cui diceva che in realtà “tutto andava bene”.
I lavoratori chiedono di essere coinvolti nelle scelte di gestione dell’ospedale, ma soprattutto vogliono nuove assunzioni dato che l’organico è insufficiente.
La risposta della Regione e dei direttori sembra essere una sola: la repressione di ogni voce di protesta che esca dagli ospedali.
Ne fa testo quanto accaduto negli ospedali San Carlo e San Paolo di Milano. Cinquanta medici di questi ospedali hanno scritto una lettera, tra l’altro interna, indirizzata al direttore, che per caso è uscita sulla stampa. I medici denunciavano la situazione inaccettabile di disagio professionale che li coinvolge e che, ovviamente, ricade sui pazienti.
La risposta è stata la rimozione dall’incarico della responsabile del dipartimento di pronto soccorso. Insomma, bisogna lavorare in condizioni inaccettabili, non poter curare chi sta male e tacere. Questa è la legge di Fontana e Gallera.
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