La
mobilitazione sarà preceduta, per l’intera giornata di venerdì 26
ottobre, da uno sciopero generale indetto dal sindacalismo
conflittuale per rilanciare la lotta e la ricomposizione di classe.
Mobilitazioni
queste che si tradurranno in una prima risposta reale e radicale
contro le politiche smaccatamente razziste dell’attuale coalizione
di Governo e contro il disegno di manovra di bilancio appena
approvato.
Un’opposizione,
quella al razzismo dilagante ed esasperato dalle campagne condotte
dalla Lega negli ultimi anni, che non può risolversi sul piano
meramente etico della comunque corretta rivendicazione e affermazione
dell’uguaglianza tra esseri umani, tra autoctoni e immigrati. Ma
che invece denunci politicamente e combatta materialmente il
razzismo, quale strumento usato a piene mani dal
padronato per dividere i lavoratori, che alimenta così una “guerra tra poveri” utile a perpetuare l’attuale sistema di produzione e la sua continua necessità di forza lavoro, se non di schiavi, a costi irrisori. Una “guerra tra poveri” esacerbata sia dalle provocazioni e aggressioni della feccia fascista (da Macerata a Brindisi, da Bergamo a Roma, l’elenco è lungo), sia dall’opera di solerti organi istituzionali che attaccano l’accoglienza (Locri) e chi già risiede regolarmente in Italia (Lodi).
padronato per dividere i lavoratori, che alimenta così una “guerra tra poveri” utile a perpetuare l’attuale sistema di produzione e la sua continua necessità di forza lavoro, se non di schiavi, a costi irrisori. Una “guerra tra poveri” esacerbata sia dalle provocazioni e aggressioni della feccia fascista (da Macerata a Brindisi, da Bergamo a Roma, l’elenco è lungo), sia dall’opera di solerti organi istituzionali che attaccano l’accoglienza (Locri) e chi già risiede regolarmente in Italia (Lodi).
Un
antirazzismo quindi che sia parte integrante di una più complessiva
battaglia, impossibile da disgiungere dalla lotta contro lo
sfruttamento dell’uomo e la rapina delle risorse, origine questa
sempre più preponderante dei movimenti migratori verso l’Europa,
per i diritti alla casa a servizi sociali (sanità, istruzione,
ecc.). Un
antirazzismo che non sia parziale, bensì declinato nella ricerca di
unità tra lavoratori e lavoratrici, che coinvolga tutto il
proletariato, a prescindere dalle origini e provenienze, per
l’uguaglianza dei diritti superando le differenze imposte dalle
classi dominanti.
Il
decreto sicurezza e, in generale, l’azione del Governo Salvini-Di
Maio si pongono invece nel solco impostato dalle precedenti leggi del
fenomeno migratorio fatte di disciplinamento e precarietà,
implementate da Gentiloni-Minniti complici dell’internamento e
delle torture nei lager libici di chi fugge da guerra e misera. Un
decreto che attacca frontalmente le condizioni di vita
di chi possiede già un titolo di soggiorno e cancella il permesso di
soggiorno per motivi umanitari, che permette di revocare la domanda
di protezione internazionale per i richiedenti asilo; prolunga fino a
6 mesi la detenzione nei centri per il rimpatrio, permettendo la
stessa nelle Questure e nei Commissariati creando di fatto un
circuito di reclusione parallelo, in mano al Ministero degli Interni;
autorizza la revoca della cittadinanza e attua un cambio radicale
dell’intero sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati
tagliando peraltro i fondi a ciò destinati; espelle e revoca il
permesso di soggiorno ai lavoratori condannati per blocco stradale,
reato depenalizzato e ora reintrodotto per colpire nello specifico le
lotte nella logistica con il plauso di Confetra, associazione
padronale maggioritaria nel settore.
Un
decreto utile a parlare tanto alla “pancia del paese” quanto al
blocco sociale di riferimento, la media e piccola borghesia, offrendo
loro forza lavoro ricattabile da sfruttare nei cantieri, nei campi,
nei magazzini e in
fabbrica. Ma
quest’ultimo è assecondato anche da numerose delle misure previste
nella legge di stabilità: su tutte, il condono fiscale, la
reintroduzione dei voucher e un primo principio di flat tax. Una
manovra che la propaganda governativa vorrebbe del “cambiamento”
e per il “popolo”, contando le blande misure previste per evitare
l’emorragia dell’elettorato grillino, ma che in realtà prevede
ulteriori tagli della spesa pubblica e l’ennesima sottrazione di
risorse al lavoro in favore del profitto.
Insomma
il tentativo palese delle forze che sostengono l’attuale governo è
di arrivare forti e con un sostegno chiaro alle elezioni europee
della prossima primavera, nelle quali lo scontro tra i “populismi”
e i “sovranismi” dei diversi paesi UE e il blocco europeista sarà
decisivo. Movimenti e partiti questi che godono di un sostegno
crescente tra le classi impoverite dalla crisi e dalle misure di
austerity imposte dai vertici comunitari. Un sostegno accordato anche
da importanti settori dei capitalismi nazionali che vedono in queste
forze un freno alla centralizzazione e al drenaggio di risorse e
capitali in favore della più competitiva e solida trazione
franco-tedesca. E le recenti dichiarazioni di Boccia, presidente di
Confindustria, di favore alla Lega, poi goffamente smentite,
confermano questo quadro. Il polo imperialistico europeo in
costruzione rischia così di abortire prima di una sua definizione
completa sotto il peso di uno scontro
intercapitalistico
che si consuma sempre più tra i propri confini e che, spostando
l’osservazione al globale e alla guerra commerciale in atto,
diventa sempre più feroce.
Scontro
comunque tutto interno all’ideologia economica dominante e al
sistema di produzione capitalistica e nel quale la voce del lavoro e
dei suoi rappresentanti è sempre più debole.
In
questo quadro le due giornate di mobilitazione del 26 e del 27
ottobre assumono una valenza più complessiva e rappresentano un
importante banco di prova per iniziare ad affrontare questa
debolezza.
Le
due giornate si collocano infatti nell’alveo del percorso di
costruzione di un unico fronte unitario che, superando l’orizzonte
della lotta sindacale, riesca ad agglutinare, in un’ottica
anticapitalista, le diverse vertenze e situazioni di lotta sociali,
territoriali e di lavoro, i comitati e i coordinamenti operai, le
realtà politiche conflittuali oggi presenti ma divise.
Un
fronte unitario che sia antirazzista, anticapitalista e
internazionalista, e che riesca a strutturarsi per generalizzare e
sviluppare uno scontro di classe che sarà sempre più aspro. Un
fronte unitario assolutamente necessario per definire progettualmente
l’incompatibilità e inconciliabilità dei propri interessi di
classe, che riesca a produrre rapporti di forza più favorevoli con
l’obiettivo strategico di un cambio radicale dell’attuale modo di
produzione capitalistico.
Per
questi motivi saremo a Roma sabato prossimo!
I
compagni e le compagne del CSA Vittoria
info@csavittoria.org
- www.csavittoria.org
Nessun commento:
Posta un commento