La condizione operaia è
strutturalmente legata al sistema capitalistico e ai risultati della
lotta di classe. In questo momento storico è la crisi mondiale da
sovrapproduzione che detta le principali azioni e reazioni. E in
questo momento il proletariato subisce doppiamente i colpi della
crisi che da un lato causa licenziamenti, aumento della disoccupazione,
difficoltà di reinserimento nel processo produttivo, eventuale
sopravvivenza con sussidi o caduta vera e propria nel
sottoproletariato, dall'altro, la necessità dei padroni di “uscire
dalla crisi” porta a schiacciare ancora di più
la classe per riprendere almeno a “stare sul mercato” spremendo
contemporaneamente ulteriori profitti.
Attualmente la “resistenza”
operaia, per lo meno nei paesi imperialisti, consiste
fondamentalmente nel tentativo di salvaguardare il posto di lavoro,
il livello salariale e i diritti conquistati con la lotta.
I padroni devono continuare a fare
profitti se vogliono sopravvivere come capitalisti (vedono la crisi
come opportunità, anche se molti di loro nel caos generale periscono
e vengono spesso mangiati dai più grandi, si sviluppa infatti una
grande azione di Fusioni e Acquisizioni) e quindi mobilitano tutte le
loro energie per trovare le forme per rilanciare i loro affari:
Ristrutturano per
affrontare meglio la concorrenza spietata (tutti quelli che possono
fanno lo stesso) passando come dicono loro da fabbriche labour
intensive a capital intensive, insomma riducono il
numero di operai e
aumentano il numero di macchine, aumentando di conseguenza la
produttività e a sua volta la concorrenza tra gli operai. Se
possono spostano la produzione in altri luoghi più favorevoli per
manodopera-costo del lavoro e condizioni generali, fiscali, più favorevoli, aumentando in
questo modo il grado di estrazione di plusvalore. Oltre a questo
“normale” metodo, aggiungono, quando possono, anche
l’allungamento della giornata lavorativa vera e propria con altri
mezzi: revisione dei contratti (orari di lavoro, riduzione/cancellazione dei diritti), “incentivi", ecc. Inoltre, visto che quasi tutti i settori
produttivi sono “saturi” allargano l’ambito della produzione in
settori sempre “nuovi”, ad altissima intensità di capitale
(tecnologia, internet, ecc.) dove si riversano i capitali
“liberi” e che in un primo tempo permettono profitti più alti.
Utilizzano i governi per avere leggi
contro gli operai che aiutano i loro sforzi di maggiore sfruttamento. I dazi e la conseguente guerra commerciale sono una delle forme
“legali” di guerra tra i capitalisti (quando non possono
allargare nell’immediato il campo della guerra guerreggiata). Ma questa guerra commerciale di tutti contro tutti si ripercuote sulla produzione generale restringendola e accentuando la crisi.
La fabbrica resta sempre il centro della produzione capitalista.
L’agricoltura vede diminuire
il numero di lavoratori, mentre i cosiddetti servizi si gonfiano
smisuratamente, soprattutto quelli che i padroni chiamano servizi
all’impresa e quindi i soli veramente importanti, ma in ogni caso
“non si può vivere di servizi”! L’umanità nel suo attuale
sviluppo necessità di una quantità enorme di beni materiali, di
prodotti come mai prima.
Alcune caratteristiche si ritrovano nel contesto della Sicilia, di cui poi vedremo due casi specifici: Fincantieri e Blutec (ex Fiat Termini Imerese).
Dai dati - dal Rapporto Svimez 2013
Popolazione residente anagrafica 2012,
migliaia 4.999,9
Unità di lavoro agricoltura
125,5
Unità di lavoro industria
220,7
Industria in senso stretto
125,1
Costruzioni 95,6
Unità di lavoro servizi 1.056,8
Unità di lavoro in complesso
1.403,0
(CONTINUA)
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