sabato 7 luglio 2018

pc 7 luglio - CONTRO I MONDIALI IN QATAR 2022: CIMITERO DEI LAVORATORI COMINCIAMO SIN DA QUESTI GIORNI DELLA FASE FINALE LA DENUNCIA E LA CAMPAGNA PER IL BOICOTTAGGIO

Mentre Russia 2018 entra nella sua fase decisiva, nessuno si occupa degli operai impegnati a costruire stadi e infrastrutture per la Coppa del mondo 2022. La monarchia qatariota e la Fifa tacciono e i lavoratori (in gran parte immigrati asiatici) muoiono nell’indifferenza generale.

di David Lifodi
Immagine tratta dal sito web IoGiocoPulito.it
“Devono morire migliaia di lavoratori per quattro settimane di mondiali di calcio?”. Così si è espresso il calciatore danese William Kvist a proposito delle condizioni di schiavitù in cui sono ridotti gli operai impiegati nei cantieri dove lavorano a ritmi disumani e in totale assenza delle condizioni
minime di sicurezza pur di permettere al Qatar di farsi trovare pronto con la prossima edizione della Coppa del mondo, in programma nel piccolo emirato nel 2022.
Se Russia 2018 è ormai entrata nella sua fase finale e si ragiona sia sull’opportunità di accoppiare le squadre dagli ottavi di finale in poi con il sorteggio integrale sia sull’eventualità di far disputare le gare del 2022 in autunno per via della altissime temperature tipiche dell’estate qatariota, quasi nessuno si preoccupa di tutelare la manodopera straniera, in gran parte di provenienza asiatica, che sta lavorando in una condizione lavorativa al limite della sopravvivenza negli impianti pronti ad ospitare le gesta degli emuli di Messi, Ronaldo e compagnia cantante. Ci si chiede come faranno i calciatori e i tifosi sulle tribune a sopportare il caldo, se la competizione si tenesse tra giugno e luglio come vuole la tradizione, ma della sorte degli operai che permetteranno al carrozzone della Fifa di sbarcare in Qatar nessuno sembra interessarsene.
Eppure, nonostante il silenzio della Fifa (i vertici della massima istituzione calcistica sono noti per le nefandezze compiute da decenni in giro per il mondo) e della monarchia qatariota (non esattamente un modello quanto a democrazia e tutela dei diritti umani), a muoversi tra i primi sono stati i sindacati, rivolgendosi alla Fifa e chiedendo giustizia per gli operai costretti a lavorare senza poter avere accesso all’acqua potabile gratuita, a pasti decenti e obbligati ad abitare in tuguri sovraffollati dove si propagano facilmente le malattie. La Fifa si è limitata ad esprimere preoccupazione, fingendo interesse tramite un richiamo alla monarchia del Qatar affinché garantisca delle condizioni di lavoro dignitose.
Spesso ai lavoratori giunti in Qatar viene tolto il passaporto, affinché non siano più padroni della propria vita e non abbiano più il diritto di circolare liberamente al di fuori del paese:  sono obbligati a rimanere nell’emirato e non possono fuggire, schiavi di imprese divenute titolari del loro cartellino, per usare termini familiari all’ambiente calcistico, dove le società sono proprietarie delle prestazioni del singolo giocatore. Gli invisibili provenienti dal Pakistan, dall’India o dal Nepal sono capitati un paese ai primi posti quanto a riserve petrolifere e di gas, che la monarchia intende far fruttare al massimo coniugando questi affari con quelli legati alla costruzione degli stadi e di tutte le infrastrutture necessarie per ospitare la maggiore competizione calcistica mondiale.
Finora sono morti circa duemila lavoratori impiegati in Qatar per permettere alla Fifa di far disputare le gare di Coppa del mondo 2022 in uno dei paesi più dispotici del globo, ma considerando che mancano ancora quattro anni ai prossimi mondiali la cifra potrebbe raddoppiare. L’allarme su quella che rischia seriamente di trasformarsi nella più grande strage di operai legata al mondo del calcio, è arrivata da numerose personalità che hanno vinto il premio Nobel per la pace, preoccupate per le condizioni di moderna schiavitù in cui vivono  gli operai impegnati nei cantieri. Arresti cardiaci e incidenti sul lavoro rappresentano le due maggiori cause di mortalità tra gli operai deceduti per costruire le infrastrutture che permetteranno al Qatar di ospitare la Coppa del mondo.
Di fronte alle imprese che pagano i lavoratori anche con dodici mesi di ritardo e fingono di ignorare i diritti minimi degli operai, ha prevalso finora la sete di guadagno della monarchia qatariota e della Fifa. E se i calciatori, debitamente informati, facessero pressione sulle loro federazioni nazionali per rendere pubblica la schiavitù in cui sono ridotti i lavoratori o decidessero addirittura di boicottare i mondiali? Certo, si tratta di un’utopia, ma l’esempio dell’Argentina, che solo poco tempo fa ha rinunciato ad un’amichevole pre-mondiale in Israele a seguito della forti pressioni delle associazioni impegnate per i diritti dei palestinesi ,rappresenta un buon precedente.

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