Gli studenti e le studentesse dell'Università di
Cagliari sono in mobilitazione per denunciare la collusione del proprio Ateneo
con la produzione degli ordigni che quotidianamente servono a creare morte e
distruzione a partire dall'altra sponda del Mar Mediterraneo. Dopo aver
rivendicato la creazione di un Centro Studi che sia diametralmente opposto alla
mercantilizzazione del sapere che si propina in ambito accademico (vedi link), a partire da ieri sono state
intraprese azioni di denuncia contro la collaborazione dell' Università con lo
Stato Israele, che in queste settimane più che mai massacra il popolo
palestinese con l' appoggio mediatico dei paesi della NATO. Già lo scorso
sabato la città solidale si era data appuntamento con un presidio in Piazza
Garibaldi lanciato dalla rete Sardegna Palestina e dalla comunità palestinese
in Sardegna. Dal sit-in di lunedì, degli studenti contro il
Technion (vedi video
in fondo all'articolo), le azioni proseguiranno con un presidio convocato per
domani sotto il Rettorato della Università di Cagliari per contrastare
l'ingerenza degli apparati militari all'interno del corpo accademico. Qui di
seguito riportiamo l'appello della rete A FORAS - Contra a
s'ocupatzione militare de sa Sardigna:
NO AGLI ACCORDI UNIVERSITA' MILITARI. 11 APRILE
PRESIDIO RETTORATO CAGLIARI
L’occupazione militare della Sardegna è costituita, in
maniera evidente, dai numerosi poligoni militari, tra cui quelli di Quirra,
Teulada, Capo Frasca e da altre strutture militari come l’Aeroporto Militare di
Decimomannu. Strutture militari sono presenti anche in territori cittadini e
urbani; a Cagliari sono presenti numerose caserme tra le quali alcune delle più
importanti sono: il Comando Supporto Logistico della Marina Militare, la
caserma della Monfenera dove ha sede il 151° reggimento della Brigata “Sassari”,
la caserma Ederle di Calamosca; a Sassari il 152° reggimento della brigata
“Sassari”, a Nuoro la nuova caserma di San Lorenzo prima destinata agli
studenti universitari poi regalata ai militari. A Foras, che ha saputo mettere
in luce le contraddizioni insite nella presenza di strutture e servitù sin da
quando è nata, intende continuare a lavorare e lottare per un’inversione di
tendenza. L’occupazione militare non è fatta solo di caserme, territori
off-limits, filo spinato ed esercitazioni militari bensì di una pervasione del
militarismo all’interno della nostra quotidianità. Ormai da tempo, l’apparato
militare si è intromesso nella formazione, nelle aule universitarie e negli
studi della ricerca e tale presenza si è rafforzata dal 2017 grazie ad un
accordo Lavoro-Difesa-Istruzione. Nei mesi passati abbiamo denunciato, con
diversi documenti e studi, la vera faccia del DASS (Distretto AereoSpaziale
Sardo), un progetto dichiarato apertamente come civile ma che con il “dual use”
piega l’Università, i Saperi e la Ricerca alle necessità dei militari e della
guerra raccontando il tutto come una buona causa e un’occasione di sviluppo.
Mentre la ricerca “pura” in Italia viene sempre meno finanziata, quella applicata, grazie alle riforme partite dagli anni 90, sopravvive con gli interventi dei privati e quindi dipendente da logiche di mercato. Il progresso scientifico, per chi fa ricerca in Sardegna, non è volto tanto ad andare su Marte, è piuttosto indirizzato a come meglio progettare delle bombe da utilizzare contro tubature di impianti civili, o all’ottimizzazione dei droni in situazioni di sicurezza o conflitto. Come studenti e studentesse, ricercatori, docenti e lavoratori non possiamo tollerare che le strutture del sapere siano al servizio degli interessi militari, trasformate in luoghi di propaganda di guerra o di un “progresso scientifico” con ripercussioni negative sul territorio che viviamo. La cultura, il sapere, la ricerca,l’Università non possono sottostare alle esigenze di mercato e di profitto, tantomeno a quelli militari e bellici. Senza etica non c’è ricerca. Non vogliamo sottostare al ricatto che ci impone l’occupazione militare. Come giovani non possiamo vedere il nostro lavoro all’interno dell’Università messo a valore da e per interessi militari di stampo imperialista. Non vogliamo collaborare con chi, dandoci un tozzo di pane, qualche credito o qualche ora in più di tirocinio, usa il nostro lavoro per devastare la nostra terra o quella altrui, per quanto lontana possa sembrare. Per questi motivi chiamiamo un presidio sotto il Rettorato dell’Università di Cagliari, l’11 aprile, come primo passo di un percorso volto a sradicare l’ingerenza militare all’interno del corpo accademico. Le nostre rivendicazioni sono:
1. La rescissione del protocollo d’intesa firmato tra l’Università di Cagliari e il Comando Militare Esercito Sardegna, che lega il Dipartimento Militare di Medicina Legale e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria.
2. L’interruzione, da parte dell’Università di Cagliari, degli accordi di cooperazione con le università israeliane, Technion Institute, Hebrew University of Jerusalem e Oranim Academic College. Queste università, con il loro apporto scientifico e tecnologico in campo militare, sono complici dell’occupazione della Palestina e dell’apartheid che soffre il popolo Palestinese per mano dello Stato di Israele.
Mentre la ricerca “pura” in Italia viene sempre meno finanziata, quella applicata, grazie alle riforme partite dagli anni 90, sopravvive con gli interventi dei privati e quindi dipendente da logiche di mercato. Il progresso scientifico, per chi fa ricerca in Sardegna, non è volto tanto ad andare su Marte, è piuttosto indirizzato a come meglio progettare delle bombe da utilizzare contro tubature di impianti civili, o all’ottimizzazione dei droni in situazioni di sicurezza o conflitto. Come studenti e studentesse, ricercatori, docenti e lavoratori non possiamo tollerare che le strutture del sapere siano al servizio degli interessi militari, trasformate in luoghi di propaganda di guerra o di un “progresso scientifico” con ripercussioni negative sul territorio che viviamo. La cultura, il sapere, la ricerca,l’Università non possono sottostare alle esigenze di mercato e di profitto, tantomeno a quelli militari e bellici. Senza etica non c’è ricerca. Non vogliamo sottostare al ricatto che ci impone l’occupazione militare. Come giovani non possiamo vedere il nostro lavoro all’interno dell’Università messo a valore da e per interessi militari di stampo imperialista. Non vogliamo collaborare con chi, dandoci un tozzo di pane, qualche credito o qualche ora in più di tirocinio, usa il nostro lavoro per devastare la nostra terra o quella altrui, per quanto lontana possa sembrare. Per questi motivi chiamiamo un presidio sotto il Rettorato dell’Università di Cagliari, l’11 aprile, come primo passo di un percorso volto a sradicare l’ingerenza militare all’interno del corpo accademico. Le nostre rivendicazioni sono:
1. La rescissione del protocollo d’intesa firmato tra l’Università di Cagliari e il Comando Militare Esercito Sardegna, che lega il Dipartimento Militare di Medicina Legale e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria.
2. L’interruzione, da parte dell’Università di Cagliari, degli accordi di cooperazione con le università israeliane, Technion Institute, Hebrew University of Jerusalem e Oranim Academic College. Queste università, con il loro apporto scientifico e tecnologico in campo militare, sono complici dell’occupazione della Palestina e dell’apartheid che soffre il popolo Palestinese per mano dello Stato di Israele.
3. Il rifiuto, come Università di Cagliari, di
qualsiasi rapporto con enti direttamente o indirettamente coinvolti con il
mondo militare, quello della sperimentazione bellica o con interessi nelle
guerre in corso nel mondo.
Inoltre come A Foras ci sentiamo di prendere parte al
progetto portato avanti dal Collettivo Universitario Autonomo del creare un
Centro Studi a Cagliari. Proprio per sventare il ricatto imposto dagli
interessi privati e militari abbiamo bisogno di riappropriarci dei saperi
legati alla nostra terra ma anche ai campi di interessi di ognuno e ognuna. Di
contro pretendiamo corsi di laurea, master e ricerche che studino il danno
provocato dai poligoni, approfondiscano e ed elaborino in maniera
circostanziata le procedure di bonifica e le riconversioni economiche possibili
in Sardegna
Crediamo in una ricerca orizzontale, slegata dalle imposizioni esterne, che faccia rifiorire di cultura la città di Cagliari e la Sardegna tutta, rendendo partecipi tutti e tutte dei saperi.
Crediamo in una ricerca orizzontale, slegata dalle imposizioni esterne, che faccia rifiorire di cultura la città di Cagliari e la Sardegna tutta, rendendo partecipi tutti e tutte dei saperi.
Giù le mani dalla ricerca! Fuori i militari
dall’università!
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