"Come si può pensare - ha aggiunto - che una compagnia che non ha nulla in Europa possa compiere un'operazione di trasformazione dell'Ilva e quindi dell'intero comparto siderurgico in Italia?", si chiede il ceo di ArcelorMittal Europe.
"La nostra forza ingegneristica è stata sottovalutata, non si tratta solo di avere i fondi ma di avere la possibilità di attuare i progetti. I fondi non bastano, bisogna sapere cosa farne", ha concluso Van Poolvorde Ceo Arcelor-Mittal Europa.
Ilva, Jindal sfida ArcelorMittal
Gilda Ferrari da secolo xix
Genova - Agli stranieri che partecipano le due cordate in pista per l’acquisizione dell’Ilva la siderurgia italiana fa gola. E ora che il gioco si fa duro, ArcelorMittal e Jindal si combattono apertamente: è iniziato il conto alla rovescia per la presentazione dell’offerta economica e dei piani industriale e ambientale (termine 3 marzo, salvo ulteriori rinvii).
Dopo che la multinazionale europea ha mostrato alla stampa italiana lo stabilimento a ciclo integrale di Gand, in Belgio, e il centro di ricerca di Montataire, in Francia, rivelando particolari del piano industriale che Am Investco Italy (ArcelorMittal + Marcegaglia) si appresta a presentare, Jindal passa al contrattacco. Con un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, Sajjan Jindal, presidente di Jindal South West (Jsw), racconta i progetti del gruppo indiano in Italia.
Jindal fa parte, col 35%, della cordata AcciaItalia, che coinvolge Cdp, Arvedi e Del Vecchio. Am Investco Italy è partecipata all’85% da ArcelorMittal e al 15% da Marcegaglia.
In comune i due piani industriali hanno una produzione annua di acciaio a Taranto pari a 6 milioni di tonnellate (più o meno quanto Ilva produce oggi sotto la gestione commissariale) e realizzata attraverso il sistema tradizionale che prevede altoforni alimentati a carbone. ArcelorMittal ha annunciato che non intende riaccendere l’altoforno 5, il più grande di Taranto, quello che da solo sarebbe in grado di garantire il 40% della produzione e quindi le maggiori economie di scala. Afo 5 è stato definitivamente spento dalla gestione commissariale nell’estate 2016, la sua ristrutturazione secondo gli standard ambientali dell’Aia si stima costerebbe 250-300 milioni - investimento che la multinazionale europea giudica troppo oneroso.
Per contro, Sajjan Jindal sull’afo 5 non si pronuncia, non dice cioè con quali dei 4 forni pugliesi (il 3 è chiuso da tempo) intende produrre i 6 milioni di acciaio tradizionale.
Entrambi i gruppi propongono una produzione aggiuntiva rispetto ai 6 milioni-base a carbone. ArcelorMittal progetta di inviare agli impianti di laminazione di Taranto 2 milioni di tonnellate di bramme realizzate in altri stabilimenti europei del gruppo. Jindal annuncia «dai 4 ai 6 milioni di tonnellate» aggiuntive da realizzare con tecnologie basate sul gas: l’acciaio viene prodotto con forni elettrici alimentati con il preridotto, un semilavorato contenente ferro metallico ottenuto da pellets (palline) di minerale ferroso trattate con monossido di carbonio e idrogeno. Proprio sull’utilizzo del gas nella siderurgia lo scontro tra i due concorrenti è durissimo. Jindal dice che questa tecnologia è «realizzabile e redditizia», chi dice il contrario «lo fa perché non sa utilizzare» il preridotto «e non lo sa implementare nelle acciaierie»: «Noi produciamo 18 milioni di tonnellate l’anno, - dice il presidente di Jsw - 4 dei quali con la tecnologia del preridotto. E lo facciamo in India, un Paese dove il gas costa di più».
Immediata la replica di ArcelorMittal: «Siamo consci che molti vorrebbero sentirsi dire che ciò è possibile, ma la nostra esperienza ci insegna il contrario. ArcelorMittal è il più grande produttore di preridotto al mondo, con un impianto anche ad Amburgo. Operiamo con 12 forni elettrici in tutta Europa. Ma se Ilva vuole avere un futuro sostenibile e redditizio deve diventare più competitiva e questo in Europa non è possibile con l’utilizzo di gas naturale o di preridotto per i prodotti d’acciaio piani. La qualità e la purezza del metallo sono cruciali, tanto più che la nostra ambizione è inserire Ilva nei mercati ad alto valore aggiunto, come l’automotive».
Relativamente ai mercati di riferimento la multinazionale europea ha infatti spiegato di voler destinare l’acciaio dell’Ilva all’industria automobilistica. Jindal non fa riferimenti a mercati specifici ma sottolinea come l’Italia consumi più acciaio di quanto ne produca e quindi lo importi. Relativamente a Genova e Novi, Jindal non rivela i propri progetti mentre ArcelorMittal ha spiegato che intende utilizzare «l’intera capacità produttiva delle linee di zincatura e banda stagnata anche alimentando Genova con i coils prodotti dal nostro stabilimento di Fos sur Mer in Francia, se Taranto non riuscirà a provvedere».
Nessun commento:
Posta un commento